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Associazione Nazionale del Libero Pensiero "Giordano Bruno" |
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Dobbiamo combattere i fascisti
islamici di Daesh di Hilary Benn
Riportiamo il testo del discorso del ministro degli Esteri
del governo ombra laburista , pronunciato il 2 dicembre Grazie Mr Speaker. Prima di rispondere al dibattito, vorrei dire una cosa al primo ministro: pure se io e il mio amico e leader dell’opposizione (Jeremy Corbyn, ndr) andremo in direzioni diverse questa sera, sono fiero di parlare dalla stessa Despatch Box (il podio da cui si tengono i discorsi parlamentari) in cui ha parlato lui. Il leader del Labour non è un “simpatizzante dei terroristi”, è onesto, ha dei princìpi, è un uomo di grande dignità e credo che il primo ministra debba rammaricarsi di quel che ha detto e di quel che non è riuscito a fare oggi, che sarebbe stato semplicemente dire: “I’m sorry” .
Ora Mr Speaker,
abbiamo assistito a un dibattito intenso e appassionato, e
questo è giusto considerata la chiara e imminente minaccia
proveniente da Daesh, considerata la gravità della decisione
che abbiamo sulle spalle e sulle coscienze e considerate le
vite che teniamo per mano questa sera. Qualsiasi decisione
raggiungeremo, spero che ci tratteremo tutti con rispetto.
Abbiamo ascoltato discorsi bellissimi e mi dispiace non
averli potuti seguire tutti. La domanda cui dobbiamo
rispondere in questo conflitto davvero molto complesso è al
suo cuore molto semplice. Che cosa dobbiamo fare, assieme
agli altri, per affrontare una minaccia per i nostri
cittadini, il nostro paese, gli altri paesi e le persone che
soffrono sotto il giogo, il crudele giogo, di Daesh? Il
massacro a Parigi ci ha portato in casa il pericolo chiaro e
attuale che ci pone Daesh. Sarebbe potuto accadere a Londra,
Glasgow, Leeds o Birmingham, e ancora può accadere. Penso
che abbiamo il dovere morale e pratico di estendere le
operazioni militari che già facciamo in Iraq anche alla
Siria. Sono anche convinto, e lo dico ai miei colleghi, che
le condizioni poste nella risoluzione d’emergenza adottata
dal Labour alla conferenza di partito di settembre sono
soddisfatte. C’è una
risoluzione dell’Onu chiara e senza ambiguità, la 2249,
paragrafo 5, che chiede specificatamente agli stati membri
di adottare tutte le misure necessarie per raddoppiare e
coordinare gli sforzi in modo da prevenire e sopprimere atti
terroristici commessi dallo Stato islamico, e per sradicare
le roccaforti che Daesh ha creato in molte parti dell’Iraq e
della Siria. Le Nazioni Unite
ci chiedono di fare qualcosa. E ci chiedono di farlo ora. Ci
chiedono di operare in Siria come già facciamo in Iraq. E fu
un governo laburista che contribuì alla fondazione delle
Nazioni Unite alla fine della Seconda guerra mondiale.
Perché lo facemmo? Perché volevamo che i paesi di tutto il
mondo, lavorando assieme, potessero gestire le minacce alla
pace e alla sicurezza internazionale – e Daesh è senza
dubbio questa minaccia. Visto che le
Nazioni Unite hanno adottato questa risoluzione, visto che
tale azione sarebbe legale sotto l’articolo 51 dello statuto
dell’Onu – perché ogni stato ha il diritto di difendere se
stesso – perché non dovremmo seguire la volontà stabilita
dall’Onu, soprattutto nel momento in cui c’è un sostegno
nella regione, compreso l’Iraq? Siamo parte di una
coalizione di 60 paesi che lavorano assieme spalla a spalla
per opporsi all’ideologia e alla brutalità di Daesh. Ora Mr Speaker,
tutti capiamo l’importanza di porre fine alla guerra civile
in Siria e ci sono alcuni progressi in corso grazie al
negoziato di Vienna. Ci sono buone possibilità di ottenere
almeno un cessate il fuoco. Questo potrebbe portare alla
fine dei bombardamenti di Assad, a un governo di transizione
e alle elezioni. Perché è vitale tutto ciò? Perché aiuterà a
sconfiggere Daesh e perché potrebbe permettere ai milioni di
siriani che sono stati costretti a scappare di fare quel che
ogni rifugiato sogna: avere la possibilità di tornare a
casa. Ora Mr Speaker,
nessuno in questo dibattito parlamentare mette in dubbio la
minaccia seria di Daesh e delle sue azioni, anche se a volte
ci risulta difficile convivere con questa realtà. Sappiamo
che in giugno quattro omosessuali sono stati buttati giù dal
quinto piano di un palazzo a Deir ez-Zor, in Siria. Sappiamo
che in agosto l’ottantaduenne direttore del sito
archeologico di Palmira, il professore Khaled al Assad, è
stato decapitato, e il suo corpo senza testa è stato appeso
a un semaforo. Sappiamo che nelle ultime settimane è stata
scoperta una fossa comune a Sinjar, vicino a Mosul, con i
corpi delle donne yazide più anziane uccise da Daesh perché
erano troppo vecchie per essere vendute come schiave del
sesso. Sappiamo che hanno ucciso 30 turisti inglesi in
Tunisia, 224 vacanzieri russi su un aereo, 178 persone in
attentati suicidi a Beirut, Ankara e Suruç, 130 persone a
Parigi compresi i ragazzi al Bataclan che Daesh, per
giustificare il massacro sanguinoso, ha definito “infedeli
dediti alla prostituzione e al vizio”. Se fosse accaduto
qui, quelli sarebbero stati i nostri figli. E sappiamo che
Daesh sta organizzando nuovi attacchi. Allora la
domanda per ognuno di noi, e per la nostra sicurezza
nazionale, è: visto che sappiamo cosa stanno facendo,
possiamo davvero tirarci indietro e rifiutarci di agire per
difenderci contro chi sta pianificando questi attacchi?
