Mafia e
Politica. Nicola Gratteri offre interessanti spunti
di riflessione
di AMDuemila*
«Perché i ladri di polli in Italia sono diventati mafia e
altrove sono rimasti ladri di polli?». Così il
Procuratore della Repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri,
in seguito all’introduzione del Direttore Mario Caligiuri,
ha iniziato la sua lezione al Master in Intelligence
dell’Università della Calabria.
Una domanda a cui il magistrato ha immediatamente dato una
risposta, prima di tutto realizzando un quadro storico del
fenomeno mafioso. Ha ricordato lo scioglimento del Comune di
Reggio Calabria nel 1869 a causa di brogli elettorali con
minacce, vessazioni e metodi mafiosi, così ha ricordato
successivamente come la criminalità sfruttò la ricostruzione
dopo il terremoto che colpì la regione nel 1908.
Il salto di qualità di boss e picciotti nostrani, ha
affermato il Procuratore, avvenne negli anni Settanta, in
seguito alla nascita della Santa, «che può essere
considerata la più grande invenzione della ‘Ndrangheta, uno
spartiacque poiché, per esempio, non si discuteva più chi
dovesse vincere un appalto ma se dovesse essere costruita
un’opera».
Ci fu una vera e propria evoluzione dell’organizzazione
mafiosa, che salì di grado e cominciò ad entrare in contatto
con il mondo massonico e con il mondo dell’imprenditoria e
della politica.
Infatti, ha chiarito, «i sequestri di persona erano serviti
per comprare ruspe e camion, e per costruire case»,
ricordando che «per frenare la rivolta di Reggio capoluogo,
il Pacchetto Colombo prevedeva la realizzazione di una serie
di opere pubbliche, tra le quali la realizzazione del centro
siderurgico a Gioia Tauro e dell’impianto della
liquilchimica a Saline Joniche. La ‘Ndrangheta si è
arricchita realizzando i lavori, maturando la consapevolezza
di poter contare di più. Si è quindi adoperata per cambiare
le regole del gioco. Infatti, i giovani boss hanno ucciso i
vecchi rappresentanti delle ‘ndrine, come Antonio Macrì, che
aveva un grande peso all’ateneo di Messina, e Domenico
Tripodo».
Una mafia quindi che si arricchisce sempre di più e che
attualmente, grazie alle relazioni con il potere è riuscita
ad infiltrarsi nell’economia, condizionando così la
costruzione di appalti e opere pubbliche, e inoltre
indirizzando la politica. Come ha spiegato Gratteri «il
problema degli appartenenti alla élite della ‘Ndrangheta è
come giustificare la ricchezza, tanto che sono tra quelli
che pagano con più puntualità tutte le tasse», evidenziando
che «le imprese mafiose hanno successo perché sono
competitive, aggiudicandosi con alti ribassi i lavori
pubblici e privati. In questo quadro, sono fondamentali i
rapporti con la politica e la pubblica amministrazione».
Le relazioni con la politica
Il Procuratore ha fatto riferimento ai rapporti che la mafia
ha intrapreso in questi anni con la politica, chiarendo che
il suo successo è dovuto alla sua presenza 365 giorni
all’anno sul territorio, «molto più della rappresentanza
politica». Inoltre, negli ultimi anni, il rapporto con
quest’ultima si è considerevolmente ribaltato: «Prima ai
politici si chiedeva il posto di bidello oppure il
trasferimento del militare, mentre adesso si propongono
pacchetti di voti in cambio di utilità».
Gratteri poi ha spiegato il motivo per cui la ‘Ndrangheta
non segue le ideologie politiche, e quindi si relaziona ogni
volta con lo specifico partito che sale al potere: «Perché
punta sempre sul cavallo vincente per non rimanere mai
all’opposizione. Inoltre, la legge Bassanini ha favorito
oggettivamente le mafie, annullando i controlli esterni». Ed
ha quindi ricordato che «la ‘Ndrangheta opera sotto traccia
a differenza della mafia siciliana che ha sfidato lo Stato
sul piano militare».
Il traffico di droga
Ovviamente nell’intervento di Gratteri non poteva mancare il
riferimento ad uno degli utili più consistenti della
criminalità organizzata, il traffico di droga. Un’attività
che ha permesso alla mafia calabrese di entrare a far parte
del mercato internazionale, in cui i più grandi produttori
di cocaina allo stato naturale, sono Colombia, Bolivia e
Perù. Il Procuratore ha quindi sottolineato che «la
‘Ndrangheta acquista tutto ciò che è in vendita sul mercato
per imporre il prezzo. Se intervenisse l’Onu, si potrebbe
trattare direttamente con i coltivatori di piante di coca
facendo la conversione delle culture, attraverso specifici
incentivi. Si spenderebbe meno di un sesto di quanto adesso
sta costando la lotta alla droga». Ed ha continuato dicendo
che per questo motivo «è impossibile contrastare la
marijuana, che si può coltivare dovunque, oppure le droghe
sintetiche, che si realizzano in laboratorio e sono
particolarmente dannose. Negli Stati Uniti è ritornato
preponderante il consumo di eroina, perché costa la metà
della cocaina, e il fentanil, che sta decimando migliaia di
giovani nei campus».
Parlando poi della presenza sul nostro territorio delle
mafie estere, come quella albanese o quella nigeriana, e
della convivenza di quest’ultime con la mafia italiana, il
Procuratore ha evidenziato come «il pericolo della mafia
albanese è in crescita nel Nord Italia, in Olanda, in
Germania, in Belgio ed è particolarmente forte perché non
viene adeguatamente combattuta nei territori di origine. È
presente anche in Sud America, per ora insieme alla
‘Ndrangheta ma è anche in grado di organizzare viaggi
autonomi in Europa». La mafia nigeriana al momento è forte
sul piano militare ma non è infiltrata con la politica e
l’imprenditoria.
Contrasto organizzato a livello comunitario.
Infine il magistrato ha rimarcato la velocità di evoluzione
e di trasformazione delle mafie, che costantemente cambiano
la propria struttura sociale, rendendone molto più
difficoltoso il contrasto.
Infatti Gratteri, in riferimento ad una carenza di
cooperazione delle attività di opposizione tra i paesi
europei, ha chiarito come «l'Italia ha maturato una
particolare esperienza nella lotta alle mafie sia come
legislazione che come professionalità ma nessuna delle
agenzie europee di contrasto alla criminalità si trova nel
nostro Paese, segno della nostra debolezza sul piano
internazionale. Infatti, ad esempio, Eurojust ed Europol si
trovano all’Aja». Ed ha continuato affrontando il tema
dell’omologazione dei codici, in vista di un contrasto
organizzato a livello comunitario, sottolineando che «come
base di partenza non si sceglie mai il nostro sistema
giudiziario, pur se riconosciuto il più avanzato nel campo
della legislazione antimafia. L'unificazione comunitaria
dei
codici non può infatti avvenire partendo magari dal sistema
lettone».
* antimafiaduemila.com 27 febbraio 2020