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Associazione Nazionale del Libero Pensiero "Giordano Bruno" |
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La riconquista clericale della scuola di
Maria Mantello
Un disegno
diventato centrale nell’era berlusconiana e che adesso forse
riesce ad arrivare al suo compimento. La svolta è avvenuta
in occasione dell’approvazione in Senato il 13 maggio 2021
delle misure per il contenimento dell'epidemia da COVID-19,
contenente un emendamento del senatore Pd Rampi, che
permetterà ai laureati in scienze delle religioni di
occupare le cattedre di Filosofia, Storia dell’arte, Storia,
Italiano, Latino, Greco … e molto altro ancora.
Le operazioni di clericalizzazione della
scuola statale non sono nuove in questo nostro paese, dove
la separazione stato-chiesa è la grande incompiuta. E si
sono intensificate in anni recenti con sempre maggiori
finanziamenti alle scuole confessionali in parallelo
depauperamento della scuola statale; mentre c’era chi
alacremente si affaccendava per farne la zona franca della
riconquista vaticana. La truppa berlusconiana ne aveva fatto
il proprio vessillo, nello sfarzo mediatico ad honorem del
cavaliere, novello Unto del Signore, osannato e incensato
dai maggiori vertici della Chiesa vaticana. Vale
appena ricordare la proposta dell’on. Garagnani, approvata
il 22 gennaio 2009, che recitava: «sia reso
esplicitamente obbligatorio nelle indicazioni nazionali il
preciso riferimento alla nostra tradizione culturale e
spirituale che si riconnette esplicitamente al Cristianesimo». E il Governo plaudente ricordava che il
progetto era stato già avviato: «Peraltro la nascita della
religione cristiana, le sue peculiarità e il suo sviluppo
così come le vicende dei rapporti tra Stato e Chiesa, con
particolare riferimento all’Italia, già sono oggetto di
studio nell’insegnamento della storia sin dalla scuola
primaria e rappresentano, trasversalmente, l’asse portante
di altri insegnamenti». Insomma si ribadiva la centralità di
quella “scuola dell’identità” nucleo della riforma Moratti
(Legge delega nel 2003), che metteva mano ai programmi per
trasformare le materie d’insegnamento in una lunga ora di
religione cattolica. Si partiva dalla Storia, ma tutte le
materie d’insegnamento dovevano adeguarsi. Come poi avrebbe previsto nel 2008 il
disegno di legge n° 953 di Valentina Aprea: “Norme per
l’autogoverno delle istituzioni scolastiche e la libertà di
scelta educativa delle famiglie, nonché per la riforma dello
stato giuridico dei docenti”, che prevedeva di piegare
la libertà d’insegnamento dei docenti «al sistema valoriale
dei gruppi prevalenti sul territorio». In pratica la rete
delle parrocchie. Per non parlare della “cultura civica”
inserita dalla ministra Gelmini nei programmi
scolastici, e lasciata in pratica al “volontariato”. In
questi giorni qualcuno si è accorto che spesso è affidata
agli insegnati di religione cattolica. Altro giro, stesso valzer! E chi dal
Ministero dell’Istruzione, in qualche modo la danza
ostacola, non dura molto! Come nel caso del ministro Lorenzo
Fioravanti, che nel 2019 osava difendere la laicità della
scuola statale, esprimendo anche il proprio dissenso
sull’affissione del crocifisso: «Io credo in una scuola
laica, ritengo che le scuole debbano essere laiche e
permettere a tutte le culture di esprimersi. Non esporrei un
simbolo in particolare. Meglio appendere una cartina
geografica del mondo con richiami alla Costituzione».
