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Associazione Nazionale del Libero Pensiero "Giordano Bruno" |
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La doppia morale dei principi del Golfo di Francesca Paci
Automobili di lusso, festini a base di alcol e droga, cornici di donne tutt’altro che modestamente vestite in osservanza ai dettami della sharia. Il doppio standard dei petrol-principi del Golfo, custodi in teoria della versione più integralista dell’islam wahabita, ma al tempo stesso prototipi di estrema crapula, è cronaca per i custodi di hotel come il Dorchester o il Claridge’s (c’è bisogno di dire che sono a Londra?) dove le opulente macchine dei miliardari fanno la spola caricando e scaricando ospiti in jallabbya bianca e avvenenti fanciulle ingioiellate. Poi ogni tanto, quando per esempio il giovane saudita Majed Abulaziz al Saud viene accusato di molestie sessuali multiple dalla polizia di Beverly Hills la cronaca si arricchisce di dettagli. Così, alcune settimane fa, la morte ufficialmente d’infarto del 33enne Rashid, figlio maggiore del regnante di Dubai Sheikh Mohammed, ha aperto una finestra sullo stile di vita di un playboy votato alle corse di cavalli quanto alla droga e alle donne che (diversamente dai suoi “colleghi” occidentali) ostentava di condannare in pubblico ciò che praticava in privato (la sharia stile saudita prevede la pena di morte per omosessualità, adulterio e qualsiasi comportamento ritenuto immorale…).
Ogni estate è la stessa storia, raccontano al Daily Beast quelli che ricevono le prenotazioni di alberghi, suite, ristoranti o sale da tè come il Claridges dove a giugno non si trova un tavolo che non sia occupato da arabi del Golfo. Per sfuggire al caldo del deserto i rampolli delle miliardarie famiglie del Golfo, molti tra i 21 e i 26 anni, si trasferiscono in Gran Bretagna o nel sud della Francia o negli Stati Uniti con tanto di corte e parco auto. Con la Qatar Airways, che dedica interi voli al trasporto dei veicoli di lusso, si stima che gli spostamenti stagionali dei bolidi costino circa 30 mila dollari per ogni singola auto.
«Vogliono subito tutto quello che chiedono, vogliono che li si guardi ma che non si domandi loro nulla» dice chi ci lavora. Danno risposte secche, una parola, niente nomi, sguardi fulminanti di chi pensa di potere qualsiasi cosa e di aver per giunta Dio dalla propria parte. Lo Sheikh Rashid era uno di questi playboy, forte di un patrimonio paterno stimato da Forbes in 1.9 miliardi di dollari (sebbene il padre, per il suo coinvolgimento in un omicidio, lo avesse privato del passaggio dei poteri preferendogli il fratello Hamdeen). E le principesse non sono da meno, come Maha bint Mohammed bin Ahmad al-Sudairi, cognata dell’ultimo re Abdullah, nota per aver occupato per 5 mesi 41 stanze allo Shangri-La Hotel di Parigi per oltre sette milioni di dollari.
«L’export più fruttuoso verso il Golfo è quello di biancheria intima costosissima ma per niente raffinata» racconta un commerciante iracheno di abbigliamento che fa la spola con il Medioriente, Golfo in particolare. E non si tratta solo dei reggiseni piumati made in China che, alla portata delle tasche di tutti, sventolano in qualsiasi suk delle capitali arabe. I playboy del Golfo pagano molto e viaggiano spinti dalla bramosia di soddisfare i piaceri che condannano in patria. Tra il 2007 e il 2008 la periferia di Damasco era piena di nightclub in cui i principi sauditi andavano a “scegliersi” le minorenni irachene che le madri “vendevano” loro per mantenere numerose famiglie di profughi. Oggi avviene lo stesso alla periferia di Beirut: sono cambiate le ragazze, si tratta soprattutto di siriane, ma non sono cambiati i compratori. La morale più oltranzista non sembra turbare i sonni di chi la diffonde nel mondo musulmano fino alle derive jiadhiste: in fondo nel covo di Osama bin Laden fu trovata una quantità di materiale pornografico da far invidia ai suoi connazionali.
lastampa.it esteri - Titolo originale dell’articolo: Dietro alla morte del figlio dell’emiro di Dubai la doppia morale dei rampolli del Golfo”
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