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Associazione Nazionale del Libero Pensiero "Giordano Bruno" |
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Luca Attanasio:
riflessioni sul rapimento dell’ambasciatore italiano in
Congo Orientale di Luca
Cellini*
Ho appreso con tristezza dai
giornali della morte di Luca Attanasio, ambasciatore
italiano nella Repubblica Democratica del Congo Una persona molto particolare, che aveva
contribuito alla realizzazione di importanti progetti
umanitari, una persona che da sempre nella sua vita e nella
sua condotta di vita, si era distinta per altruismo, per la
dedizione e per spirito di servizio a sostegno delle persone
più in difficoltà. Sposato, e padre di tre bimbe. La
moglie, Zakia Seddiki, fondatrice e presidente
dell’associazione umanitaria “Mama Sofia” che ogni anno si
dedica a salvare la vita a centinaia di bambini nelle aree
più povere del Paese. Questo per comprendere meglio la
figura di Luca Attanasio, un uomo per bene, una persona
sicuramente valida e di buona volontà. Mi sono soffermato in particolare sulla
dinamica della sua uccisione, almeno quella che è stata
riportata dagli organi di informazione che hanno scritto
sulla sua morte: un gruppo locale, una banda criminale del
posto che volevano rapire l’ambasciatore italiano per poi
chiederne il riscatto. Così quanto viene in prima
battuta riportato. Un gruppo però, oltre che criminale, mi
si passi il termine usato in modo improprio, particolarmente
“audace”, che voleva osare tanto, che puntava molto in alto,
ciò almeno nei loro intenti di rapimento. Dico questo, perché rapire un
ambasciatore ben conosciuto e stimato dalla popolazione in
tutta la zona, un diplomatico ufficiale di una potenza
occidentale, non è certo cosa da poco. Come non sarebbe
stato per niente da poco, gestirne dopo il rapimento la
reclusione, fino ad arrivare ad ottenere un riscatto. Si
parla di un ambasciatore. Un gruppo che a vedere poi come
sono andate le cose, è risultato anche essere
particolarmente maldestro, perché al passaggio della
macchina con a bordo Attanasio, facendo fuoco sul mezzo per
fermarlo, così almeno riportano le cronache dei giornali,
alla prima sventagliata di mitra, non solo hanno ucciso
l’ambasciatore, ma anche tutti gli altri presenti a bordo
dell’auto. Il gruppo poi avrebbe abbandonato velocemente la
macchina e il luogo del tentato rapimento. In una nota ufficiale il portavoce
locale ha riferito che l’attacco faceva parte di un
tentativo di rapire il personale. In un’altra nota, successiva
ancora, si afferma che, secondo una prima ricostruzione
delle fonti di polizia locali, adesso al vaglio degli
inquirenti italiani, a morire durante l’attacco pare sia
stato solo l’autista e che Attanasio e Iacovacci sarebbero
stati trasportati nella foresta e poco dopo uccisi.
L’ambasciatore Attanasio, il carabiniere di scorta Iacovacci
e l’autista, tutti uccisi. Un rapimento che a soffermarsi sulla
dinamica e mettendosi un attimo a pensare, risulta
particolarmente anomalo. Un rapimento che non fosse per via
di quello che ci riporta la stampa specializzata che poi sta
alle fonti locali, potrebbe invece apparire più come un
attentato, un’esecuzione, o forse, facendo uso della morte
di persone sfortunate, un preciso messaggio rivolto a
un’intera nazione. Le uccisioni di Luca Attanasio,
del carabiniere Vittorio Iacovacci, e dell’autista, sono
avvenute nel Congo Orientale. L’Eldorado del cobalto. Probabilmente
non esiste al mondo un paese che esemplifichi così bene la
contraddizione tra ricchezza di risorse naturali e povertà
della popolazione come la Repubblica Democratica del Congo
(RDC), l’ex Congo belga, da non confondersi con la
Repubblica del Congo, ovvero l’ex Congo francese. Senza ombra di dubbio, le sue miniere
estrattive sono le più ambite del pianeta, ciò non solo per
il quadro normativo molto elastico e deregolato, che ne
definisce il funzionamento, ma soprattutto perché le miniere
della Repubblica Democratica del Congo contribuiscono con
una percentuale record alla produzione mondiale dei minerali
più strategici di questo periodo storico. * International Press Agency
23/02/2021
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