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Associazione Nazionale del Libero Pensiero "Giordano Bruno" |
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Becciu è il malfattore, il Papa
l’innocente tradito. Ho il sospetto che la realtà sia un po’
diversa di
Marco Marzano*
Gigantesche e oscure speculazioni
finanziarie spesso finite malissimo, violentissime rivalità
interne tra gerarchi in tonaca disposti a tutto pur di far
del male al proprio rivale, imprenditori e finanzieri di
dubbia reputazione e in qualche caso in odor di mafia
divenuti negli ultimi anni abituali frequentatori delle
stanze vaticane e lì ricoperti di denaro. Se giudicata dai fatti che emergono
dalle cronache di questi giorni e non dalle parole delle
encicliche o dei documenti pontifici, la chiesa “povera e
per i poveri” annunciata da Francesco appare poco di più di
una felice immagine retorica, di una formula buona forse per
ottenere il plauso di qualche “ateo devoto” in cerca di
identità, ma certo inadatta a descrivere il modo in cui la
Chiesa agisce concretamente nel mondo. Insomma, la Chiesa di Roma predica bene
e razzola malissimo e usa molti dei denari che i poveri,
direttamente o indirettamente, le donano per arricchire
prelati di corte, faccendieri vari e le famiglie di tutti
costoro. Quello che non convince nelle
ricostruzioni giornalistiche di queste vicende è però
l’individuazione delle catene di responsabilità. Sempre in
casi come questo l’attenzione della pubblica opinione viene
giustamente puntata in alto, in direzione del vertice
dell’organizzazione, verso i capi, che non potevano non
sapere. Qui invece è bastato che papa Francesco,
guarda caso proprio pochi giorni prima della pubblicazione
della prima inchiesta giornalistica, licenziasse brutalmente
e degradasse il cardinal Becciu, implicitamente additandolo
al pubblico ludibrio come traditore, perché tutta la stampa
che conta si precipitasse sul cadavere politico dell’alto
gerarca per sbranarne quel che resta, per dipingerlo come il
più sordido dei criminali, come un infido malfattore fattosi
strada con l’astuzia nelle segrete stanze per appropriarsi
dei suoi tesori. Non manca giorno che non si apprenda di
qualche nuova pista, invero mai approfondita e mai corredata
da solide prove di colpevolezza, che porta ad arricchire il
catalogo dei crimini di costui. Il fatto che il papa lo
abbia solo due anni fa promosso prefetto (cioè capo) della
congregazione dei santi e soprattutto nominato cardinale non
ha, per la stampa, nessun rilievo. Becciu è diventato ormai il sinonimo di
Giuda, capace, per qualche denaro, di vendere l’immacolato e
purissimo successore argentino di Pietro. Giorno dopo giorno
cadono con lui nella polvere altre figure, ma la loro
disgrazia non fa che esaltare, nelle cronache, il candore
della veste papale, l’innocenza tradita del Santo Padre. Più
costoro sono meschini più lui appare diverso da tutti, unico
e puro. È lo schema usato in altre circostanze
storiche per descrivere il rapporto tra i sovrani e la loro
corte, tra i dittatori e il loro seguito. «Il re e è puro e
ama il suo popolo – questo è l’adagio – ma i perfidi
cortigiani tramano alle sue spalle e approfittano della sua
immensa bontà per compiere il male». Oppure «il duce è
onesto, sono i suoi collaboratori ad essere corrotti». È questo anche lo schema adoperato
all’inizio di Tangentopoli da quei leader politici che
cercavano disperatamente di scaricare tutte le
responsabilità degli affari illeciti dei loro partiti sui “mariuoli”,
sui segretari amministrativi, su chi gestiva i cordoni della
borsa. In questo scenario, la curia romana
viene descritta come una sorta di associazione di liberi
professionisti indipendenti, in cui ciascuno fa un po’ quel
che gli pare mentre il capo pensa solo a pregare e a
celebrare messa. Quando si concludono affari di centinaia
di milioni di euro quest’ultimo non viene nemmeno
consultato. Ho il sospetto che la realtà sia un po’
diversa. La Chiesa Cattolica è la più centralizzata e
gerarchica delle istituzioni esistenti. Il monarca che la
guida è dotato di poteri immensi e assoluti e la curia è il
principale apparato organizzativo al suo diretto servizio. Se così stanno le cose, i casi
sono due: o Bergoglio si trova nella stessa posizione che fu
di Ratzinger e ha perso completamente il controllo della
situazione e allora siamo di fronte ad un vuoto di potere
che immaginiamo sarà colmato al più presto (casomai grazie a
un gesto di responsabilità, un autopensionamento del
monarca) oppure il papa regna e governa a tutti gli effetti
e allora qualche responsabilità l’avrà anche lui nelle
vicende di cui sopra. Quel che in ogni caso sarebbe bello
sentirgli dire è che, per risolvere il problema alla radice,
andrebbe direttamente soppressa la curia romana, che la
struttura di governo accentrata e autoritaria ereditata
dall’impero romano non funziona più, che non ha senso che
un’organizzazione religiosa amministri una tale quantità di
denaro e che lo investa cercandone di fare profitti, che è
venuto il momento per delegare poteri, risorse e
responsabilità alle periferie, facendo seguire una volta
tanto alle parole i fatti. Sarebbe bello. Ma temiamo di
dover aspettare ancora qualche secolo. *Blog ilfattoquotidiano.it 12
ottobre 2020
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