Sconfitta
la speculazione ora il nemico è la
povertà
di Guido Rossi
«La democrazia non esige uguaglianza
perfetta, ma richiede che i
cittadini condividano una vita
comune. Ciò che importa è che la
gente di diversi background e
posizioni sociali si incontrino e si
confrontino l'un l'altro nella vita
di tutti i giorni. È così che
sopportiamo le reciproche differenze
e arriviamo ad occuparci del bene
comune»
La decisione della Banca centrale
europea di approvare il piano di
acquisto di titoli di Stato dei
Paesi dell'Eurozona sul mercato
secondario, subordinandolo a precise
condizioni di rigore e al resto
delle modalità ben note, costituisce
senza dubbio alcuno un provvedimento
contro la speculazione finanziaria
atteso da tempo. Due osservazioni,
di fronte a questa decisione presa
col voto contrario del
rappresentante tedesco, tuttavia si
impongono.
La prima, che costituisce la più
rilevante obiezione a questa
importante funzione della Bce, è che
essa avrebbe in tal modo minato la
sua indipendenza dalla politica.
L'obiezione, soprattutto tedesca,
suona grossolana e fuorviante,
poiché semmai sono la politica
stessa e la democrazia degli Stati
deboli ad essere dipendenti ed
eterodirette, tra gli altri dalla
Banca centrale, che mantiene invece
una sua dignitosa indipendenza e che
esercita fortunatamente con decisa
autorità i suoi poteri.
La seconda osservazione, di molto
maggior rilievo, è che se questa
decisione può avere effetti benefici
contro la speculazione sui titoli di
Stato dei Paesi dell'euro,
certamente non costituisce alcun
passo in avanti per quella, invano
continuamente a parole ricercata,
unità politica dell'Europa, che
neppure per gradi si è finora
riusciti a raggiungere. Quest'ultima
considerazione ne porta purtroppo
con sé un'altra, provocata dal
Leviatano tecnico-burocratico che,
nel suo esercizio di potere nello
stato di eccezione, minaccia
tracolli e baratri, sottovaluta
completamente gli effetti nefasti di
una giustizia sociale sempre più
assente e quindi poco si occupa
della "nuova peste" incombente, la
quale ha due sinonimi fra loro
collegati: disoccupazione e povertà.
Il rischio povertà è ufficialmente
stato valutato dal l'Ocse e dalla
Commissione europea, nel corso della
conferenza "Jobs 4 Europe", tenutasi
il 6 e 7 settembre scorsi. Essi
hanno stimato in 116 milioni le
persone nei Paesi dell'Unione a
rischio povertà.
Non solo. Vi sono altresì 7,8
milioni di giovani tra i 15 e i 24
anni che non hanno impiego e che non
stanno studiando. Le percentuali in
Grecia, Spagna e Italia sono le più
alte di tutta l'area dell'Euro.
Le prospettive sono agghiaccianti,
tanto che nel discorso di apertura
Angel Gurrìa, il segretario generale
dell'Ocse, l'Organizzazione per la
cooperazione e lo sviluppo, si è
riferito ai giovani dichiarandoli
una «lost generation». Alla
disoccupazione e alla povertà così
estese in Europa i governi offrono
sacrifici e privazioni.
A questi dati ufficiali delle
istituzioni internazionali
corrispondono dichiarazioni di
importanti imprese europee tra le
quali il colosso anglo olandese
Unilever, il cui numero uno per gli
affari europei Jan Zijderveld, in
un'intervista di qualche giorno fa
al Financial Times, ha esordito
dicendo che «la povertà è tornata in
Europa», e che quindi «non ha senso
offrire mega pacchi di detersivo,
che costano al minimo metà del
budget giornaliero dei consumatori».
La conseguenza è che Unilever in
questa Europa dove le misure
adottate contro la crisi del debito
sovrano hanno gravemente colpito il
potere d'acquisto, nonché i metodi
di produzione e di distribuzione,
deve profondamente modificare questi
ultimi e renderli simili a quelli
che funzionano in grandi paesi
asiatici dove è scarso il potere
d'acquisto. Le strategie finora
seguite non servono più e gli esempi
che vengono fatti per andare
incontro alla riduzione dei consumi
sono stupefacenti.
Non diverse valutazioni emergono dal
"rapporto Coop 2012", leader
italiano della grande distribuzione.
Il rapporto evidenzia come in Italia
i redditi siano i più bassi
d'Europa, e per il suo Presidente
non vi sono dubbi che «per il
consumatore italiano è l'anno
peggiore dal dopoguerra». Nonostante
l'Italia sia l'unico paese in cui
diminuiscono i risparmi, i consumi
segnano un calo rispetto al picco
della crisi economica del 2009, con
un'ulteriore previsione al ribasso.
Si ripropone allora, per chi tiene
il governo della politica, oltre
alla necessità su cui abbiamo più
volte insistito, di lottare nel
perseguire una vera Unione politica
europea, di comunque, a evitare che
gli attuali cittadini d'Europa non
la rifiutino, promuovere politiche
di giustizia sociale. Queste devono
garantire, pur non trascurando
l'esaltato, ma spesso
nell'applicazione ingiusto criterio
della meritocrazia, non tanto il
mito degli uguali, ma i diritti
fondamentali garantiti da tutte le
Costituzioni a una vita dignitosa,
alla salute, al lavoro e alla
cultura.
Non mi resta allora che chiudere
citando la conclusione del recente
libro del filosofo dell'Univerità di
Harvard Michael J. Sandel «What
money can't buy» (2012): «La
democrazia non esige uguaglianza
perfetta, ma richiede che i
cittadini condividano una vita
comune. Ciò che importa è che la
gente di diversi background e
posizioni sociali si incontrino e si
confrontino l'un l'altro nella vita
di tutti i giorni. È così che
sopportiamo le reciproche differenze
e arriviamo ad occuparci del bene
comune».
Il Sole 24 Ore, 9 settembre 2012.