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Associazione Nazionale del Libero Pensiero "Giordano Bruno" |
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Le tasse sugli immobili dividono anche la Chiesa di Massimo Teodori *
Quando a luglio il tribunale di Livorno ha sentenziato che due scuole cattoliche dovevano pagare l’Imu, si è levata la protesta dei parlamentari filo-clericali e dei vescovi che con monsignor Galantino dichiaravano trattarsi di «una decisione ideologica che intacca la libertà di coscienza».
Ora papa Francesco ha proclamato che se i conventi sono trasformati in hotel o altre attività a scopo di lucro devono pagare le tasse come qualsiasi altra persona.
La disciplina entrata in vigore con il nuovo Concordato e la legge sui beni ed enti ecclesiastici del 1985 ha stabilito che fossero «esenti dalla tassazione solo le attività di religione dirette all’esercizio del culto e della cura delle anime», mentre sono assoggettate alle normali leggi civili «le attività diverse di assistenza e beneficenza, istruzione, educazione e cultura e, in ogni caso, le attività commerciali».
Ma le gerarchie ecclesiastiche e buona parte dei politici di destra, centro e sinistra non hanno mai accettato questa legge concordata dallo Stato con la Santa Sede, e hanno fatto ricorso ad ogni sorta di escamotage per sottrarre allo Stato miliardi di euro nonostante l’8 per mille versi ogni anno alla Chiesa oltre un miliardo.
Negli ultimi vent’anni i governi Berlusconi, Prodi, Monti e Letta hanno chiuso un occhio permettendo, pur se in gradi diversi, l’evasione legalizzata: così nel 2011 l’Unione Europea ha aperto una procedura di multa, peraltro mai sanata.
La questione materiale e morale non è di poco conto. Il patrimonio immobiliare della Santa Sede comprensivo di scuole, alberghi ed altro è immenso; a Roma una struttura ricettiva su quattro appartiene alla Chiesa che evade in maniera totale o parziale tasse come Imu e Tasi senza che il Comune alzi un dito.
Anche il governo Renzi, finora, non ha agito come i predecessori, e all’orizzonte non si vedono iniziative capaci di ripristinare la legalità fiscale.
La coraggiosa svolta di Francesco sembra non avere inciso in Italia sui rapporti tra Stato e Chiesa per tutto quel che riguarda i privilegi materiali. E i politici d’ogni colore stanno a guardare.
*Corriere della sera, 18 settembre 2015
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