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Associazione Nazionale del Libero Pensiero "Giordano Bruno" |
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Il ministro dei voucher. Lettera aperta
a Poletti di Marta
Fana
Caro Ministro Poletti, le sue scuse mi imbarazzano tanto quanto
le sue parole mi disgustano. Siamo quelli per cui il Novecento è
anche un patrimonio cinematografico invidiabile, che non
inseguiva necessariamente i botteghini della distribuzione
di massa, e lì imparammo che le parole sono importanti, e
lei non parla bene. Non da oggi. A mia memoria da quando il 29 novembre
2014 iniziò a dare i numeri sul mercato del lavoro,
dimenticandosi tutti quei licenziamenti che i lavoratori
italiani, giovani e non, portavano a casa la sera. Il ministro del lavoro delle imprese Continuò a parlare male quando in un
dibattito in cui ci trovammo allo stesso tavolo dichiarò di
essere “il ministro del lavoro per le imprese”, era il 18
aprile del 2016. Noi, quei centomila che negli ultimi
anni siamo andati via, ma in realtà molti di più, non siamo
i migliori, siamo solo un po’ più fortunati di molti altri
che non sono potuti partire e che tra i piedi si ritrovano
soltanto dei pezzi di carta da scambiare con un gratta e
vinci Parlo dei voucher, Ministro. E poi, sa, anche tra di noi che ce ne
siamo andati, qualcuno meno fortunato esiste. Si chiamava Giulio Regeni, e lui era uno
dei migliori. L’hanno ammazzato in Egitto perché
studiava la repressione contro i sindacalisti e il movimento
operaio. L’ha ammazzato quel regime con cui il governo di
cui lei fa parte stringe accordi commerciali, lo stesso
governo che sulla morte di Giulio Regeni non ha mai battuto
i pugni sul tavolo, perché Giulio in fin dei conti cos’era
di fronte ai contratti miliardari? Sfruttamento lavoro nero povertà Intanto, proprio ieri l’Inps ha reso
noto che nei dieci mesi del 2016 sono stati venduti 121
milioni e mezzo di voucher. Da quando lei è ministro, ne
sono stati venduti 265.255.222:
duecentosessantacinquemilioniduecentocinquantacinquemiladuecentoventidue. Non erano pistole, è sfruttamento. Sa, qualcuno ci ha rimesso quattro dita
a lavorare a voucher davanti a una pressa. È un ragazzo di ventuno anni, non ha
diritto alla malattia, a niente, perché faceva il saldatore
a voucher. Oggi, senza quattro dita, lei gli
offrirà un assegno di ricollocazione da corrispondere a
un’agenzia di lavoro privata. Magari di quelle che offrono contratti
rumeni, perché tanto dobbiamo essere competitivi. Quelli che sono rimasti sono coloro che
per colpa delle politiche del suo governo e di quelli
precedenti si sono trovati in pochi anni da generazione 1000
euro al mese a generazione a 5000 euro l’anno. Lo stesso vale per chi se n’è andato e
forse prima o poi vi verrà il dubbio che molti se ne sono
andati proprio per questo. Quelli che sono rimasti sono gli stessi
che lavorano nei centri commerciali con orari lunghissimi e
salari da fame Quelli che fanno i facchini per la
logistica e vedono i proprio fratelli morire ammazzati sotto
un tir perché chiedevano diritti contro lo sfruttamento. Sono quelli che un lavoro non l’hanno
mai trovato, quelli che a volte hanno pure pensato “meglio
lavorare in nero e va tutto bene perché almeno le sigarette
posso comprarle”. Sono gli stessi che non possono
permettersi di andare via da casa, o sempre più spesso ci
ritornano, perché il suo governo come altri che lo hanno
preceduto, invece di fare pagare più tasse ai ricchi e
ridistribuire le condizioni materiali per il soddisfacimento
di un bisogno di base e universale come l’abitare, ha
pensato bene di togliere le tasse sulla casa anche ai più
ricchi e prima ancora di approvare il piano casa.
È lo stesso governo che spende lo zero
percento del Pil per il diritto all’abitare. È lo stesso governo che si rifiuta di
ammettere la necessità di un reddito che garantisca a tutti
dignità. Ma badi bene, non sono una “redditista”,
solo che a fronte di 17 milioni di italiani a rischio
povertà, quattro milioni in condizione di povertà assoluta,
mi pare sia evidente che questo passaggio storico per
l’Italia non sia oggi un punto d’arrivo politico quanto un
segno di civiltà. Ma vorrei essere chiara, il diritto al
reddito non è sostituibile al diritto alla casa, sono
diritti imprescindibili entrambi. La colpa è solo vostra E le vorrei sottolineare che non è colpa
dei nostri genitori se stiamo messi così, è colpa vostra che
credete che siano le imprese a dover decidere tutto e a cui
dobbiamo inchinarci e sacrificarci. I colpevoli siete voi che pensate si
possano spostare quasi 20 miliardi dai salari ai profitti
d’impresa senza chiedere nulla in cambio- tanto ci sono i
voucher- e poi un anno dopo approvate anche la riduzione
delle tasse sui profitti. Così potrete sempre venirci a dire che
c’è il deficit, che si crea il debito e che insomma la
coperta è corta e dobbiamo anche smetterla di lamentarci
perché, mal che vada, avremo un tirocinio con Garanzia
Giovani. I colpevoli siete voi che non credete
nell’istruzione e nella cultura, che avete tagliato i fondi
a scuola e università, che avete approvato la buona scuola e
ora imponete agli studenti di andare a lavorare da McDonald
e Zara. Sa, molti di quei centomila che sono
emigrati lavorano da McDonald o Zara, anche loro hanno un
diploma o una laurea e se li dovesse mai incontrare per
strada chieda loro com’è la loro vita e se sono felici. Le risponderanno che questa vita fa
schifo. Però ecco: a differenza di quel che ha
decretato il suo governo, questi giovani all’estero sono
pagati. Ma il problema non è neppure questo, o quanto meno
non il principale. Camerieri d’Europa Il problema, ministro Poletti, è che lei
e il suo governo state decretando che la nostra generazione,
quella precedente e le future siano i camerieri d’Europa, i
babysitter dei turisti stranieri, quelli che dovranno un
giorno farsi la guerra con gli immigrati che oggi fate
lavorare a gratis. A me pare chiaro che lei abbia voluto
insultare chi è rimasto piuttosto che noi che siamo partiti.
E lo fa nel preciso istante in cui lei dichiara che dovreste
“offrire loro l’opportunità di esprimere qui capacità,
competenza, saper fare”. La cosa assurda è che non è chiaro cosa
significhi per lei capacità, competenze e saper fare. Perché io vedo milioni di giovani che
ogni mattina si svegliano, si mettono sul un bus, un tram,
una macchina e provano ad esprimere capacità, competenze,
saper fare. Molti altri fanno la stessa cosa ma
esprimono una gran voglia di fare pure se sono imbranati. Fin qui però io non ho capito che cosa
voi offrite loro se non la possibilità di essere sfruttati,
di esser derisi, di essere presi in giro con 80 euro che
magari l’anno prossimo dovranno restituire perché troppo
poveri. Non è chiaro, Ministro Poletti, cosa sia
per lei un’opportunità se non questa cosa qui che rasenta
l’ignobile tentativo di rendere ognuno di noi sempre più
ricattabile, senza diritti, senza voce, senza
rappresentanza. Eppure la cosa che mi indigna di più è
il pensiero che l’opportunità va data solo a chi ha le
competenze e il saper fare. Siete il Governo delle disuguaglianze Lei, ma direi il governo di cui fa parte
tutto, non fate altro che innescare e sostenere
diseguaglianze su tutti i fronti: dalla scuola al lavoro,
dalla casa alla cultura, e sì perché questo succede quando
si mette davanti il merito e si denigra la giustizia
sociale. Perché forse non glielo hanno mai
spiegato o non ha letto abbastanza i rapporti sulla
condizione sociale del paese, ma in Italia studia chi ha
genitori che possono pagare e sostenere le spese di
un’istruzione sempre più cara. E sono sempre di più, Ministro Poletti. Lei non ha insultato soltanto noi, ha
insultato anche i nostri genitori che per decenni hanno
lavorato e pagato le tasse, ci hanno pagato gli asili
privati quando non c’erano i nonni, ci hanno pagato
l’affitto all’università finché hanno potuto. Molti di questi genitori poi con la
crisi sono stati licenziati e finita la disoccupazione
potevano soltanto dirci che sarebbe andata meglio, che ce
l’avremmo fatta, in un modo o nell’altro. In Italia o
all’estero. Chieda scusa a loro perché noi delle sue
scuse non abbiamo bisogno. Il 4 dicembre abbiamo detto NO alla
vostra politica Noi la sua arroganza, ma anche evidente
ignoranza, gliel’abbiamo restituita il 4 dicembre, in cui
abbiamo votato No per la Costituzione, la democrazia, contro
l’accentramento dei poteri negli esecutivi e abbiamo votato
No contro un sistema istituzionale che avrebbe normalizzato
la supremazia del mercato e degli interessi dei pochi a
discapito di noi molti. Era anche un voto contro il Jobs
Act, contro la buona scuola, il piano casa, l’ipotesi dello
stretto di Messina, contro la compressione di qualsiasi
spazio di partecipazione. E siamo gli stessi che faranno di
tutto per vincere i referendum abrogativi contro il Jobs Act,
dall’articolo 18 ai voucher, la battaglia è la stessa. Costi quel che costi noi questa partita
ce la giochiamo fino all’ultimo respiro. E seppure proverete a far saltare i
referendum con qualche operazioncina di maquillage, state
pur certi che sugli stessi temi ci presenteremo alle
elezioni dall’estero e dall’Italia. Se nel frattempo vuole sapere quali sono
le nostre proposte per il mondo del lavoro, ci chiami pure. Se vi interessasse, chissà mai,
ascoltare. * Ricercatrice italiana a
Parigi 20 dicembre 2016
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