Risultato: veniva silurato dopo soli 3 mesi di incarico, e
isolato politicamente! Guai a interferire con quel disegno di
clericalizzazione della scuola pubblica che pervicacemente
continua nel tradimento del dettato costituzionale, che ne
fa il proprio organo di emancipazione individuale e sociale
affidandole l’ambizioso dovere di formare individui liberi e
autonomi. E pertanto chiama lo Stato alla
rimozione degli ostacoli di ordine personale e sociale
(art.3 della Costituzione) affinché ognuno, educato a
sviluppare capacità analitico critiche, pensi e scelga
autonomamente, emancipandosi dalle cappe di ogni dogmatismo. Ma questo è
molto scomodo a quel disegno di sussidiarietà da sempre
invocato dalla chiesa curiale da dopo la Breccia di porta
Pia, e che a ridosso del Concordato mussoliniano
sottolineava Pio XI con
l’enciclica Divini illius magistri:
«La scuola, considerata anche nelle sue origini storiche, è,
di sua natura, istituzione sussidiaria e complementare della
famiglia e della Chiesa; e pertanto, per logica necessaria
morale, deve non soltanto non contraddire, ma positivamente
accordarsi con gli altri due ambienti, nell'unità morale più
perfetta che sia possibile, tanto da poter costituire,
insieme con la famiglia e la Chiesa, un solo santuario,
sacro all'educazione cristiana». Ecco, questo
disegno mai dismesso dalla chiesa vaticana sembrerebbe
essere in dirittura d’arrivo con l’approvazione in Senato (13
maggio 2021) della “Conversione in legge, con modificazioni,
del decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44, recante misure
urgenti per il contenimento dell'epidemia da COVID-19, in
materia di vaccinazioni anti SARS-CoV-2, di giustizia e di
concorsi pubblici”
contenente l’emendamento (10.27)
a firma del senatore
Roberto Rampi che recita:
«A decorrere dalla data di entrata in
vigore della legge di conversione del presente decreto, ai
fini della partecipazione alle procedure concorsuali, per il
reclutamento di personale delle amministrazioni di cui
all'articolo 1, comma 2 del decreto legislativo 30 maggio
2001, n. 165, il possesso del titolo di laurea magistrale in
scienze delle religioni (LM64), secondo la classificazione
indicata dal decreto del Ministro dell'istruzione,
dell'università e della ricerca 22 ottobre 2004, n. 270,
spiega i medesimi effetti del titolo di laurea magistrale in
scienze storiche (LM84), scienze filosofiche (LM78) e in
antropologia culturale ed etnologia (LM01)». Questo significa che gli “scienziati
delle religioni” possono aspirare all’insegnamento di
Italiano, Storia, Geografia nella scuola media. Alle
superiori di Filosofia, Psicologia, Pedagogia, Italiano,
Storia, Storia dell’arte, Latino, Greco. E chissà a quanto
altro ancora, tra “sperimentazioni” e “accorpamenti” di aree
disciplinari. Una manna “rampina”, se pensiamo che gli
sbocchi lavorativi codificati per i laureati in scienze
delle religioni erano quelli di mediatori e comunicatori in
materia religiosa, nonché titolo (previo placet
dell’Ordinario diocesano) per l’insegnamento della
religione cattolica.
Il senatore Roberto Rampi, classe 1977,
professione operatore culturale, si difende sostenendo di
aver realizzato «sulla laurea in scienze delle religioni un
semplice atto di giustizia», «un atto di riconoscimento di
ciò che già è nei fatti, figlio di un approccio laico».
Sembra quasi uno spot. Intanto, nel mercato del
cyberspazio-laurea, pare si stiano moltiplicando le offerte
per mettere in grado i laureati in scienze delle religioni
di accumulare i punti necessari ad assicurarsi la ghiotta e
inaspettata opportunità di accessi pluricattedre.
E in un futuro non molto lontano non è
difficile ipotizzare il moltiplicarsi dei corsi di laurea in
scienze delle religioni. Un giro d’affari in cui non mancherà
certo il ruolo di chi della religione dice di avere il sacro
appalto!
Anche su MicroMega.net
https://www.micromega.net/la-riconquista-clericale-della-scuola/
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