Associazione Nazionale del Libero Pensiero "Giordano Bruno"

 

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ASSOCIAZIONE NAZIONALE DEL LIBERO PENSIERO "GIORDANO BRUNO" 

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“Credenti” e  “Non Credenti”

di Lucia Morelli   (psicosocioanalista)

 

Nel Corriere del 16 novembre scorso lo storico Ernesto Galli della Loggia, con il suo articolo “La battaglia culturale che dobbiamo lanciare contro le solite ipocrisie”,  invitava a fare una battaglia culturale per “stanare gli autoinganni” del moderatismo islamico, inutilmente maggioritario rispetto agli altri islamici impegnati in imprese sanguinarie.  Qualcosa nel mondo islamico si è mossa a partire dalla loro  recente  manifestazione contro i terrorismi.  E presso di  noi italiani?

 

 

Ad avviso di chi scrive questa nota, estratta da un lavoro più ampio,  non sono solo gli islamici moderati ad autoingannarsi.  Qui da noi moltissime figure dotate della massima  autorevolezza sostengono che non c’è divisione tra il mondo dei “credenti” e quello dei “non credenti”.   Ma non è assolutamente vero perché le due classi logiche dei “credenti” e dei  “non credenti” sono addirittura “spaccate tra loro dal  fossato emotivo e fattuale di codici decisionali consci ed inconsci assolutamente contrapposti.  

 

Il dialogo tra la classe dei credenti a  religioni integraliste  – ivi  compresa quella cattolica – con la classe dei fedeli alla sacralità delle leggi costituzionali dello Stato, come prioritario legame della comunità nazionale, è possibile solo nell’accettazione  del fatto che essere cittadini di una Repubblica democratica, e quindi laica,  è di livello logico superiore a quello della militanza nelle schiere  - spesso palesemente armate -  dei vari credi religiosi.   Negare la differenza tra questi due universi emotivi (consci ed inconsci),  relazionali  e fattuali è malafede o follia  ed  è possibile rendersene conto analizzando lo schema dei  fattori ideologici ed operativi della loro contrapposizione che qui di seguito si produce:

 - la classe dei credenti crede ed ubbidisce a verità rivelate ed immutabili sotto il “sacro” (cioè terrifico,  da sacer = terrifico), magistero della Chiesa. E questo perché tra l’istituzione chierica ed i suoi fedeli  si anima una relazione  transferale d’amore esplicito e di terrore inconscio,  che porta ad una pervasiva e reciproca sottomissione  più o meno acritica e sacrificale,  analoga a quella reale e fantasmatica che intercorre tra il bambino e sua madre.   Chiarisce questo concetto il sapere che la terrificità dell’immagine materna nasce dal fatto che, per il lattante,  l’assenza della madre non è vissuta come “assenza di bene”  bensì come “presenza di male” a causa della percezione del pericolo  di  morte da cui è invaso  quando  gli vengono a mancare il latte ed il  calore di lei: i neonati muoiono di marasma se privati del contatto fisico con la madre.  Da qui, credo, il timore inconscio delle persone a definirsi “non credenti”, perché sentono oscuramente di stare  contravvenendo alla volontà dell’istituzione Madre Chiesa di cui è pervasa la nostra cultura,  oltretutto trasmessaci con l’ingiunzione paradossale del  “dover aver fede”.   E qui facciamo riferimento al transfert di affetti di amore e di odio  del bambino verso la madre,  analogo a quello che  si anima nel rapporto  tra i  cittadini (credenti e non credenti) e la Santa Madre Chiesa.   Esso costituisce un macroscopico esempio del  paradigma dell’isomorfismo delle strutture affettive decisionali tra i micro ed i macrosistemi relazionali,  come strumento prezioso per la messa a fuoco delle emozioni inconsce che pervadono, sempre, le vicende politiche e che - se non evidenziate e sottoposte al  giudizio razionale -  bloccano i processi decisionali del singolo e de macrosistemi.

- la classe dei NON credenti che crede alla “sacralità” delle leggi costitutive degli Stati, come espressione di un  patto interumano,   stabilito democraticamente dagli uomini,  improntato al modello della relazione paritetica tra adulti. Fermo restando -  nel privato di ognuno -  vivere ubbidendo ai valori religiosi della religione prescelta: senza pretendere di agire la violenza di imporli ad altri.

In sostanza, tornando a parlare dell’universo emotivo dei credenti,   occorre rilevare ed onestamente ammettere  che la Chiesa (la Santa “Madre” Chiesa)  si batte per mantenere con i suoi fedeli/credenti/figli/bambini  un rapporto in cui si propone come eterno genitore il quale,   ove  i figli decidono di  mangiare i frutti dell’albero della conoscenza  vengono puniti con la cacciata dal paradiso dell’appartenenza/sicurezza del suo grembo.

 

Credo  quindi di poter affermare  che da noi si verifica lo stesso  fenomeno psicosociale che  Galli della Loggia denuncia essere presente nei paesi a cultura islamica  con la inconfutabile conseguenza che non possiamo curare negli altri un “male” che è presente, irrisolto, anche dentro di noi. E’ una “malattia psicopolitica” che va curata, responsabilmente,  con un intervento semplice e complesso ad un tempo, che risolva il baratro assurdo,  patologico e patogeno,  tra “il dichiarato” e  “l’agito” circa  il rispetto dei valori della nostra Costituzione.  

 

Papa Bergoglio sembra voler portare avanti l’immane compito di ricondurre la Chiesa alla regola francescana della povertà, avendo contro  i  “principi della Chiesa” cui il popolino d’altri tempi aveva  permesso le più smodate nefandezze lasciandosi atterrire dalle pene terrene ed eterne nonchè  sedurre dalla promessa di un  paradiso  garantito ai poveri.    Oggi, paradossalmente,  è proprio la compresenza sempre più significativa  di una pluralità di confessioni religiose  -  cui lo Stato ha il compito di garantire parità di diritti -  che costringerà  sia  la nostra Repubblica democratica  che la Santa Sede ad osservare ed a fare osservare il principio della  laicità come principio supremo del suo ordinamento pluralista. 

 

È pertanto urgente  che questo fondamentale cambiamento culturale ed istituzionale  venga gestito attraverso  un potente, capillare “progetto di comunicazione interna”, promosso  armoniosamente sia dai vertici istituzionali chierici che da quelli laici, consapevoli di quanto sia facile cadere in comunicazioni ambigue, perdendo la preziosa, laica  e democratica equidistanza  rispetto a tutti  i credi religiosi, come prescritto dalla nostra Costituzione. 

 

Urge, per le possibilità di vita dell’intera umanità, che essa acquisisca la consapevolezza che  non può più permettersi il “lusso” di fare guerre, magari all’insegna di religioni, dal momento che, nell’era atomica,  non è dato  uccidere il nemico senza distruggere, inesorabilmente,  anche se stessi.  Da qui il prosperare dei terrorismi come alternativa alla guerra… atomica,  quando forse non ci rendiamo abbastanza conto che l’umanità sta vivendo  nell’era atomica.

 


 

 

 

 

 


 

 


 

Direttore Responsabile: Maria Mantello
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