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Associazione Nazionale del Libero Pensiero "Giordano Bruno" |
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La “strana” vicenda del
cardinale nel pozzo Mario Ajello*
“Non si può estrapolare il gesto del
cardinale Konrad, una delle figure più vicine e di maggior
fiducia del Papa, dal contesto in cui si è svolto. Nella
sequenza della visita di Francesco in Campidoglio a marzo,
che è stata un'iniezione di fiducia e un sostegno di
popolarità alla giunta, dell'invito in Vaticano delle
famiglie rom dopo i tumulti del giorno prima a Casal
Bruciato contro la sindaca, e infine del blitz del cardinale
ieri, c'è chi vede una sorta di patto solidaristico tra la
sindaca e il Papa”. Un atto che è un segno culturale. Questo
del blitz del cardinale nel pozzo, per riattaccare i fili
del contatore degli occupanti abusivi. L'episodio racconta quanto il primato o
l'unicità dei diritti sociali, in certi casi come questo
soltanto presunti, sia il vero nocciolo culturale
dell'attuale pontificato. Ma non si può non vedere che
l'impressionante vicenda di padre Konrad Krajewski contiene
il rischio di dare copertura politica, o almeno morale, a
chi ha commesso un reato. Occupare gli edifici è contro la
legge, e se per far continuare un'occupazione si violano i
sigilli dell'elettricità, si avalla e si rafforza un
comportamento estraneo alle regole. Non a caso, questo episodio è circondato
da un imbarazzo generale. Da una sorta di non detto. Dal
voler credere, dissimulando, che la vicenda sia estranea
alla sensibilità o alla volontà del Papa. Quando invece,
proprio Francesco, in linea con i suoi orientamenti e con le
sue scelte - quella di una Chiesa «in uscita», ossia sempre
più proiettata a superare i confini della sfera che
tradizionalmente appartengono alla Santa Sede - sarebbe il
primo a rivendicare la titolarità del gesto che da Roma è
rimbalzato nel mondo. Non si registra finora, infatti,
alcuna presa di distanza del Pontefice da ciò che è stato
consapevolmente fatto accadere. Ciò è dovuto al fatto che un
gesto così eclatante intende esplicitamente ribadire le
istanze le istanze di vicinanza agli ultimi («La Chiesa è un
ospedale da campo», è l'immagine coniata da Bergoglio) di
cui questo pontificato si fa interprete. Senza troppe
distinzioni, come s'è visto in questa occasione. Non si può estrapolare il gesto del
cardinale Konrad, una delle figure più vicine e di maggior
fiducia del Papa, dal contesto in cui si è svolto. Nella
sequenza della visita di Francesco in Campidoglio a marzo,
che è stata un'iniezione di fiducia e un sostegno di
popolarità alla giunta, dell'invito in Vaticano delle
famiglie rom dopo i tumulti del giorno prima a Casal
Bruciato contro la sindaca, e infine del blitz del cardinale
ieri, c'è chi vede una sorta di patto solidaristico tra la
sindaca e il Papa. Roma non da adesso è la città che svela
e amplifica le vere partite che si stanno giocando nella
nazione e nella società. Ed è come se Francesco avesse
deciso che, davanti a una sindaca così fragile e incerta sui
passi da compiere, si può dare un soccorso per una causa -
la vivibilità di una Capitale universale - che sembra
soverchiare le possibilità e le forze dell'attuale giunta
capitolina. Il segnale mandato dalla Santa
Sede dunque è inequivocabile. Contiene supplenza e aiuto, e
racchiude - molto più di quanto sia accaduto con altri papi
- un'interpretazione del Vangelo che diventa politica. Cioè
tende ad orientare la vita pubblica secondo una scala di
valori di cui Bergoglio o i suoi collaboratori si fanno
interpreti e portavoce. Contro altre sensibilità e istanze
politiche (basti pensare le polemiche contro il sovranismo e
contro le politiche sui migranti). Il rischio è che, se il
Papa si fa soggetto politico, viene riconosciuto e attaccato
come tale. E anche il tema della spaccatura tra i cattolici
nasce da questo. Così come le divisioni in Vaticano, anche
quelle di queste ore dopo il gesto del
cardinale-elettricista. E comunque, un problema di
bollette si trasforma nello specchio generale (la polemica
contro il liberismo e certe venature anti-capitalistiche
rientrano nel discorso) di un papato. E' come se Bergoglio,
dopo aver lanciato urbi et orbi il suo messaggio, avesse
deciso d'incarnarlo nella metropoli di cui è vescovo,
tramite un gesto sensazionale. E sembra avere buon gioco
Sergio Belardinelli, docente all'università di Bologna,
quando - nel libro appena pubblicato insieme ad Angelo
Panebianco, «All'alba di un mondo nuovo» (Il Mulino) -
scrive che il bergoglismo «appare troppo legato alle logiche
del mondo, troppo politico e troppo poco escatologico. E
questo è un danno che si ripercuote sia sulla Chiesa sia
sulla politica». *Il Messaggero, 14 maggio 2019
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