Associazione Nazionale del Libero Pensiero "Giordano Bruno"

 

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ASSOCIAZIONE NAZIONALE DEL LIBERO PENSIERO "GIORDANO BRUNO" 

Fondata nel 1906

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18 ore gli sembran poche...

di Alvaro Belardinelli

 

Ci avevano già provato nel 2001. Pochi se ne ricordano, ma la Moratti, all’epoca ministro dell’Istruzione, voleva fin da allora far stare in classe i Docenti per ventiquattr’ore settimanali. I sindacati confederali traccheggiavano. Non erano forse loro a dire da tempo che gli insegnanti dovevano essere “più produttivi”? la cosiddetta “autonomia” non aveva già dall’anno prima messo “sul mercato” le “scuole-azienda”? Scioperò solo l’Unicobas (il 19 ottobre) e il provvedimento fu ritirato.

Dopo undici anni è il Governo del Professor Monti a riprovarci, con una semplice legge finanziaria (elegantemente definita “legge di stabilità”): “A decorrere dal 10 settembre 2013 l’orario di servizio del personale docente della scuola primaria e secondaria di primo e di secondo grado, incluso quello di sostegno, è di 24 ore settimanali.”. Sic. Non serve altro. Docenti, siate responsabili: dovete lavorare “di più”. Non meglio, “di più”. E non chiedete soldi, ché ve ne diamo pure troppi, per quello che fate (Brunetta docet).

“Bisogna portare il livello di impegno dei docenti sugli standard dell'Europa occidentale: la scelta di governo toglierà spazio a molte supplenze (sia quelle brevi che i cosiddetti spezzoni) e con il risparmio ottenuto si gireranno risorse sull'edilizia scolastica e sulla formazione dei docenti”. Le ispirate parole del Ministro Profumo (quello che vuol trattare i prof a bastone e carota) sono musica per l’opinione pubblica italiota, dopo tre decenni di lavaggio del cervello e di fango scaraventato sui Docenti “fannulloni e incompetenti”, che “lavorano solo diciotto ore”. Gli Italioti pensano in buona fede che il problema del Paese non siano le mafie, i politici corrotti e corruttori, l’evasione fiscale e gli sprechi, ma gli insegnanti, che “lavorano solo diciotto ore” e “hanno troppe vacanze”. Eppure in nessun Paese della UE i Docenti lavorano in classe ventiquattr’ore: la media europea è 19,6 ore per le Primarie, 18,1 per le Secondarie di primo grado, 16,3 per le Secondarie di secondo grado. In Grecia e in Francia i Docenti delle Superiori passano in classe solo quattordici ore. E tutti i loro stipendi sono superiori a quelli italiani, e di parecchio (tranne, forse, in Grecia e in Portogallo). Il buon Profumo se la ride alle nostre spalle (e Brunetta certo non piange, visti i copiosi frutti del suo magistero).

Abituati a perdere

Molte sconfitte sono state digerite dai Docenti: professionisti in massima parte seri e competenti, ma illusi di poter vivere come monadi, quasi il peggio toccasse sempre e solo al collega. Questo peggio però il prof medio proprio non se l’aspettava. Ora bisogna fare i conti con la realtà e decidere se tornare alla lotta, accettandone conseguenze e sacrifici, o ingoiare ancora una volta.

Il boccone tuttavia, nonché troppo amaro, stavolta è davvero tossico. Difficile leggere sui giornali la verità: cioè che già attualmente (con diciotto ore settimanali in aula) i Docenti italiani sono oberati di lavoro. Infatti ad ogni ora di lezione mattutina ne corrisponde almeno una pomeridiana, per preparare lezioni, compiti e verifiche (a meno di non propinare una semplice lettura del libro di testo, spesso banale e scontato). Poi ci sono le ore e ore settimanali per correggere i medesimi compiti e verifiche: ore non quantificabili, perché dipendono dal numero di classi e dal numero di alunni per classe; classi e alunni in crescita esponenziale, grazie ai tagli mascherati da “riforma” e al conseguente “riordino” (leggasi spezzatino) delle classi di concorso. Poi ci sono le riunioni: collegi dei Docenti (in alcune scuole dieci-dodici l’anno, di ore ed ore ciascuno), consigli di classe (uno al mese per ogni classe), riunioni per materie, gruppi di lavoro sull’handicap. E poi gli insegnanti dovrebbero pure aggiornarsi, a proprie spese e fuori dall’orario di servizio. E poi ci sono le ore mattutine di ricevimento dei genitori (oltre le diciotto), e due o tre volte l’anno i ricevimenti pomeridiani.