Possiamo davvero lasciare agli altri la responsabilità di
difendere la nostra sicurezza, quando la responsabilità è
nostra? E se non facciamo nulla, che messaggio invieremo
riguardo alla nostra solidarietà verso quei paesi che stanno
soffrendo molto, compresi l’Iraq e la Francia nostra
alleata? La Francia ci
chiede di stare con lei e il presidente Hollande, leader del
Partito socialista nostro fratello, ci ha chiesto assistenza
e aiuto. Visto che stiamo facendo blitz aerei in Iraq dove
Daesh sta un po’ indietreggiando e stiamo già facendo tutto
il possibile tranne gli strike in Siria, non dovremmo farla
tutta, la nostra parte? Si è detto nel
dibattito che gli attacchi aerei non servono a niente. Non è
vero. Guardate come è stata contenuta la lunga marcia di
Daesh in Iraq. La Camera ricorderà che, 14 mesi fa, si
diceva: “Sono quasi arrivati a Baghdad”. Ed è per questo che
abbiamo votato, per rispondere alla richiesta del governo
iracheno di aiutarli a combattere. Guardate come la capacità
militare di Daesh e la sua libertà di movimento è stata
messa sotto pressione. Chiedete ai curdi di Sinjar e di
Kobane. Gli airstrike da soli non sconfiggeranno Daesh, ma
fanno la differenza. Perché stanno complicando la strategia
di Daesh, e gli impediscono di allargare il suo stato.
Condivido la preoccupazione espressa da molti sulle vittime
civili. Però, a parte Daesh, nessuno di noi opera con
l’intento di far male ai civili. Anzi, operiamo per
proteggere i civili da Daesh, che se la prende con gli
innocenti. Sulla
discussione sui “boots on the ground”, c’è stato molto
dibattito sui 70 mila uomini sul campo e credo che il
governo debba spiegare meglio questo numero. Ma sappiamo che
la maggior parte di questi sta già combattendo contro Assad.
Ma vi dico un’altra cosa che sappiamo, ed è che qualsiasi
sia il numero – 70, 40, 80 mila – più aspettiamo a
intervenire più Daesh ridurrà la dimensione delle forze di
opposizione. Per questo dire che gli airstrike non devono
essere fatti finché la guerra civile siriana non è terminata
significa ignorare l’urgenza della minaccia terroristica che
Daesh pone a noi e a tutti, e credo che falsifichi la natura
e gli obiettivi che l’ampliamento delle operazioni aeree si
propone. E dunque dobbiamo prendere l’iniziativa. Non c’è
alcuna contraddizione con il tentativo di tagliare
finanziamenti, armi e combattenti a Daesh, e certo dobbiamo
dare aiuto umanitario, e certo dobbiamo dare riparo ai
rifugiati, anche qui da noi, e certo dobbiamo impegnarci a
fare la nostra parte per aiutare la ricostruzione della
Siria una volta che la guerra sarà finita. Ora, so che ci
sono argomenti legittimi, e li abbiamo sentiti durante il
dibattito, sul non prendere l’iniziativa adesso. Ed è chiaro
che molti parlamentari sono combattuti, e lo saranno ancora,
su quale sia la cosa giusta da fare. Ma io dico che la
minaccia è adesso, e raramente, se non mai, esistono le
circostanze perfette in cui fare un’operazione militare.
Abbiamo ascoltato prima il discorso della parlamentare di
Eddisbury (la conservatrice Antoinette Sandbach, ndr),
quando ha citato il passaggio, e vorrei rileggerlo, di quel
che il rappresentante del governo del Kurdistan a Londra,
Karwan Jamal Tahi, ha detto la scorsa settimana: “A giugno,
Daesh ha catturato un terzo dell’Iraq nel giro di una notte
e in pochi mesi ha attaccato la regione del Kurdistan. I
bombardamenti del Regno Unito, dell’America e della Francia,
e le azioni dei nostri peshmerga, ci hanno salvato. Ora
condividiamo un confine di Ora Mr Speaker,
spero che la Camera mi conceda ancora un attimo, perché
vorrei parlare direttamente ai colleghi del mio
schieramento. Come partito ci siamo sempre caratterizzati
per il nostro internazionalismo. Siamo convinti di avere
responsabilità uno verso l’altro. Non abbiamo mai voluto né
dovuto andare dall’altra parte della strada. E qui di fronte
a noi ci sono dei fascisti. Non c’è solo la loro brutalità
calcolata, ma la loro convinzione di essere superiori a
ognuno di noi qui stasera e alle persone che rappresentiamo.
Ci disprezzano. Disprezzano i nostri valori. Disprezzano la
nostra fiducia nella tolleranza e nella dignità. Disprezzano
la nostra democrazia, questi strumenti stessi che usiamo
stasera per prendere una decisione. E se c’è una cosa che
sappiamo dei fascisti è che devono essere battuti. E’ il
motivo per cui questa sera qualcuno ha ricordato che i
sindacalisti e altri si unirono alla Brigata internazionale
contro Franco negli anni Trenta. E’ il motivo per cui questa
intera Camera si oppose a Hitler e a Mussolini. E’ il motivo
per cui il nostro partito è sempre stato contro chi nega i
diritti umani e la giustizia. E io penso, Mr Speaker, che
dobbiamo affrontare questo Male. E’ il momento di fare la
nostra parte in Siria. Così chiedo ai miei colleghi di
votare per la mozione, questa sera.
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