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Associazione Nazionale del Libero Pensiero "Giordano Bruno" |
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Erdogan - Hagía Sophía - La guerra
ai curdi di Davide Grasso
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Venerdì si è svolta la prima preghiera
musulmana nell’ex Basilica Hagía Sophía, ri-trasformata in
moschea dopo una parentesi di destinazione museale durata 85
anni. La chiesa originaria, costruita tra il tardo Impero
Romano e l’Alto Medioevo, era dedicata alla Divina Sapienza
(scorretta l’usuale traduzione come “Santa Sofia”: non fu
mai dedicata a una santa), ma nel 1453 il sultano ottomano
Muhammad II se ne impadronì con la conquista di
Costantinopoli. Eventi violenti e remoti – e vorremmo lo
restassero – ma li ha richiamati apertamente il presidente
turco Erdogan che, prima della preghiera, si è recato in
visita alla tomba del sultano, venendo lui stesso osannato
dagli astanti come “nuovo conquistatore”. Una volta entrato nell’ex basilica (in
cui tutti i mosaici di epoca cristiana, per l’occasione,
sono stati coperti) ha recitato la sura coranica “Al-Fath”
(“della vittoria” o “della conquista”): «E per chi non crede
in Dio e nel suo Messaggero, per chi rifiuta la Fede,
abbiamo preparato una vampa» (48:13); «Diranno i rimasti
indietro, quando voi partirete a prendere il bottino di
guerra: “Lasciate che noi vi seguiamo!”» (48:15); «Presto
sarete chiamati contro un popolo dotato di valore possente,
che voi dovrete combattere o essi si daranno tutti a Dio: se
ubbidirete, Iddio vi darà mercede buona» (48:16); «È lui che
ha inviato il Suo Messaggero con la Retta Guida e con la
religione della Verità per farla trionfare sopra ogni altro
culto» (48:28; trad. di A. Bausani, Rizzoli, 2016). Questa concezione suprematista
dell’islam è ascritta dai commentatori meno avvertiti
esclusivamente a gruppi come l’Isis o Al-Qaeda, ma è
propria, in realtà, anche di quel revival religioso meno
oltranzista, ma più subdolo, sofisticato e paziente
incarnato dal ramificato movimento globale di massa dei
Fratelli musulmani – di cui Erdogan, con questo coup de
théâtre, si è incoronato definitivamente leader di fatto – e
dalla sua proverbiale ambiguità politica e doppiezza
comunicativa. Erano presenti al fianco del presidente turco
ad Hagía Sophía, non a caso, l’emiro del Qatar Tamim
Al-Thani, punta di lancia finanziaria (e mediatica, grazie
all’emittente Al-Jazeera) del movimento, e il presidente
libico Fayez Al-Sarraj, interfaccia con cui la Fratellanza
si sta impadronendo di un paese strategico come la Libia. Per le destre europee, che identificano
l’Europa con il cristianesimo e viceversa, umiliare
un’eredità (anche) cristiana è, come è stato detto per
l’ennesima volta, una “sfida all’occidente”. Tuttavia è
difficile opporsi a quelle logiche se non in nome di una
mentalità secolare, vero contributo storico, a ben vedere (e
più originale), dell’Europa. Il cristianesimo è tra l’altro
un’eredità orientale extra-europea, e identificarlo con
l’occidente farebbe dei tanti cristiani mediorientali, che
patiscono, loro sì, persecuzioni agghiaccianti dai movimenti
fondamentalisti, cristiani di serie B. Il nostro pensiero
dovrebbe andare a loro: ai non musulmani, ai non credenti (o
ai musulmani non sunniti, o ai sunniti infedeli a simili
leader) della Turchia e dei territori esposti alle influenze
dell’unilateralismo culturale incarnato da Erdogan. Il
confronto in atto, in modo trasversale e realistico,
dovrebbe essere individuato tra i processi di
secolarizzazione globale e le conseguenti reazioni settarie,
e non tra cristianesimo e islam. Tanto le destre islamiche
quanto quelle cristiane cavalcano i simboli religiosi
rinfacciandoseli come anatemi allo specchio. Non è un agone spirituale. Il Gran
Muftì, massima autorità religiosa turca, ha esibito una
sciabola accompagnando Erdogan. La impugnava con la sinistra
anziché con la destra, e secondo codici tradizionali questo
esclude un’immediata dichiarazione di guerra ai non credenti
– vivaddio – ma se questa estetica inquietante sarebbe
appunto più gradevole in un museo o in una mostra, dalla
realtà non si scappa: nel gennaio 2018 la diffusione
attraverso i minareti della sura della Conquista fu imposta
agli imam turchi dal Direttorato per gli affari religiosi
(che ha adesso giurisdizione su Hagía Sophía) mentre i jet
di Erdogan iniziavano a bombardare il cantone curdo di Afrin
in Siria, colpevole di aver scelto per sei anni una forma di
pluralismo religioso e autonomia delle donne. L’ottobre scorso una seconda
invasione del Rojava siriano, tra Tell Abyad e Ras al Ain, è
stata accompagnata da un analogo “spettacolo”. L’operazione
è iniziata con il bombardamento della popolazione civile di
Bashiriye, il quartiere cristiano di Qamishlo.
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MicroMega.net 29 luglio 2020 Titolo originale Anche pregare
può essere una violenza. Hagía Sophía a Istanbul
http://blog-micromega.blogautore.espresso.repubblica.it/?p=30173
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