Associazione Nazionale del Libero Pensiero "Giordano Bruno"

 

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ASSOCIAZIONE NAZIONALE DEL LIBERO PENSIERO "GIORDANO BRUNO" 

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L’Irlanda delle Magdalene

di Maria Mantello

 

Violenze, lavoro schiavo, mercato delle adozioni, fosse comuni di neonati e bimbetti (come quella di Tuam, con dentro i cadaveri di 796 corpicini lì ammucchiati tra il 1925 e il 1961, come certificato dai test di datazione al carbonio ordinati dal Governo e resi noti il 3 marzo 2017).

Era la realtà delle tante “Magdalene”, gli istituti cattolici per donne “perdute” da “redimere” nella durissima penitenza, esistite fino al 25 settembre del 1996 - data in cui l’ultima è stata ufficialmente dismessa - e dove migliaia di donne venivano fatte entrare giovanissime e lì molto spesso abbandonate.

Un pozzo nero e senza fondo di crudeltà fatte patire da “misericordiose” suore a migliaia di donne che lì venivano recluse perché considerate “amorali”. E per essere definite tali bastava la più piccola insofferenza al soffocante sistema di controllo clerical-patriarcale.

Ragazze che nelle Magdalene, per lo più lavanderie, erano costrette per 365 giorni all’anno a detergere con soda e sale quintali e quintali di panni di ogni sorta che arrivavano anche da commesse statali, arricchendo col loro gratuito lavoro le suore che le vessavano e punivano per un nonnulla.

È il ventre oscuro di quell’Irlanda, dove la Chiesa coincideva con lo Stato che con quell’orrore è stato connivente come accusano gli attivisti del movimento Justice for Magdalenes (JFM).

E che è restato sordo anche alle richieste del “Comitato contro le torture” dell’Onu, che nel giugno del 2011 intimava al Governo di aprire un’inchiesta  - come infine ha dovuto fare di fronte a quel «catalogo degli 800 decessi» di Tuam redatto dalla storica Catherine Corless, che si diceva anche convinta che quei corpi si trovassero nelle fosse settiche sotto le fondazioni dell’Istituto di religiose.

È il ventre oscuro di quell’Irlanda bigotta e baciapile, dove ancora non troppo tempo fa poteva capitare che nelle farmacie ti guardassero di traverso se chiedevi una semplice lavanda vaginale.

Quella dove il dossier sulla pedofilia clericale è un repertorio horror tra i più ributtanti.

L’Irlanda della vergogna delle Magdalene, rese note al mondo dal pluripremiato omonimo film di Peter Mullan del 2002, osteggiato in ogni modo dai censori vaticani e i loro ditirambi. Così Philomena di Stephen Frears del 2013.

Storie vere, storie di crudeltà scoperchiate anche grazie alle coraggiose inchieste di giornalisti come Conall O’Fatharta (http://www.broadsheet.ie/tag/conall-ofatharta/)  che nel 2012 denunciava anche lo scandalo delle adozioni illegali di quei figli di ragazze madri - come Philomena Lee - partoriti nel segreto degli istituti religiosi e venduti dalle suore a famiglie della buona borghesia. Meglio se fuori dall’Irlanda.

Avveniva a Tuam, come a Cork, e chissà dove altro ancora dove ci fosse una “consacrata” Mother-and-baby.

 In quelle case di “accoglienza”, il «partorirai con dolore» doveva essere obbligo rigoroso per le ragazze madri, chiamate ad espiare il peccato di fornicazione, come spiega anche l’interessante libro di una levatrice, June Goulding che nel 1951 aveva lavorato nella Bessborough mother-and-baby home di Cork, e giurò a se stessa di far conoscere al mondo quanta assurda e inaudita efferatezza aveva visto mettere in atto contro le puerpere da quelle suore del Sacro Cuore. Una devastante ideologia della sofferenza  che si faceva sistematico sadismo. Di qui il suo libro di memorie The Light in the Window, che la donna ha pubblicato nel 1998. E che è anche un interessante spaccato sui pregiudizi diffusi nella società irlandese degli anni Cinquanta a cui venivano allevate soprattutto le donne, perchè la catena delle gerarchie di potere  non fosse intaccata.

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Le inchieste governative su tutto questo sono agli inizi. E molto ci sarà da analizzare, visto che questi istituti per “peccatrici” sono esistiti per 150 anni.

Il Governo dovrà superare certamente ancora tante inquietanti resistenze alla verità.

Forse analoghe a quelle incontrate da Catherine Corless, che ha dichiarato all’Irish Times: «Quando ho cominciato la mia ricerca, mi chiedevano: Che stai facendo? È passato tanto tempo. Se ci sono dei corpi lasciali in pace».

Più che pace, sembra ipocrita, se non omertoso... silenzio di tomba!

 

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