Ignoranza simulata

Evidentemente il Ministro non sa che, se i prof lavorano anche di notte e di domenica, non è perché nei pomeriggi lavorativi vanno a spasso. Non sa nemmeno che i periodi di sospensione dell’attività didattica servono loro per correggere compiti e verifiche, per preparare lezioni, per studiare… insomma, per mandare avanti la Scuola, che sempre dalle spalle dei Docenti è stata sorretta; non certo da quelle, nerborute a chiacchiere, dei politicanti da strapazzo e dei “tecnici” dello smantellamento.

C’è di più: il capo del dicastero di Viale Trastevere non sa che dei famosi “tre mesi di vacanza” (o quattro o cinque, come si sente delirare nei bar e sugli autobus) resta ben poco, visto che, tra esami di Stato e “verifiche del giudizio sospeso”, molti Docenti non si godono le ferie nemmeno per i trentadue giorni di contratto.

Non lo sa: altrimenti non avrebbe offerto “quarantacinque giorni di ferie” in cambio delle sei ore settimanali d’insegnamento in più. O meglio: sa, ma finge di non sapere, antiquo Italico more. Sa pure che l’articolo 36 della Costituzione intima: “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa”. Il Ministro si mostrerebbe quindi più rispettoso della Costituzione e della decenza se riconoscesse che, aumentando l’orario lavorativo, bisogna aumentare proporzionalmente anche la paga.

Tanti, maledetti e subito

A pensar male si fa peccato. Ebbene, qualche maligno potrebbe sospettare che il problema di Profumo sia ben altro: ubbidire a Monti, il quale ubbidisce ai “mercati”: ossia a quel gorgo infernale in cui dettano legge banche di investimento, BOT, fondi pensione, gruppi di assicurazioni. Forse per far cassa occorreva razzolare subito un altro bel miliardo (altro che i 240 milioni dichiarati dal Ministro)? I soldi, tanti maledetti e subito, servivano forse anche per comprare quei magnifici bombardieri F-35 fabbricati dalla Lockheed Corporation (la multinazionale dello scandalo del 1976, che vide vari politici italici condannati per aver intascato mazzette volte a favorire l’acquisto degli aerei Hercules C-130)? Sicuramente son tutte illazioni malevole, cui è più prudente non prestare ascolto.

Certo è, comunque, che i caccia F-35, benché maledettamente costosi (circa il cinquanta per cento in più rispetto ai trenta miliardi di euro già preventivati tra acquisto e manutenzione), renderanno la Patria più muscolosa e temibile. Poco importa che nel marzo 2012 un documento della Corte dei conti americana abbia definito l’F-35 il più caro fallimento della storia militare degli Stati Uniti. Meglio far schiattare di lavoro gli insegnanti che rinunciare a un solo bombardiere.

Merito in salsa italiota

Del resto, dove cercare i soldi se non nella Scuola? Chi bastonare, se non la categoria meno sindacalizzata, meno cosciente di sé e meno riottosa? Nella migliore tradizione del Paese di Acchiappacitrulli, dove si onora il merito di furbi, evasori e speculatori di borsa, bisogna colpire la categoria cui è affidata la crescita culturale dei giovani e che ha il torto di esser composta da persone che hanno sempre amato lo studio.

Si farà cassa, quindi, illudendo gli Italioti che i tagli miglioreranno edilizia scolastica e “formazione” dei deformi prof. Primo risultato: un Docente ogni tre perderà il posto. In ogni scuola, per ciascuna classe di concorso, il venticinque per cento dei professori diverrà soprannumerario. Gran parte degli altri (difficile calcolarne il numero) avrà “cattedre” (termine ormai improprio) articolate su più scuole. Ogni insegnante dovrà gestire almeno una o due classi in più (trenta-sessanta alunni come minimo): che vuol dire, nella migliore delle ipotesi, dalle 180 verifiche annuali in su, oltre alle centinaia già corrette attualmente. Per ogni classe in più, ogni insegnante dovrà sobbarcarsi i relativi consigli di classe, ricevere i relativi 60 genitori, compilare le relative scartoffie. Insomma, un aggravio insostenibile. Altro che i 75 minuti in più al giorno millantati dal Ministro! Già 18 ore in classe comportano 40 ore di lavoro a settimana; ma è una stima al ribasso, soprattutto per materie come filosofia, fisica, geografia, greco, italiano, latino, lingue straniere, matematica, storia e via erudendo. Ora si supereranno le 50 ore di lavoro effettivo a settimana. Senza calcolare le riunioni varie, anch’esse in aumento vertiginoso con l’aumentare delle classi in cui ogni professore sarà impegnato.

