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Associazione Nazionale del Libero Pensiero "Giordano Bruno" |
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“Noi curde
abbiamo combattuto i terroristi per un mondo in cui le donne
siano libere”
Intervista di Linda Laura Sabbadini a
Nessrin Abdalla, comandante kurda* Nessrin Abdalla, 37 anni, comandante
curda dell’Unità di protezione popolare delle donne dell’Ypj
che combatte nel Nord della Siria, e sua portavoce,
componente del Consiglio della Fsd che coalizza tutte le
forze per la Siria Democratica. La incontro a Spoleto dove
ha partecipato ai «Dialoghi», nell’ambito del Festival dei
due mondi. Una donna straordinaria. È combattiva e molto
determinata. Ma anche dolce, piena di vita, acqua e sapone,
e soprattutto sognatrice. Perché ha deciso di fare la combattente? «Sono la seconda di dieci figli. Volevo
contribuire a liberare il mio popolo e le donne, tutte le
donne, non solo le curde. Sono cresciuta in una famiglia che
tiene molto alla patria curda, ai nostri diritti come
popolo. Mio fratello è morto a 16 anni, combattendo. Mio
padre e mia madre erano analfabeti, mi hanno trasmesso una
grande forza. Sono orgogliosa di dedicare la mia vita a
questo». Quando ha deciso di costituire una
armata di donne? «Era il 2011. Eravamo in poche a volerlo
fare, in 5-6, ma molto determinate. L’abbiamo fondata nel
2013. Ora siamo 8000. La nostra filosofia è conoscerci e
proteggerci. Il nostro fine è la liberazione delle donne.
Combattendo per la libertà ci liberiamo. Se le donne sono
più libere, la società intera lo sarà di più». Chi sono le donne che fanno parte della
resistenza? «Siamo soprattutto giovani, di diverso
livello culturale. E non siamo solo curde. Si sono unite a
noi donne arabe, armene, che incontrano maggiori resistenze
da parte maschile e non hanno loro unità di combattimento.
Noi accogliamo tutte, perché vogliamo la liberazione di
tutte». C’è una battaglia che ricorda con
maggiore soddisfazione? «Non amo le battaglie. Non è nostra
volontà combattere, ma dobbiamo proteggerci. In guerra o
uccidi o sei ucciso. Certo aver liberato migliaia di donne
rese schiave dall’Isis è stata una emozione forte. Erano
soprattutto Ezidi, quindi considerate infedeli. Avevano il
terrore negli occhi, traumatizzate. Avevano visto tante,
tante teste mozzate. Tante donne si sono suicidate, perché
non potevano accettare di vivere da schiave. Siamo
orgogliose di averle liberate». Ma chi addestra le donne del Ypj? «Nelle scuole siriane c’è la materia
educazione militare per uomini e per donne. Quindi le basi
ce l’hanno tutte. In questo siamo avvantaggiate. Poi le
combattenti più esperte istruiscono le altre. A volte anche
gli uomini ci aiutano. Ce la caviamo benissimo». Come siete organizzate? «Chi dirige si dedica a tempo pieno. Le
altre hanno tre giorni di pausa al mese. Tutto è fatto su
base volontaria e non retribuito. Se la famiglia ha bisogno
di aiuto si interviene per aiutarla. Il lavoro è di tipo
militare ma anche culturale. Facciamo molta formazione nella
fase di reclutamento. Abbiamo costruito Accademie di
formazione militare e del pensiero. Sono fiera di aver
fondato una delle prime». Della reazione dell’Isis nei
confronti di una milizia di donne cosa dice? «Li ha confusi, spiazzati,
moralmente distrutti. Hanno cambiato due volte le loro
norme: prima hanno detto che chi fosse stato ucciso da una
donna non sarebbe andato in paradiso, poi hanno aggiunto che
i corpi sarebbero stati bruciati. Ho tenuto tanti
interrogatori di militanti dell’Isis. Tra i prigionieri, ci
siamo trovati di fronte a più di 40 nazionalità diverse,
molti occidentali. Si agitavano, non mi volevano, chiedevano
di essere interrogati da uomini. Sono uomini terribili,
psicopatici che si esaltano a tagliare le teste, uomini
deboli coinvolti per motivi economici, esaltati, sadici,
integralisti. Mai cadere prigioniere dell’Isis! Noi
combattiamo fino all’ultimo. Se ci troviamo senza vie
d’uscita, preferiamo la morte». Quale è il tuo sogno? «Sono donna e sono curda. Il mio sogno è
un Kurdistan unito dove le donne siano libere e
l’uguaglianza trionfi. Ma oggi mi basta ottenere un sistema
democratico, non centralizzato, in Siria dove tutti i popoli
siano rappresentati e le donne siano uguali. Noi curdi
esistiamo, abbiamo diritto a una identità riconosciuta». Le donne salveranno il mondo? «Noi donne siamo la patria, la nazione,
il mondo. Quando la donna combatte per salvare se stessa,
sta salvando il mondo, lo sta trasformando in un mondo più
giusto, dove le donne sono libere. Dove c’è la donna vince
la pace». * La Stampa, 24/07/2018
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