La maggiore precarietà non riduce la disoccupazione
di Emiliano Brancaccio *
Sarebbe utile se i professori Mario Monti ed Elsa Fornero
commentassero i risultati, ad essi ben noti, ai quali è da tempo
pervenuta la letteratura accademica in merito ai possibili effetti
della riduzione delle tutele del lavoro.
Visto infatti che non è possibile confermare l’esistenza di una
correlazione tra maggior precarietà e minore disoccupazione, per
quale motivo dovremmo ulteriormente ridurre gli indici di protezione
del lavoro, già passati in Italia dal 3,1 del 1998 al 2,4 del 2008?
Non sarà mica davvero per rendere la vita dei lavoratori meno
monotona…?
[...] Su tredici ricerche realizzate sugli stock, nove di esse danno
risultati indeterminati, tre segnalano che la maggior flessibilità
del lavoro riduce l’occupazione e aumenta la disoccupazione, e una
soltanto segnala che la flessibilità riduce la disoccupazione (cfr.
T. Boeri and J. van Ours, The economics of imperfect labor markets,
Princeton University Press 2008). La tesi prevalente, secondo cui la
flessibilità aumenterebbe i posti di lavoro, non sembra dunque
trovare riscontri empirici convincenti. Ma c’è di più: anche
Blanchard, dopo un’accurata disamina dei principali lavori empirici
sul tema, giunge a una conclusione secca: «le differenze nei regimi
di protezione dell’impiego appaiono largamente incorrelate alle
differenze tra i tassi di disoccupazione dei vari paesi» (O.
Blanchard, “European unemployment: the evolution of facts and ideas”,
Economic policy 2006). Lo stesso Blanchard dunque riconosce che i
dati non confermano le tesi sul nesso tra maggiore flessibilità e
minore disoccupazione che potrebbero trarsi dal suo modello [...]
- tratto da E. Brancaccio, Anti-Blanchard. Un approccio comparato
allo studio della macroeconomia, Franco Angeli, Milano 2012 (in
libreria a fine febbraio) –
La figura seguente riproduce una delle numerosissime tipologie di
test effettuati in questi anni dall’OECD e da molte altre
istituzioni per verificare l’esistenza o meno di una correlazione
tra flessibilità del lavoro e disoccupazione. Il grafico mette in
evidenza che non si ravvisa alcuna correlazione tra indici di
protezione del lavoro (EPL, Employment Protection Legislation) e
tassi di disoccupazione.
Grafico tratto da D. Suppa, Appendice statistica (in E. Brancaccio,
Anti-Blanchard, cit.; elaborazione su dati OECD)
P.S. Caro Giuliano Ferrara, nel corso di una accorata arringa contro
la CGIL andata in onda ieri su Rai Uno, a Qui Radio Londra, Lei ha
sostenuto che per creare posti di lavoro occorre maggiore
flessibilità. Ed ha aggiunto che “non vi è analisi statistica che
possa smentire” questa Sua asserzione, essendo la sua validità
fondata “sulla Logica”. Lei, che è pugilatore raffinato e dotato di
ironia, non faticherà a cogliere i motivi per cui ravviso, nelle Sue
certezze, una certa qual pulsione “tolemaica”… Con molti cordiali
saluti, Emiliano Brancaccio (3 febbraio 2012)
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