Peggiorerà inoltre l’organizzazione delle scuole, perché gli spezzoni renderanno più difficile assemblare l’orario. I Docenti si dimentichino pure il giorno libero settimanale. Ventiquattr’ore a settimana significa quattro ore al giorno per sei giorni; o, se si è più fortunati, cinque ore per cinque giorni (compresa l’ora di ricevimento delle famiglie).

Un bel sopruso, che trasforma i Docenti italiani negli insegnanti più sovraccarichi del mondo occidentale, come galeotti inchiodati al remo. Finora, se non altro, erano soltanto i più sottopagati.

Scuole o caserme?

Non è, dunque, solo questione di giustizia (visto che, tra l’altro, il provvedimento governativo fa carta straccia di contratto e Costituzione). Non è solo un abuso, un atto d’imperio di marca autoritaria, degno dei più spregevoli e demagogici regimi stalinisti o fascisti (tutti accomunati dal disprezzo per intellettuali e pensatori liberi). L’aspetto più amaro di questo colpo di mano è che viene inferto alla Scuola Statale un ulteriore gravissimo e dispotico schiaffo, che fa il paio con il Ddl 953 (ex disegno di legge Aprea) sulla “Autonomia statutaria delle Istituzioni Scolastiche”. Infatti aumentare il carico di lavoro dei Docenti significa render loro la vita ancor più difficile, toglier loro il piacere d’insegnare e far cultura, limitarne il tempo e la libertà di migliorarsi e di crescere insieme ai propri studenti. Trasformata in caserma, la Scuola non può che snaturarsi. La produttività di un Docente non si misura col numero di scartoffie prodotte e di ore passate in classe. Anzi, aumentando i carichi lavorativi, il rendimento del Docente (ovvero la sua capacità di trasmettere strumenti e desiderio di conoscenza) non può che diminuire, al contrario di quanto accade in fabbrica o in ufficio.

Ne risentiranno, quindi, soprattutto gli studenti. Un fine intellettuale come il Professor Profumo (già Rettore del Politecnico di Torino) certamente non lo ignora. E non lo ignorano gli altri Professori universitari, che in aula trascorrono solo sei ore settimanali, con stipendi (ovviamente) ben più generosi. Del resto, si sa, loro non sono stati avviliti al ruolo impiegatizio, come invece è toccato ai Docenti delle scuole grazie ai sindacati “maggiormente rappresentativi” (degli interessi della controparte).

Difendere la Scuola, difendere la democrazia

È evidente, ormai, che lassù qualcuno non ama gli insegnanti italiani. Non li ama e non li stima, convinto com’è che essi siano ormai talmente istupiditi dalla propaganda da rinunciare a difendere i propri sacrosanti diritti.

D’altronde è anche evidente che, se i prof torneranno a lottare, la loro autodifesa tornerà utile non soltanto a loro, ma alla Scuola Statale italiana, da troppo tempo calunniata, vilipesa, impoverita. Istituita dalla Costituzione come strumento di democrazia, la Scuola Statale è stata capace di trasformare in pochi decenni l’Italia in un grande Paese moderno, da rurale e arretrata che era. La Scuola ha sconfitto l’analfabetismo, ha liberato tutti noi dalla superstizione e dall’ignoranza, ed ha insegnato a milioni di Italiani a ragionare criticamente, usando la propria intelligenza e sviluppando la propria capacità di giudizio.

Bisogna smascherare chi vuol colpire i Docenti per distruggere la Scuola Statale, istituzione democratica gratuita, laica, pluralista, garante di pari opportunità da Bolzano a Lampedusa, da Aosta a Lecce, da Trieste a Cagliari. È necessario denunciare le vere intenzioni di chi non ama la Scuola Statale perché non ama né democrazia, né libertà, né giustizia.

Devono prenderne coscienza non solo gli insegnanti, ma anche e soprattutto i genitori, gli studenti, i cittadini: difendere la Scuola Statale significa difendere l’ultimo baluardo della democrazia.

 

da Unicobas Notizie,novembre 2012 - n.° 71 anno 221 - anno 22

 

 

 


 

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