Associazione Nazionale del Libero Pensiero "Giordano Bruno"

 

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ASSOCIAZIONE NAZIONALE DEL LIBERO PENSIERO "GIORDANO BRUNO" 

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Mattarella non fa onore alle donne

Mattarella non fa onore alle donne

 

di Maria Mantello

 

Mattar non fa onore alle donne

Palazzo del Quirinale, 7 marzo, cerimonia per la Giornata internazionale della donna. Ad inaugurarla il presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Si rivolge a tutte le donne d’Italia: «siete milioni di professioniste, di docenti, di casalinghe, di lavoratrici dipendenti, di imprenditrici, di disoccupate, di madri, di nonne e di ragazze. Donne consapevoli, che badano all'essenziale e a ciò che è bello, spesso alla difficile ricerca di una compatibilità tra il lavoro e la famiglia».

 

Sono fastidita per questo esordio del discorso presidenziale che, nella sua combinazione, pone l’essere madre e nonna alla stregua di una condizione professionale. E mi chiedo: - Se si fosse trattato di uomini: - a professionisti impiegati, ecc. avrebbe aggiunto i “mestieri” di padri e nonni? -.

 

Archetipi maschilisti piovono dal Colle

Comincio a sospettare che il presidente della repubblica Mattarella si porti dietro il vizio di quell’archetipo di donna che malignamente alligna nell’immaginario collettivo di un patriarcato mai morto, e che dà per scontato che i doveri familiari dell’accudire siano una roba da donne.

E quindi alle donne – solo alle donne – la fatica di essere le equilibriste tra “naturale” lavoro in casa e fuori.

In questa mentalità sembrerebbe restare invischiato, ingabbiato Sergio Mattarella, presidente della Repubblica, garante della Costituzione e dell’impegno istituzionale alla rimozione degli ostacoli per l’affermazione di dignità e pari opportunità di ogni cittadino.

Seguo con attenzione il suo discorso, cerco disperatamente smentita al mio sospetto. Ma ecco che resto basita di fronte al successivo passaggio: «A voi, una società non bene organizzata affida il compito, delicato e fondamentale, di provvedere in maniera prevalente all'educazione dei figli e alla cura degli anziani e dei portatori di invalidità. Lo fate silenziosamente, a volte faticosamente».

Altro che silente, a me viene da urlare: - Come può allignare nel discorso del presidente non solo la pregiudiziale di una sacralizzata e ancestrale divisione sessista dei ruoli? E per giunta con sovrappiù di esaltazione martirologica della donna che accetta e sopporta in rassegnato silenzio il peso di un servaggio accreditato come socialmente strutturale? -.

Spero in qualche parola che aggiusti il tiro, che il presidente magari dica che si tratta di una mentalità che resiste, ma che è da rigettare e contrastare con tutta la forza e l’impegno istituzionale che si impone.

 

Eterno femminino e conservatorismo sociale

Niente! Afasia totale sulla tragedia di una organizzazione sociale che si regge sugli stereotipi di gerarchie sessiste il cui peso schiaccia le donne.

E resta ancor più pesante quel richiamo alla positività della pazienza (qualità ontologica della femmina?). Non viene infatti condannata con fermezza l’ingiustizia per la discriminazione di genere su cui la società si erge e regge. Anzi, in giochi linguistici di buonismo (matrice DC?) il presidente la definisce «una società non bene organizzata». Tuttavia in questa disorganizzazione un pilastro certo questa società lo ha: affidare alle donne il compito dell’accudimento. Incombenza nobile «compito, delicato e fondamentale». Ne dobbiamo essere onorate. Accidenti! Così lo sfruttamento viene trasformato in privilegio che “la favorita consenziente” esercita “naturalmente”!

Insomma, nate femmine, questo è il vostro ruolo «prevalente» che solo voi donne sapete svolgere... E la società ve lo riconosce (dialettica servo – padrone senza evoluzione?)

 

Servaggio strutturale e un bel “grazie” di benservito

E così la piramide sociale della gerarchia di genere si reitera e la cinghia di trasmissione ne sono le stesse donne che ne reggono il peso familiare e sociale.

Insomma, care donne, madri nonne spose sorelle... state allegre nella vostra “servitù consenziente”. Che volete farci, siete nate femmine. Così va il mondo, la società ve lo chiede (impone?). Una società, non ancora ben organizzata, ma si perfezionerà!

Manca solo, che nel clima di retorica dell’anniversario della Grande guerra ci si rifili a suggello un bel “Ve lo chiede la Patria!”.

E non manca lo zuccherino di benservito: Grazie, grazie, grazie ragazze per quel che fate (dovete?): «Dovremmo ricordarlo costantemente – aggiunge infatti il presidente - E non dovremmo smettere mai di ringraziarvi».

Raffinata (crudele?) gentilezza! La società gerarchicamente sessista che senza il sacrificio delle silenti crollerebbe vi ringrazia!

 

Non ci stiamo

Altro che silenzio, altro che sacrificio, le donne italiane, sono molto più avanti.

E urlano le loro rivendicazioni e lottano nella quotidianità per affermarle. Da tempo hanno preso coscienza dei loro diritti e non si fanno certo incantare dalla melensa stereotipia sessista inzuppata nell’acquasantiera del fiat mariano che piove adesso anche dal Colle più alto.

Le donne italiane non sono lo scodella - spadella  o il cura - consola che finanche dalle pubblicità sta scomparendo.

Le donne italiane – ricordiamolo - si sono svegliate da tempo e se certi privilegiati che credono di fare la rivoluzione solo perché usano l’utilitaria, facessero una vita da cittadino/cittadina normale (prendendo mezzi pubblici, facendo la fila per le bollette, la spesa, ecc. forse si sarebbero accorti che oltre le mura delle loro ovattate dimore, la rivoluzione femminista è penetrata più a fondo di quanto non si voglia far credere. E i suoi germogli continuano a fiorire nella società reale , tra le giovani generazioni proprio perché ci sono sempre più donne che ogni giorno con coraggio e serena lucidità continuano a la pacifica lotta per l’emancipazione, l’autonomia, l’autodeterminazione!

E queste donne sono talmente generose che la pretendono per ciascuno e per tutti.

Perché uomini e donne camminino davvero insieme. In pace e serenità nel riconoscimento reciproco del fondamentale diritto umano alla dignità.

Dignità, parola chiave della nostra Costituzione, perché sul suo rispetto si misura la reale appartenenza alla cittadinanza come individui liberi e uguali.

 

anche su Micromega.net 10 marzo 2015

 

 

 

 

 

 

 

 


 

 


 

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Webmaster: Carlo Anibaldi 

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