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Associazione Nazionale del Libero Pensiero "Giordano Bruno" |
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Resistenza mapuche. Il caso
Facundo diventa internazionale di Patrizia Larese Il tribunale di Bariloche, città
della regione del Rio Negro nella Patagonia argentina, ha
deciso di accogliere la richiesta di estradizione in Cile di
Facundo Jones Huala, lonko (leader politico) della comunità
mapuche Pu Lof in Resistenza di Cushamen, nei pressi di
Esquel, regione del Chubut (Argentina). L’applicazione della sentenza di
estradizione è stata sospesa per consentire il ricorso alla
Corte Suprema di Giustizia da parte della difesa del leader
indigeno che chiederà anche la sua scarcerazione. Persecuzione politica di un leader Sulla testa del leader dal 2013
c’è un ordine di cattura firmato dal giudice federale di
Bariloche, Gustavo Villanueva, per alcuni fatti accaduti
quello stesso anno nella regione dell’Araucania (Cile):
dalla detenzione illegale di armi e munizioni di
fabbricazione artigianale all’incendio di una casa nel fondo
PisuPisuè, a San Bueno del Cile. Insieme a lui erano finiti
in manette altri cinque mapuche cileni, scarcerati però dopo
pochi mesi per mancanza di prove. Nell’agosto 2016 Facundo Jones
Huala si ritrova imputato nel primo processo per la
definizione della richiesta cilena di estradizione ma, a
causa delle accertate torture da parte della polizia subìte
tempo prima da un testimone chiave, Gonzalo Cabrera di
Gualjainam, nel dipartimento di Cushamen, affinché rendesse
false dichiarazioni, il giudice federale di Esquel, Guido
Otranto, ritiene di non accogliere la richiesta e così il
lonkoviene rimesso in libertà. Alle udienze era popoli nativi
d’America. La decisione del tribunale di
Bariloche dello scorso 7 marzo ha generato scontento e
inquietudine nella comunità mapuche che anche nella
Patagonia argentina lotta per il recupero delle terre
ancestrali ora di proprietà di imprese straniere, tra cui
l’italiana Benetton. Facundo Jones Huala si è sempre
dichiarato innocente ed il suo avvocato, Sonia Ivanoff,
specializzata nella difesa dei popoli indigeni e
vicepresidente della AADI (Asociación de Abogados/as de
DerechoIndígena de la República Argentina) ha
dichiarato: «Il giudice Villanueva ha dato la sensazione di
avere preso la decisione a prescindere, senza nemmeno
ascoltare la nostra posizione.» Facundo: «non ci arrendiamo» Durante l’udienza Facundo, in sua
difesa, ha affermato: «Qui non c’è terrorismo, qui c’è un
popolo stanco, che si difende con quello che ha: un arsenale
di pale, machete, motoseghe, arnesi da lavoro. Siamo gente
che lavora. Questi stessi attrezzi hanno costruito questa
palestra. Cosa possiamo aspettarci dalla giustizia corrotta
di un altro paese, quando uno percepisce che è la stessa
legge della dittatura, del dittatore Pinochet del 1975? È
totalmente incostituzionale. Cosa possiamo aspettarci da un
paese che non può garantire la giustizia e il giusto
processo con i diritti costituzionali. Continuerò a incitare
tutti i miei fratelli mapuche a sentirsi orgogliosamente
mapuche, che non dimentichino il coraggio di Rafael Nahuel e
che seguano il suo cammino. Se io non fossi stato malato
sarei stato lì dove si trovava Rafael. Non mi importa di
essere in prigione per la mia gente. Questo sono, sono
quello che ci ha lasciato Calfupan. Siamo i loro figli,
nipoti, i loro discendenti e in questa terra continuerà a
nascere sangue mapuche. Questa terra è, è stata e continuerà
ad essere territorio mapuche. I Mapuche continueranno a
organizzarsi politicamente in entrambi i versanti della
cordigliera, non importa se sono in prigione o no. Dicono
che siamo terroristi, ma noi non lo siamo. Io chiedo, se
siamo terroristi, dove sono i morti? I morti sono sempre
nella nostra comunità. Se questo non è un processo politico,
cos’è?» Nora Cortiñas,
la coraggiosa madre di Plaza de Mayo All’udienza di Bariloche è
presente anche Nora Cortiñas, cofondatrice delle Madri di
Plaza de Mayo. Ad agosto dell'anno scorso era sul luogo dove
Santiago Maldonado fu vittima di una sparizione forzata: su
una delle sponde del fiume Chubut, nei territori della
comunità mapuche di Pu Lof Cushamen, sulla Routa 40, a circa
80 chilometri dalla città di Esquel. Nora è una donna di
quasi 90 anni di forte personalità e grande integrità. Da
quando suo figlio è desaparecido come tanti altri
durante la dittatura argentina porta avanti la sua lotta per
la Giustizia. Nora Cortiñas porta al collo la foto di suo
figlio scomparso, è stata accanto alla famiglia Maldonado
nella lotta per la verità sulla morte di Santiago e a fianco
delle comunità indigene. Cause che non hanno frontiere. Con il suo emblematico fazzoletto
bianco sulla testa ha parlato con i membri delle comunità
mapuche, partecipando alla mobilitazione in appoggio a ed
esprimendo liberamente i suoi pensieri, è una militante di
ferro. «L’arringa
di Facundo è una scuola di buon senso – ha dichiarato Nora –
perché realmente non hanno trovato quello che volevano per
accusarlo. Non possono inventare. Non sono soli i Mapuche
nella Patagonia. Loro volevano trovare qualche appiglio per
giocare a tradimento. Il discorso del lonko è stato molto
intelligente. In Cile non è stato possibile dimostrare il
reato del quale era accusato. Il Lonko deve essere liberato…
Questa repressione permanente contro le comunità indigene è
vergognosa».
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