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Associazione Nazionale del Libero Pensiero "Giordano Bruno" |
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Chi ha voluto una scuola
distrutta? di Alvaro
Belardinelli *
Alunni facilitati, compresi,
coccolati e sempre meno impegnati nello studio individuale. Fra DSA, BES, corsi di recupero,
sportelli, progetti, viaggi d’istruzione, teatro, concerti,
attività sportive, scuola lavoro, “educazioni” di ogni tipo,
conferenze, assemblee e via fantasticando, prende forma quel
che da 25 anni il mondo confindustriale teorizza: una Scuola
sempre più lontana da contenuti culturali “attardati” e
“teorici”, e sempre più “vicina al mondo del lavoro” e al
“mercato”, che sforni «menti d’opera emancipate dal pensiero
critico» (come disse il Cavaliere del Lavoro Giancarlo
Lombardi, Vicepresidente di Confindustria — nonché Ministro
della Pubblica Istruzione nel Governo Dini tra 1995 e 1996 —
che nel marzo 1993, ad un convegno veneziano di
Confindustria, indicò come obiettivo della formazione del
futuro la creazione, appunto, di «menti d’opera emancipate
dal sapere critico»). Nel frattempo, insegnanti sempre più
frustrati, stanchi, oberati da scartoffie, occupati nella
“rendicontazione”, depressi, sfiduciati. E scuole-azienda
amministrate da “staff” dirigenziali in cui abbondano
docenti delle materie prive di prove scritte (giacché chi
deve somministrare prove scritte lavora da mane a sera nella
correzione degli elaborati). Neoliberismo, “antiscuola” e
diseducazione di massa È il neoliberismo, bellezza: il
frenetico (e vacuo) modo di vivere aziendalistico applicato
alla Scuola. Scuola (pubblica) che — non dimentichiamocelo —
prima della conversione forzata alla religione neoliberista
ha reso l’Italia un Paese moderno: anzitutto unificandolo
davvero (per la prima volta negli ultimi 150 anni) dal punto
di vista linguistico; poi trasmettendo a tutti gli Italiani
di tutti i ceti una cultura “alta”. A questa unificazione, tra gli
anni ‘60 e ‘70, collaborò la televisione (pubblica), con
programmi di qualità tale da risultare tangibile persino nel
livello artistico dei programmi di intrattenimento. Successivamente, però, si è
pensato bene di distruggere questa qualità. Parallelamente
al degrado della Scuola, infatti, nell’ultimo quarantennio
abbiamo assistito al deteriorarsi progressivo della
programmazione televisiva. Da apripista hanno fatto le reti
dell’ex Cavaliere di Arcore. Poi la RAI si è accodata «per
non perdere “share”». Pubblicità invadente e martellante,
spettacoli volgari, telegiornali pieni di “gossip” al posto
delle vere notizie, calcio tutti i giorni e a tutte le ore,
culto della personalità dei “vip“, e via svilendo. Programmi
culturali ridotti al minimo, o confinati in “riserve
indiane” e nelle ore notturne. Obiettivo comune:
intelligenza zero. TV antieducativa Per raggiunger questo obiettivo,
basta favorire la bassezza ed esserne compiacenti. Proficui,
a tal fine, i programmi spazzatura, i “reality show”, i
finti dibattiti (magari su banali pettegolezzi) tra falsi
membri del pubblico (in realtà figuranti prezzolati)
fintamente liberi di parlare con sincerità, in una finta
atmosfera di bugiardo pluralismo, che in realtà incita a
gridare, a offendere l’interlocutore senza rispettare le
idee altrui, a dir parolacce per sopraffare il prossimo.
Quasi avesse ragione non chi sa argomentare e pensare prima
di aprire bocca, ma, al contrario, chi urla e vitupera di
più. Chi meno sa, più urla Recita di degrado umano che
continua nei “talk show” con politici. Viene da rimpiangere
la vecchia “Tribuna Elettorale”, ove gli interventi dei
politici erano rigidamente regolamentati, ed ognuno aveva
pochi minuti per rispondere alle domande precise di
giornalisti o di altri politici, rischiando figuracce in
caso di risposte non pertinenti. Oggi questi signori
sbraitano, insultano, ridacchiano e fanno smorfie mentre
parla l’avversario (vero o presunto), e tale condotta frutta
loro primi piani e “share”. Non è forse tutto ciò un
esplicito invito a considerare sane e vincenti
l’inettitudine, la pochezza, la trivialità? a rendere
l’imbecillità desiderabile come un abito d’alta moda? a
dipingere come ebete chi è invece istruito e corretto? a
deridere come perdente chi cerca di conoscere e s’impegna
con onestà (come i migliori docenti)? Il naufragar gli è dolce in questa
melma? Per far sì che la gente ubbidisca
spontaneamente occorre mirare all’emotività. Siamo ormai
avvezzi agli appelli dei politici meno lontani dal razzismo
(come quelli di Lega Nord, Forza Nuova e CasaPound) per
incitare le persone all’odio contro i migranti “invasori”. I
demagoghi sfruttano l’emozione suscitata da isolati fatti di
cronaca nera per assopire il comune discernimento. Passano
per patrioti, ma sono solo poco ammirevoli “questuanti del
consenso”: infatti mirano ad annullare nell’individuo il
senso critico, ad impedire che si ponga domande altre
rispetto al risultato che essi vogliono ottenere (cioè,
banalmente, raccattare popolarità, voti e potere). Per
questo strepitano ed usano il turpiloquio: non tanto (e non
solo) perché non siano capaci di parlare e ragionare
civilmente, ma soprattutto perché, con il proprio linguaggio
emotivo, sdoganano le paure inconsce e irrazionali di chi li
ascolta. Atteggiamenti indotti, compulsioni, aspirazioni,
archetipi, angosce e incertezze trovano quindi la porta
aperta per invadere le menti delle persone più ingenue; le
quali oggi, per tutti i motivi che abbiamo analizzato,
crescono continuamente di numero. Fermeremo la barbarie? La Scuola è rimasta sola a
resistere contro l’assurdo. Possiamo ancora sperare in
un’inversione di tendenza che fermi la barbarie dilagante?
Possiamo sperare che il cambiamento avvenga in tempi rapidi,
onde evitare l’accumularsi dei danni? Certamente: a patto,
però, che l’esigenza di una Scuola seria, libera di tornare
alla propria vocazione di ascensore sociale, di fucina di
intelligenze e di motore di progresso, sia avvertita da gran
parte della popolazione. O per lo meno dai ceti dirigenti:
prospettiva, al momento, non certo imminente. * La tecnica della scuola,
2/10/2019
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