Associazione Nazionale del Libero Pensiero "Giordano Bruno"

 

Requires Acrobat Reader.


ASSOCIAZIONE NAZIONALE DEL LIBERO PENSIERO "GIORDANO BRUNO" 

Fondata nel 1906

Aderente all' Union Mondiale des Libres Penseurs - International Humanist and Ethical Union

Presidenza nazionale e Presidenza sezione di Roma - Coordinamento Web :

prof.ssa Maria Mantello,


Roma

e.mail

 

Presidenza Onoraria e Sezione di Torino:

avv. Bruno Segre


Torino

e.mail , e.mail2


 

 

 

 

 

 

 

Caso Cucchi.

Fra omertà e giustizia il momento spartiacque che riscatta lo Stato

di Flavia Perina*

 

 La magistratura che non si rassegna a un'inchiesta finita senza colpevoli può segnare la fine dell'epoca in cui le istituzioni proteggevano funzionari infedeli o nascondevano delitti.

 

È caduto il muro, dice Ilaria Cucchi, ma forse nemmeno lei sa quanto alto e quanto antico fosse questo muro: un uomo in divisa che confessa e riscrive una insostenibile verità di Stato, in Italia, non si era visto mai. Anche per questo il caso di Stefano resterà come spartiacque, come evento che segna il prima e il dopo.

 

Il prima è la lunghissima storia delle ricostruzioni di comodo, l'era in cui le istituzioni si difendevano proteggendo col loro mantello funzionari infedeli, azioni riprovevoli, talvolta veri delitti.

 

Il dopo è questo: la magistratura che non si rassegna a un'inchiesta finita senza colpevoli, i periti che non si stancano di sollevare dubbi, il susseguirsi dei processi in un crescendo di pressione, e infine un carabiniere che sceglie di rompere l'omertà e un altro, Francesco Tedesco, il militare che ieri ha finalmente raccontato il pestaggio, che si decide e parla. E in qualche modo il segnale di una potenziale rivincita dello Stato, di una possibile riappropriazione del potere di fare ordine e giustizia anche in casa propria, senza infingimenti.

 

La sua portata è chiara leggendo le mille dediche lasciate sulla bacheca di Ilaria, omaggi non solo al suo coraggio ma anche a storie antiche che hanno avuto esito diverso. C'è la ballata di Franco Serantini, l'anarchico ventenne che nel 1972, dopo un brutale fermo a Pisa, uscì dal carcere morto: trauma cranico e lesioni interne di ogni tipo, nessun colpevole.

 

Ci sono le foto di Giorgiana Masi, il prototipo della vittima innocente: aveva diciotto anni nel 1977, manifestava per il divorzio insieme ai Radicali, fu freddata da un proiettile forse sparato da uno degli agenti infiltrati (una pratica dell'epoca) nel corteo. Anni di indagini, niente di fatto.

 

Anche in quei casi, così come nei molti successivi, ci furono mobilitazioni, comitati, si mosse - assai più di adesso - la politica, la musica, l'associazionismo, e non successe niente.

 

Se si dovesse fare un film, a quarant'anni di distanza, si dovrebbe usare il trucco di ogni sceneggiatura ambigua: le immagini che sfocano pian piano, i volti che si confondono, la musica che sale per farci capire che sta succedendo qualcosa di indicibile, che è facile intuire ma non si conoscerà mai fino in fondo.

 

A questa lunga catena di nebbiose verità di Stato, ora interrotta da una verità senza aggettivazioni, vanno senz'altro aggiunti due casi quasi contemporanei alla vicenda Cucchi, quelli di Federico Aldrovandi, il diciottenne di Ferrara brutalmente fermato dopo una notte per locali, pestato e poi morto per soffocamento prima ancora che arrivasse l'ambulanza, e di Giuseppe Uva, il quarantenne uscito senza vita da una caserma di Varese dopo il fermo per ubriachezza.

 

La mamma di Aldrovandi e la moglie di Uva per molto tempo hanno manifestato insieme con Ilaria Cucchi per chiedere indagini oneste e un processo vero, ma non hanno avuto fortuna. Le foto di quelle donne, così diverse per età, ceto, estrazione culturale, immobili sotto al Parlamento, ai ministeri o davanti ai tribunali coni loro cartelli di denuncia, hanno rappresentato per mesi una tragica Spoon River della giustizia negata, la nostra piccola, indecente Plaza De Mayo.

 

In molti, qualche settimana fa, si sono stupiti del grandissimo successo popolare che ha avuto "Sulla mia pelle", il film di Alessio Cremonini che racconta con gelida aderenza ai verbali di inchiesta l'ultima settimana di vita di Stefano Cucchi. Migliaia di spettatori nelle proiezioni ufficiali, nei licei, nelle università, oltreché su Netflix dove è tuttora uno dei titoli più cuccati, e forse la ragione di questo desiderio collettivo di sapere va cercata proprio nella lunghissima serie di casi senza verità che, generazione dopo generazione, hanno scosso l'immaginario collettivo e diffuso l'idea che la giustizia, quando c'è dimezzo una divisa che si scontra con un cittadino comune, abbia un gradiente diverso e preveda speciali e opache guarentigie.

 

La vicenda del G8 di Genova e della "macelleria messicana" della caserma Diaz (la definizione è di un vicequestore, Michelangelo Fournier, tra i pochi che ruppero il silenzio) incardinò questa percezione quasi vent'anni fa, e da allora nulla l'ha smentita. Sono cambiati i tempi, i governi, i capi delle forze dell'ordine, i ministri, è cambiato un mondo intero ma mai c'è stata una vicenda alla quale appendere la possibile rivincita dell'uomo della strada, quello che crede o vorrebbe credere nell'equidistanza dello Stato, rispetto all'antico "sopire e troncare" manzoniano. Adesso quella chances c'è, lo Stato ne esce rafforzato, i carabinieri possono cancellare una macchia che sembrava indelebile: se è presto per dire che comincia un altro corso, la strada è finalmente visibile e aperta.

 

*La Stampa, 12 ottobre 2018, p.5

  

 

 

 

 

 


 

 

 

 

 


 

 


 

Direttore Responsabile: Maria Mantello
Webmaster: Carlo Anibaldi 

: