Le piaghe del Vaticano
di Alberto Statera
Una Vatican Connection, i cui fili uniscono in una trama ferrea
le inverecondie politico-affaristiche della prima e della
seconda Repubblica italiana. Senza dover tornare troppo indietro
fino a Sindona, all’Ambrosiano, alla P2 o al riciclaggio nel
Torrione di Niccolò V della tangente Enimont, madre di tutte le
tangenti della prima Repubblica, basta ripercorrere le vicende
che hanno segnato i tre lustri del berlusconismo per tracciare
un compendio quasi completo degli scandali italici transitati in
qualche modo nel Cortile di San Damaso. Dalla Protezione Civile
ai Grandi Eventi, dai Furbetti del Quartierino capitanati dal
pio legionario di Cristo Antonio Fazio, intimo del cardinal Gian
Battista Re, alla P3 e alla P4; dal San Raffaele di don Verzé al
grumo di interessi immobiliari di Propaganda Fide. In una folla
di cardinali e faccendieri, ministri e affaristi, Gentiluomini
di Sua Santità e bancarottieri, opuisdeisti e massoni, cilici e
compassi.
«Ma perché — arriva a chiedersi un prete di base come don Paolo
Farinella — il Vaticano appoggia sempre i corrotti, i
corruttori, i ladri e i manipolatori di coscienze? Perché si
affida a Gianni Letta, coordinatore della rete di corruttela?».
Sì, Gianni Letta, che il Segretario di Stato Tarcisio Bertone
definisce «il nostro ambasciatore presso lo Stato italiano», e
la sua corte di disinvolti grand commis, di generali felloni e
di spudorati faccendieri. Non solo il ben noto Luigi Bisignani
(che ha da poco patteggiato un anno e sette mesi di reclusione
per lo scandalo P4), il quale si occupò del lavaggio della
maxitangente Enimont e curava il conto “Omissis” di Giulio
Andreotti allo Ior, ma anche l’altra eminenza grigia dell’ultimo
decennio: il signore degli appalti truccati Angelo Balducci, il
Gentiluomo di Sua Santità versato non solo nella corruttela del
denaro e del potere, ma anche in quella indotta dalle sue
abitudini sessuali, che ha rivelato persino l’onta di un giro di
prostituzione maschile all’interno delle mura leonine, quelle
che difesero San Pietro dai musulmani. «Angelo — gli sussurrava
al telefono (registrato dai magistrati — ndr) il corista
vaticano che gli procurava la “merce” tra i seminaristi — non ti
dico altro: è alto due metri per 97 chili, 33 anni,
completamente attivo»; «Ho un tedesco appena arrivato o vuoi
stare col norvegese?».
Questo Balducci, presidente del Consiglio superiore dei lavori
pubblici prima dell’arresto e dell’espulsione dai Gentiluomini
di cui faceva parte già dal 1995, dieci anni prima di Gianni
Letta, titolare di un conto assai movimentato allo Ior, assurge
definitivamente a fiduciario vaticano in occasione del Giubileo
dell’anno 2000 al seguito del cardinale Crescenzio Sepe, oggi
arcivescovo di Napoli, indagato per corruzione, che lo nomina
supervisore delle ristrutturazioni e delle manutenzioni
dell’immenso patrimonio immobiliare di Propaganda Fide. Un
centro di potere e di affari opachi senza eguale. Ne fa una
sorta di agenzia immobiliare per i potenti a condizioni di
favore. Se un ministro come Pietro Lunardi vuole fare un
business sicuro, Balducci gli procura un palazzetto di mille
metri quadrati in via dei Prefetti a prezzo d’affezione. A chi
non compra, Propaganda Fide fornisce appartamenti nelle zone
storiche di Roma e Diego Anemone, l’imprenditore protagonista
tra l’altro dello scandalo degli appalti del G8 della Maddalena
(che comprò l’appartamento del ministro Scajola “a sua
insaputa”), costato agli italiani alcune centinaia di milioni di
euro, introdotto da anni in Vaticano da Balducci tramite
monsignor Francesco Camaldo, ex segretario del cardinale Ugo
Poletti e capo del cerimoniale pontificio, li ristruttura gratis
et amore Dei.
Intorno a lui, un sabba di prelati piuttosto sinistri. Da don
Piero Vergari, priore della Basilica di Sant’Apollinare (dove fu
sepolto il boss della banda della Magliana Enrico De Pedis)
indagato per il rapimento di Emanuela Orlandi, a don Evaldo
Biasini, economo dei missionari del Preziosissimo Sangue e
gestore della cassaforte nera di Anemone e Balducci.
È in una reggia concessa da Propaganda Fide, residenza di Bruno
Vespa e di Augusta Iannini nei pressi di piazza di Spagna, che
nel luglio 2010 il cardinal Bertone, ospite con Berlusconi,
Gianni Letta e Cesare Geronzi, cerca di convincere Pier
Ferdinando Casini a salvare il governo del Cavaliere e con lui
gli interessi della Chiesa. Sulla terrazza che guarda Roma c’è
anche l’allora governatore della Banca d’Italia Mario Draghi,
che forse capisce un po’ tardivamente di cosa si tratta e, con
una scusa, lascia il convivio appena può. Gli altri commensali
sono più intimi. Col segretario di Stato vaticano, che celebrò
le nozze di una delle sue figlie, Geronzi si da del tu.
