La Turchia laica contro Erdogan
di Stefania
Friggeri
Le strade e le piazze della Turchia sono
di nuovo piene di donne, e non solo donne, che manifestano
contro la volontà del governo di ritirarsi dalla Convenzione
d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei
confronti delle donne e la violenza domestica, nota come
Convenzione di Istanbul.
Erdogan ha tentato una spiegazione
sostenendo che la Convenzione, «non compatibile con i valori
sociali e morali della Turchia», veniva strumentalizzata per
«normalizzare» l’omosessualità.
L’argomentazione, assurda se non
ridicola, sottolinea ancora una volta come storicamente nei
regimi reazionari i diritti della donna sono vissuti come
una sfida all’ordine patriarcale e alla cultura maschilista
radicata nella società.
Questa decisione del governo turco,
sempre più reazionario e integralista, nasce in realtà dal
tentativo di Erdogan di recuperare il consenso declinante
attraverso l’appoggio delle reti religiose organizzate,
ovvero adottando una politica di genere che accoglie il
modello femminile della cultura islamica.
Erdogan ha affermato, che un uomo e una
donna non sono uguali «per natura».
Ha proclamato la sacralità della
famiglia e della maternità, e che il controllo delle nascite
e la contraccezione «non appartengono ai veri musulmani».
E quindi, esorta le donne a fare figli:
ciascuna almeno tre figli.
Ha promosso anche le proposte di legge
che vietano l’aborto, che mirano a diminuire i parti
cesarei, che prevedono l’amnistia per chi ha stuprato una
minore e accetta poi di sposarla.
Un vento reazionario si propaga anche in
Europa (Polonia, Ungheria e Croazia) e sta creando una rete
internazionale, assecondata dalle chiese e da governi
reazionari e populisti. Anche in Italia c’è chi cerca di
riportare le donne alla sottomissione patriarcale.
Pertanto è importante che si crei
una rete internazionale per denunciare e smascherare le
alleanze dei governi reazionari con i
capi religiosi.