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Associazione Nazionale del Libero Pensiero "Giordano Bruno" |
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Così fu bloccata la
riforma dello Ior
di
Fabio Marchese Ragona *
«Santo padre, abbiamo analizzato
una parte di documentazione sullo Ior e siamo arrivati alla
conclusione che all'interno dell'istituto ci sono alcune
anomalie da sistemare». «Perché, eminenza, lei dice una
parte di documentazione?». «Perché lo Ior, nonostante la
nostra insistenza, non ci ha mai fornito i documenti che
abbiamo richiesto». Il dialogo tra il porporato e papa
Francesco si svolge nella residenza di quest'ultimo, la
Domus Sanctae Marthae, nell'autunno del 2013. Attorno al
tavolo sono seduti, oltre al papa e a qualche altro stretto
collaboratore, i membri della Pontificia commissione
referente sull'Istituto per le opere di religione, un gruppo
di lavoro costituito dallo stesso Bergoglio nel giugno di
quell'anno per fotografare la situazione dello Ior e
formulare delle proposte di riforma. Ci sono il cardinale
Raffaele Farina, presidente della commissione, il cardinale
Jean-Louis Tauran, monsignor Juan Ignacio Arrieta Ochoa de
Chinchetru, coordinatore, monsignor Peter Wells, segretario,
e Mary Ann Glendon, una diplomatica americana che da lì a
qualche mese sarà nominata membro del Consiglio di
sovrintendenza dello Ior (lascerà l'incarico nel febbraio
del 2018). Durante la riunione (...) viene
spiegato a voce al pontefice cosa potrebbe fare per
migliorare lo Ior e risolvere, allo stesso tempo, tutti i
problemi che lo affliggono dai tempi di Paul Marcinkus. A
riferircelo è uno dei partecipanti laici all'incontro, che
ha chiesto di rimanere anonimo per ragioni di sicurezza.
«Santo padre, in Vaticano servirebbe una banca centrale
senza sportelli che curi gli investimenti dello Stato, che
dovrebbero essere secretati. E poi una banca con gli
sportelli, lo Ior, per pagare soltanto gli stipendi dei
dipendenti ed espletare tutte le altre questioni finanziarie
interne. In questo modo si risolverebbero molti problemi.
Inoltre crediamo che lo Ior debba modificare il proprio
statuto, perché quello attuale è ancora fermo al 1990 e
risulta obsoleto rispetto alle novità successive che sono
arrivate negli anni, come la nascita dell'Aif (l'authority
vaticana che vigila sulle finanze d'oltretevere, nda).
Andrebbe rivista soprattutto la parte che riguarda i
revisori e il bilancio». «Bene, lavoriamo allora in questo
senso», replica Francesco. Da quella riunione sbrigativa è
emersa una questione delicata: un clima all'interno e
intorno allo Ior del tutto simile a quello che si respirava
ai tempi di Marcinkus e soprattutto una tenace resistenza a
fornire documenti alla commissione pontificia. () Per
redigere il nuovo statuto, come richiesto dal pontefice, la
commissione interpella Rolando Marranci, l'allora nuovo
direttore generale, il quale vi si dedica alacremente.
«Marranci aveva già sulla scrivania una bozza del nuovo
statuto su cui stava lavorando» ci svela la fonte. Poi,
però, all'improvviso, tutto si arena. Nel 2015 Marranci
lascia la direzione dell'istituto e a tutt'oggi non c'è
ancora un nuovo statuto: su questo fronte lo Ior è ancora
fermo al 1990. «La commissione voluta da Bergoglio era
scomoda» ci dice il testimone diretto di quella riunione.
«Sembrava andare in una direzione non gradita, per questo si
è dovuta scontrare con il muro di gomma eretto dallo Ior. Ma
era come se, oltre ai vertici dell'istituto, ci fosse dietro
una rete di persone che faceva in modo che la commissione
non arrivasse alla fine. E infatti, dietro sollecitazione
del cardinale Jean-Louis Tauran, si decise di chiudere il
gruppo di lavoro, perché non riusciva più ad andare avanti.
(...) Una mattina il cardinale Raffaele Farina e il
cardinale George Pell andarono dal papa che comunicò loro la
decisione di sciogliere la commissione referente». (...) Da
allora non si è più parlato del nuovo statuto e la banca
vaticana ha continuato a operare come se nulla fosse
accaduto. A una nostra richiesta di avere un colloquio
personale per comprendere la nuova linea di condotta
dell'istituto rispetto al passato, il presidente
JeanBaptiste de Franssu ha risposto con un «No, grazie».
Forse perché poco è cambiato, e le nuvole di fumo della pipa
di Paul Marcinkus aleggiano ancora nelle stanze della banca
vaticana. * Il Giornale.it
29 nov. 2018
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