Letta è Gentiluomo di Sua Santità, un’armata di uomini in frac e
collare d’oro, già denominati Cavalieri di Spada e Cappa, utili
per «tante nascoste mansioni», come disse papa Ratzinger
ricevendoli e non cogliendo l’allusione che, visti i fatti, in
italiano non risulta molto commendevole. L’ordine riunisce i
massimi dignitari laici della “famiglia pontificia”, per gran
parte italiani, un centinaio, non di rado inseguiti dalla
giustizia, come già capitò al massone Umberto Ortolani,
gentiluomo — si fa per dire — del Papa e al tempo stesso capo
della Loggia massonica P2 in condominio con Licio Gelli. Tre di
loro figurano oggi nel solo scandalo degli appalti per i Grandi
Eventi. Gli stranieri non elevano peraltro il tasso di moralità
del club, visto che vi figura, tra gli altri, Herbert Batliner,
il re delle fiduciarie offshore, coinvolto nella storia della
Banca Rasini, di cui fu direttore Luigi Berlusconi, papà dell’ex
premier, definita lo sportello della mafia e del Vaticano. E poi
rilevata da Gianpiero Fiorani, l’ex banchiere che faceva costosi
presenti alla consorte dell’ex pio governatore della Banca
d’Italia Antonio Fazio e, a suo dire, finanziava in nero il
cardinale Castillo Lara, i Legionari di Cristo e la Lega di
Bossi impantanata nello scandalo Credieuronord. Quanto a Guido
Bertolaso, per anni pilastro vanaglorioso del sistema
Letta-Bisignani- Balducci, pare che non figuri nella lista dei
pii uomini in frac, ma non aveva comunque problemi, con tutti
gli appalti che gestiva senza controlli, a ottenere dal
collaboratore Memores Domini del cardinal Sepe il quartierino in
via Giulia, ideale per i suoi massaggi alla schiena. Anche lui è
uno di famiglia: la sorella Marta è nel Campus biomedico
dell’Opus Dei, il fratello Emanuele nel Consiglio regionale per
l’Austria della prelatura.
Dagli appalti del G8 della Maddalena alla corruzione
internazionale di Finmeccanica. «Ieri sera ho parlato con
Bertone, mi ha chiamato lui al telefono», spara il massone
Valterino Lavitola, sedicente giornalista ed editore, curatore
di dossier diffamatori e faccendiere personale di Berlusconi e
dei suoi traffici di letto e di affari sporchi, oggi in galera,
al suo sodale “Ciccio” Colucci, ex socialista, questore
berlusconiano della Camera. Sostiene che vogliono farlo
sottosegretario o commissario straordinario per il terremoto in
Abruzzo. Dice che la Santanché «è invisa in Vaticano» e che il
Segretario di Stato si sta spendendo per questo a suo favore con
il gentiluomo Letta. «Assurdità che rasenta il ridicolo»,
replica la Segreteria di Stato quando esce l’intercettazione. Ma
tutto ormai sembra possibile là oltre il portone di bronzo se è
vero che, caduto Berlusconi, la seconda autorità religiosa dopo
il Papa propone a Mario Monti come sottosegretario nel governo
“strano” dei tecnici Marco Simeon, un giovanotto suo pupillo fin
da quando era Arcivescovo Metropolita di Genova. Quando anni fa
Capitalia si fonde nell’Unicredito di Alessandro Profumo, il
Vaticano si allarma. Geronzi corre allora all’ambasciata
d’Italia presso la Santa Sede per rassicurare la Conferenza
Episcopale e si prende il figlio del benzinaio sanremese come
super-consulente. Sarà poi Simeon, nel frattempo diventato
responsabile di Rai Vaticano dopo aver soponsorizzato l’opusdeista
Lorenza Lei alla direzione generale, a organizzare il
siluramento del cardinale Carlo Maria Viganò, che andava
denunciando «una situazione inimmaginabile » di «corruzione
ampiamente diffusa » negli appalti e nelle forniture vaticane.
Un malaffare «a tutti noto in Curia». Ma il giovanotto è
talmente sicuro di sé che poche settimane fa in un’intervista al
“Fatto Quotidiano” ha fornito una risposta alquanto ambigua
quando gli hanno chiesto se, come dicono incontrollati
pettegolezzi, lui del Segretario di Stato è in realtà il figlio.
Il destino di Gotti Tedeschi, cacciato la scorsa settimana dallo
Ior con immeritata ignominia, era comunque segnato fin da quando
Geronzi, manifestandogli sommo disprezzo, disse di lui in
un’intervista al Corriere della Sera: «È un personaggio ritenuto
preparato che si è particolarmente esercitato nella demografia
», riferendosi ai cinque figli dell’ormai ex banchiere del Papa,
che si era opposto al salvataggio del San Raffaele di don Verzé
da parte dello Ior, affossando il progetto di un grande polo
sanitario vaticano coltivato con determinazione dal cardinal
Bertone. E comunque i segreti inconfessabili della prima e della
seconda Repubblica e del papato, sigillati nel caveau dello Ior
non erano più considerati abbastanza blindati.
Vi risparmieremo i dettagli del romanzo criminale intrecciato al
potere politico di don Verzé, che tra l’altro utilizzava l’ex
capo dei Servizi segreti italiani Nicolò Pollari per minacciare
attentati ai suoi nemici, e anche gli sviluppi quotidiani dello
scandalo di cui è protagonista il Memores Domini Roberto
Formigoni, con il suo coté di cardinali di Curia, da cui
fortunatamente ha tempestivamente preso le distanze
l’arcivescovo di Milano Angelo Scola. Ma con la certezza che
«appena suona la moneta nella cassa, l’anima salta fuori dal
purgatorio», come diceva il predicatore medievale Tetzel, che
durante il papato di Giulio II vendeva lettere di indulgenza per
la remissione dei peccati in cambio di denaro sonante. Che non
olet nella stanze
del vicario di Cristo.
laRepubblica, 31 maggio 2012