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Associazione Nazionale del Libero Pensiero "Giordano Bruno" |
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Costituzione, la controriforma di Renzi
di Maria Luisa Pesante
Perché di fronte all’obiettivo –
ampiamente condiviso nel paese – di uscire dal
bicameralismo perfetto, conferendo la prerogativa
dell’investitura governativa a una sola camera, Renzi,
tra le molte soluzioni tecnicamente possibili, ne ha
scelto una così gravemente contestabile, e contestata?
La domanda non riguarda le intenzioni di Renzi, ma la
logica dello sconcio costituzionale che sta per essere
definitivamente approvato. Esso contiene tre elementi
fondamentali, il ritorno a un accentramento del potere
politico, la creazione di una seconda Camera con
funzioni improprie e distorsive, una soppressione del
carattere rappresentativo di un organo politico. Queste
tre connesse operazioni vengono compiute nel modo meno
lineare possibile, in modo da creare oscurità e
confusione, e quindi il massimo di difficoltà a capire
il merito della posta in gioco per i cittadini che
saranno chiamati a pronunciarsi.
In primo luogo, la controriforma renziana
riduce in modo molto forte le competenze delle Regioni,
soprattutto in tema di politiche economiche e sociali; e
non definisce in nessun modo né il baluardo della loro
residua autonomia di scelta né lo strumento necessario
ai loro compiti, ossia le fonti di finanziamento da
attribuire loro in via istituzionale, lasciandole invece
interamente all’arbitrio del governo. Al tempo stesso,
però, nessuna modifica riguarda i punti cruciali
dell’istituzione regionale che in questi anni, in
generale, non ha certo brillato per efficienza, onestà,
capacità progettuale: la configurazione dei suoi organi,
con un assurdo presidenzialismo locale; le leggi
elettorali fatte su misura delle contingenti prevalenze
partitiche; la mancanza di ogni efficace modalità di
controllo della spesa. Questo accentramento è coerente
anche con una prassi di governo che avoca in
continuazione alla Presidenza del consiglio compiti di
decisione di pertinenza di vari ministeri; nomina
commissioni ad hoc, con compiti giudiziali o consultivi,
sui più diversi problemi; usa i prefetti – funzionari
integerrimi, ma dipendenti dal governo – contro le
amministrazioni locali elette.
In secondo luogo, queste regioni
svuotate, ma non riformate, vanno a costituire,
attraverso il proprio processo elettorale, il corpo
politico del nuovo Senato, a cui sono attribuite
funzioni di intervento nelle revisioni costituzionali, e
nell’elezione di organi costituzionali di garanzia. In
altre parole, la repubblica italiana è assai lontana da
uno stato federale, ma attribuisce alla seconda Camera
funzioni tipiche di quest’ultimo, in cui i Länder, o i
cantoni, o gli stati dell’Unione sono le unità
originarie dal cui patto nasce lo stato centrale, e
perciò hanno funzioni costituzionali. Perciò gli eletti
dei corpi politici federati che costituiscono la seconda
Camera rappresentano, secondo diversi processi
elettorali, un definito segmento di cittadini, a cui
rispondono direttamente, o indirettamente: a uno
specifico collegio elettorale, come negli Stati Uniti, o
al governo parlamentare del Land, frutto di una legge
elettorale proporzionale, come nel Bund tedesco.
Da chi sono eletti – in terzo luogo – e a
chi rispondono i membri del previsto nuovo Senato
italiano? Sono eletti dai cittadini con una scelta in
cui si confonde la funzione di consigliere ragionale e
quella di presumibile senatore, e poi sono nominati dal
potere esecutivo della regione, a cui però non dovranno
rispondere, perché non avranno vincoli di mandato. La
risibile e penosa battaglia di una parte del PD per
ottenere simile risultato, come se questo fosse un
decente sostituto di un’elezione pulita, ha contribuito
a oscurare il disegno complessivo della controriforma,
in sé e nella sua connessione con la legge elettorale
per la Camera dei deputati. Essa, a sua volta,
magicamente trasforma una minoranza dei suffragi
elettorali in sicura maggioranza per un governo, con un
disprezzo per la rappresentatività del parlamento che
non credo si fosse ancora vista. Se poi il governo così
benedetto sarà quello che il governo attuale era sicuro
di essere è tutto da scoprire: quando in un sistema
oramai saldamente tripolare,e per il momento molto
bilanciato, la scelta dei partiti che vanno al
ballottaggio non dipende da una ragionevole soglia
minima che può lasciare in corsa più di due liste, come
in Francia, ma dalla casualità di un voto in più o in
meno per tornare in gara al secondo turno, tutto può
succedere.
Accentramento presso il potere esecutivo
centrale, funzioni improprie o finte di organi con
competenze costituzionali, svuotamento o distorsione del
rapporto tra elettori ed eletti ammontano a uno
smantellamento dell’equilibrio tra poteri che è parte
integrante di qualsiasi costituzione. E su questo
terreno è particolarmente preoccupante quanto le
maggioranze previste per la nomina dei giudici
costituzionali, pensate per un sistema politico dotato
di legge elettorale proporzionale, perdano gran parte
del proprio potere di tutela. Ogni costituzione ha
infatti come funzione primaria quella di porre limiti
precisi al potere legislativo cui il popolo sovrano si
affida periodicamente; e i giudici costituzionali hanno
il compito di difendere quei limiti. Se a questo si
aggiunge che, come si è visto in occasione della
controriforma e come si vedrà ancora di più se essa
entrerà in vigore, il potere esecutivo controlla il
legislativo e non viceversa, è lecito formulare
l’ipotesi che ci stiamo avvicinando non già a un qualche
peggioramento della Costituzione, bella o brutta che
fosse, ma a un limite nei pressi del quale la carta non
è più in grado di esercitare la sua funzione di dare
forma e limite al monopolio del potere.
Si può comprendere attraverso queste
considerazioni perché un problema che poteva essere
consensualmente risolto sia diventato un tale oggetto di
contesa: l’obbiettivo raggiunto, e non interessa se per
intenzione, incompetenza tecnica, o semplice iattanza in
contese meschine, va molto al di là di quel problema.
Bisogna ricordare che questo obiettivo è la
cristallizzazione di una lunga serie di attacchi alla
Costituzione, cominciati negli anni ’80, proseguiti
nella stagione berlusconiana, sostenuti in maniera
irridente o felpata da più di un presunto custode della
costituzione, approvati da una rilevante parte dei
produttori di opinione pubblica nel centrosinistra.
Senza che, tra chi a questo indirizzo era contrario, si
formasse, oltre all’onorevole opposizione, anche una
almeno implicita alternativa in positivo. La debolezza
della risposta al progetto neogollista di Quagliariello
nella Commissione voluta da Napolitano e Letta era già
un segnale preoccupante. Il risultato che Renzi ottiene
oggi è molto di più di quel progetto, e un danno è stato
prodotto, anche se quel risultato gli fosse sottratto
dal referendum. Senza formulare davanti ai cittadini,
almeno sommariamente, una chiara alternativa, sarebbe
impossibile dissipare la mistificazione che copre, e
ancora più coprirà, la situazione costituzionale, o
piuttosto a-costituzionale, che si prefigura.
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