Associazione Nazionale del Libero Pensiero "Giordano Bruno"

 

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ASSOCIAZIONE NAZIONALE DEL LIBERO PENSIERO "GIORDANO BRUNO" 

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VINAI VS FARINELLA... Bagnasco si defila
di Paolo Farinella

Genova 18 novembre 2013. – Il giorno 12 novembre sono andato in tribunale per rispondere dell’accusa di Pierluigi Vinai contro di me «per diffamazione a mezzo stampa». Dopo due ore di attesa ci siamo sentiti dire: «Bene, è tutto rimandato al 4 di febbraio 2014». Il giudice scrive tutto a mano, rigorosamente a mano. Dico io: bastava una e-mail ai due avvocati e si finiva lì, senza perdere denaro, tempo, salute, energie? Come può salvarsi uno Stato se un tribunale che deve smistare milioni di cause scrive ancora tutto a mano?

Veniamo al merito. Vinai Pierluigi, già candidato sindaco (ma trombato) a Genova, dice e si vanta di essere cattolico. Non ne fa punto mistero. Affari suoi, ma se lo dice in pubblico e si presenta come candidato di un partito pieno di corrotti, delinquenti, condannati, inquisiti e per giunta presentato alla stampa e all’opinione pubblica dall’inquisito Scajola, cattolico sedicente anche lui, allora mi salta la moscatze-tze al naso e oso dire che non è coerente e non può essere cattolico, in base alla morale e alla dottrina sociale della Chiesa.

Per risolvere il dilemma, il mio avvocato valuta l’idea di citare come periti il cardinale Angelo Bagnasco, vescovo di Genova e presidente della Cei insieme al Vicario Giudiziale del Tribunale Ecclesiastico Ligure, mons. Paolo Rigon. Non testi di parte perché non devono (né potrebbero) giudicare sulla moralità delle persone, ma in quanto esperti di dottrina della Chiesa, devono solo dire se un cattolico che si dichiara tale pubblicamente può  militare in un partito di delinquenti, ricattatori, evasori, puttanieri, ladri, visto e considerato che il capo stesso è stato condannato per evasione fiscale in 3° grado e il padrino di Vinai, Scajola, è stato indagato per tangenti sulla casa con vista sul Colosseo e ora anche per abusi nella sua villa di Imperia e per possesso di anfore romane di dubbia origine.

Purtroppo la lista dei periti è stata il giorno 5 invece che il giorno 4 per cui il pubblico ministero ha eccepito sulla «scadenza dei termini». Siccome la questione non è dirimente perché i periti possono essere introdotti in qualsiasi momento, a giudizio del giudice, questi, giustamente, si è riservato di valutare nell’udienza del 4 febbraio, dopo avere sentito la parte lesa. Spero che dopo avere sentito il Vinai, voglia anche sentire me.

Io insisto, anche perché sulla piazza di Genova, sia al tempo delle elezioni, sia ancora oggi, si dice che il cardinale non sia estraneo alla candidatura di Vinai. Se le cose stanno così, io sono disorientato e voglio capire da che parte stare: se un cattolico, o sedicente tale, può stare in un partito con Berlusconi, frodatore, delinquente, trafficante di escort, induttore di minorenni alla prostituzione, uomo immorale sotto ogni profilo e controfilo, vuol dire che io sono fuori posto e dove c’è un cattolico così non posso esserci io; se un cattolico non può militare o rappresentare un partito così descritto, allora mi chiedo dove andrà il cardinale se veramente lo ha indotto a candidarsi perché è chiaro che né Vinai né il cardinale possono stare nella stessa chiesa dove sono io.

La questione è complessa, ma è chiara e si chiama coerenza nella verità. Si può girare attorno, come si vuole, ma il nocciolo della questione è questo e terrò punto su di esso. Il mio avvocato, ancora il giorno 12 novembre 2013 prima che cominciasse la seduta mi ha detto che gli è stato detto che se io chiedessi scusa pubblicamente … La questione non si pone perché non è più un fatto privato tra Vinai e me, ormai la questione è dottrinale, è teologica, è morale e coinvolge tutte le persone che ne hanno tratto scandalo o che pensavano di trarne beneficio.

Io voglio chiarezza: se Vinai può rappresentare il partito di Berlusconi, in quanto cattolico conclamato, senza che il cardinale lo riprenda, allora lo stesso cardinale deve avere il coraggio di sanzionarmi o anche ridurmi allo stato laicale, scomunciarmi per incompatibilità con la dottrina cattolica, l’ortodossia della fede e la condotta di Berlusconi e dei suoi tirapiedi che a questo punto diventa modello di santità.

