Il bue e il Grillo
di Marco Travaglio *
Grillo
non mi piace quando dice che bisogna uscire dall’euro, perché
temo che tornando alla lira saremmo capaci di uscire non solo
dall’Europa, ma anche dall’Africa. Grillo non mi piace quando
dice che i programmi tv sono tutti uguali, perché Report non è
uguale a Porta a Porta e perché Santoro, con Servizio Pubblico,
ha fatto esattamente quel che lo stesso Grillo suggeriva da
anni: uscire dal regime Raiset e mettersi in proprio,finanziato
da editori puri (come il Fatto) e dal pubblico. Grillo non mi
piace quando attacca Gian Carlo Caselli per gli arresti dei
(pochi) violenti in Valsusa. Grillo non mi piace quando dice
che, se pagassimo tutti le tasse, i partiti ruberebbero il
doppio, perché milioni di lavoratori dipendenti e pensionati
sono costretti a pagarle tutte, le tasse,anche per chi non le
paga, e anche se poi i partiti si rubano tutto. Invece Grillo mi
piace per tutte le altre battaglie con cui si è imposto negli
ultimi anni come soggetto politico fino a toccare il 7 per cento
(forse sottostimato) nei sondaggi, candidando ragazzi puliti e
impegnati che si stanno comportando benissimo in vari consigli
comunali e regionali. Ma mi piace anche quando non rinuncia al
gusto della battuta e del paradosso. Qualche anno fa, a
proposito credo di Andreotti, disse che la politica s’era
infiltrata nella mafia e l’aveva corrotta. Era una splendida
battuta,che valeva più di tanti editoriali e di tanti saggi,
anche perché nessuno si sognò di prenderla alla lettera. L’altro
giorno a Palermo, almeno a leggere i giornali ei commenti
sdegnati (persino di Fiorello), l’ha detta grossa: “La mafia non
uccide, lo Stato sì”. I parenti delle vittime di mafia,
appositamente fuorviati dalla disinformazione, sono insorti, e
giustamente. Se Grillo avesse davvero detto che la mafia non
uccide,avrebbero avuto ragione da vendere. Ma, per fortuna,non
l’ha mai detto. Ha azzardato un altro paradosso. Prima ha
osservato che “un governo di transizione avrebbe dovuto fermare
il debito pubblico e mettere un taglio alle pensioni d’oro,
massimo 5 mila euro, e il resto investirlo per trattenere i
nostri giovani ricercatori che fuggono all’e s t e ro ”. Poi ha
aggiunto:“La mafia non ha mai strangolato il proprio cliente:
gli prende il pizzo del 10%. Qui la mafia (intesa come il
governo che porta molti imprenditori e lavoratori al suicidio,
ndr) strangola le proprie vittime”. Il senso della provocazione
era chiarissimo, e lo stesso Grillo l’ha precisato ieri sul blog
per i duri di cervice: “La mafia ha tutto l’interesse a
mantenere in vita le sue vittime. Le sfrutta, le umilia, le
spreme, ma le uccide solo se è necessario per ribadire il suo
dominio nel territorio. Senza vittime, senza pizzo e senza
corruzione come farebbe infatti a prosperare? La finanza
internazionale non si fa di questi problemi. Le sue vittime, gli
Stati, possono deperire e morire. Gli imprenditori possono
suicidarsi come in Grecia e in Italia. Spolpato uno Stato, si
spostano nel successivo”.Eppure ai partitanti di destra, centro
e sinistra non è parso vero di potergli dare, oltreché del
demagogo,antipolitico, fascista, nazista, anche del mafioso.
Manca soltanto piduista, ma ci arriveremo. Ma dai,siamo seri:
chi ha ospitato e rilanciato sul blog e in varie manifestazioni
le battaglie delle Agende Rosse di Salvatore Borsellino? Chi,
quando non ne parlava nessuno, ha denunciato le trattative
Stato-mafia? Chi ha difeso i magistrati di frontiera? Grillo.
Prima di dargli del mafioso, il Pdl pensi all’“eroe” Mangano e a
tutti i mafiosi e amici dei mafiosi che B. ha portato in
Parlamento fino alle più alte cariche. Bersani pensi al compagno
Crisafulli, filmato da una telecamera nascosta mentre
abbracciava affettuosamente il boss Bevilacqua, dunque senatore
Pd, e al compagno Lombardo, inquisito per fatti di mafia dunque
alleato del Pd. E il Terzo Polo pensi ai suoi Cuffaro e Romano.
I classici buoi che danno del cornuto al Grillo.
* Il Fatto Quotidiano, 1 maggio 2012
Stamattina mi sono alzato ("...o
bella ciao, bella ciao, bella ciao, ciao, ciao...") alle
5:15, a Firenze, da un letto di ferrotel dopo una notte insonne
a causa di un fastidioso rumore probabilmente in sincrono con la
mia presenza lì.
Rosetta (della mensa, della sera prima) e marmellata (del vicino
negozio alimentari) chè bar aperti nemmeno a dirne, a quell'ora.
Caffè "automatico" e via all'Osmannoro.
Dall'auto che ci traghettava nell'Ade, si rimirava una Firenze
sonnacchiosa e bruttina, e piovosa, non quella lustra delle
cartoline.
Dentro sto' catorcio musica a palla. Avrei voluto chiedere un
cincinin di Mozart ma pensavo già all'altrui "buuh allo snob" ed
ho desistito, tetragono allo scorno, ed alla plebaglia
indifferente.
Oggi, tuttavia, è un giorno doppiamente speciale, nel senso che
oggi, a condurre il treno eravamo in due macchinisti, cosa rara
quanto un sorriso di Moretti che non sia stato ghigno per
polpetta al cumino ingerita o ferroviere oltraggiato o, peggio,
"Viareggio" vilipesa.
Ed allora, come non succede oramai più, io ed il mio "socio di
giornata" ci siamo ubriacati di parole, mentre i segnali verdi
della linea ci passavano ai fianchi come sinuose leghiste,
sirene omaggianti pel nostro diletto.
Giunto a Livorno (lo dico innanzitutto a quanti di voi sparlano
- ben titillati da certa stampa - sull'orario di lavoro dei
macchinisti: oggi è stata una giornata particolare, breve poichè
festiva, ma domani si ricomincia alla grande!) vado subito a
comprare un mix di pastarelle mignon per festeggiare la
Resistenza.
A casa preparo il pane (il pane!), tutto biologico e pastamadre,
poi mi preparo per la prima edizione della "Corsa di
Resistenza", 15,14 Km. Il tutto parte dalla piazza della
Vittoria (mi sento un abituè) di fronte. Attraverso mezza città
e giungo nella campagna di periferia, sulla via Emilia. ....
E' una magnifica giornata di sole sulla costa, corroborata da un
venticello niente male che stuzzica l'appetito e conforta dalla
fatica della corsa. A chi incrocio rivolgo il pugno chiuso,
alzato, alla Sollier per intenderci. Ne ricevo mugugni o mezzi
bofonchi tipo "vaffa" o giù di lì.
A metà strada è tempo di ritornare sui propri passi e giungo,
quindi, ancora in piazza della Vittoria, ma qui il programma
prevede di andare oltre.
Così mi spingo fino al vicino monumento ai Partigiani Livornesi
Caduti.
E' un attimo. Fermo me ed il mio Garmin (e forse anche il cuore,
con vantaggio per la respirazione che sembrava irrimediabilmente
perduta!), e mi ricompongo alla bell'e meglio: mi tiro giù le
maniche, m'asciugo il sudore, tralascio i capelli - di cui
ostento la "terra" che è stata, per loro, lieve - e mi blocco.
La mano destra al cuore, il pugno (il solito) alzato e lo
sguardo alla modesta e sobria (s'usava già così, caro mario)
lapide che ritrae, in bassorilievo, un Partigiano con
cartucciera e fucile. Poi, con l'altra mano bacio su "...non
morrete mai...", una volta (sobrietà ostentata), sguardo
fisso che penetra l'immagine che mi sta davanti onde ipotizzare
un dolore lontano grazie al quale noi, ora, siamo qui a scrivere
in libertà qualsiasi cosa ci passi per la mente.
A pochi passi da me, su d'una panchina assolata, due avvinazzati
scrutano il mio Garmin (a me così è sembrato...) per farne
trofeo, di lì a poco, o merce di scambio per qualcosa che non
oso immaginare. Fiuto l'inghippo e scatto per il rush finale,
salutando il Partigiano che da là mi osserva, forse compiaciuto.
Rieccomi in piazza della Vittoria, e taglio il traguardo. Primo.
Ero l'unico a gareggiare.
A casa - abito lì, ve l'ho già detto - frizzo per raccontare
tutto a Piera, che mi guarda, bellissima, e alla fine del
racconto mi fa:
"Dai, lavati chè ti porto al mare".
Bella vita, eh?
Statevi bbbbene e bbbbuon 25 aprile
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