Colgo l’occasione per ringrazia le persone che mi hanno scritto da Imperia e Savona e quelle che mi hanno inviato e-mail o sono venuti a parlarmi direttamente, raccontandomi fatti e situazioni che li hanno visti protagonisti in vicende con Vinai. Essi dichiarano di essere disposte a venire a testimoniare fisicamente in tribunale e a raccontare quello che hanno vissuto di persona. E’ evidente che queste testimonianze mi farebbero comodo, anzi molto comodo, ma insieme con il mio avvocato, abbiamo deciso di non utilizzarle perché non sarebbe corretto, pur avendone un beneficio immediato (almeno noi lo pensiamo). Poiché la quaestio, come io ritengo, è di valenza teorica, teologica e morale, voglio che resti inchiodata a quel livello e non voglio percorrere scorciatoie. Non mi interessa sapere chi è Vinai o chi è stato (di questo me ne occuperò a tempo debito), a me interessa solo sapere se ho detto il vero o se ho detto il falso e se la questione che io pongo è determinante per un credente oppure no.

Penso che il giudice abbia un compito delicato e possa fare giurisprudenza perché in gioco c’è la laicità dello Stato, la separazione tra Stato e Chiesa, l’uso improprio della religione in campagna elettorale e il millantato credito: dire di essere cattolici e poi fare il contrario di ciò che esigono le regole e i codici morali della dottrina cattolica.

Il cardinale Bagnasco ha messo un avvocato per dire che farà di tutto per non venire, trincerandosi dietro «il segreto professionale», ma deve sapere che nessuno gli chiederà di dare un giudizio e non deve nemmeno testimoniare a mio favore. Ci mancherebbe! E non sono così perverso da chiedergli un cotanto sforzo da infarto. Egli deve solo rispondere ad una «quaestio disputata». Si puote o non si puote? We can? o We can not? Né più né meno.

A queste persone che sarebbero disposte a mettere in gioco la propria faccia per uno come me che conoscono solo di nome e non direttamente, dico grazie di cuore e con tutta la mia riconsocenza, ma la mia correttezza non mi permette di usufruirne. A chi invece mi ha scritto, mandandomi anche documenti e fatti circostanziati, garantisco che custodirò tali documenti con cura, ma per lo stesso motivo, non saranno resi pubblici.

Ps. Sulla coscienza di Pierluigi Vinai grava anche l’interdetto dell’apostolo Paolo che nella prima lettera ai Corinzi vieta ad un credente, se è tale, di portare un altro credente davanti ad un tribunale civile:

 

«1Quando uno di voi è in lite con un altro, osa forse appellarsi al giudizio degli ingiusti anziché dei santi?  2Non sapete che i santi giudicheranno il mondo? E se siete voi a giudicare il mondo, siete forse indegni di giudizi di minore importanza? 3Non sapete che giudicheremo gli angeli? Quanto più le cose di questa vita!

4Se dunque siete in lite per cose di questo mondo, voi prendete a giudici gente che non ha autorità nella Chiesa? 5Lo dico per vostra vergogna! Sicché non vi sarebbe nessuna persona saggia tra voi, che possa fare da arbitro tra fratello e fratello? 6Anzi, un fratello viene chiamato in giudizio dal fratello, e per di più davanti a non credenti! 7È già per voi una sconfitta avere liti tra voi! Perché non subire piuttosto ingiustizie? Perché non lasciarvi piuttosto privare di ciò che vi appartiene? 8Siete voi invece che commettete ingiustizie e rubate, e questo con i fratelli!» (1Cor 6,1-8).

 

San Paolo usa il linguaggio tecnico dei suoi tempi: «giusto» in senso biblico significa chi ha accettato la giustizia di Dio che si è rivelata in Cristo. Al suo tempo i tribunali erano tutti presieduti da persone non cristiane, che si scandalizzavano per il semplice fatto che i cristinai potessero ricorrere a loro per dirimere le questioni interne. Se Vinai fosse stato cattolico «tutto d’un pezzo» e nel senso del vangelo, avrebbe dovuto seguire la regola di Matteo 18:

 

«15Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; 16 se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. 17 Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano. 18In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo» (Mt 18,15-18).

 

In base al vangelo, se lui si fosse sentito offeso, avrebbe dovuto venire prima da me, a tu per tu, ed eventualmente dopo, andare dal vescovo e chiedere un incontro di chiarificazione. Se nulla fosse successo, allora poteva adire da cattolico al tribunale ecclesiastico e chiedere pubblica riparazione della sua onorabilità. Ricorrendo al tribunale civile, in sede penale, egli ha contraddetto il vangelo, anche «sine glossa».

Lo stesso dicasi per il cardinale Bagnasco. Gli ho scritto due lettere per avvertirlo della scelta del mio avvocato, affinché non venisse a sapere dalla stampa l’idea di essere citato come perito. Per due volte, silenzio. Ne prendo atto, ma ora una risposta è necessaria, è obbligatoria, è tassativa. Nessuno può sottrarsi al servizio della Verità.

 

 


 

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