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Associazione Nazionale del Libero Pensiero "Giordano Bruno" |
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LA CHIESA IL PARTITO DEMOCRATICO E
I "VALORI NON NEGOZIABILI" di Maria Mantello * In due recenti interventi il card.
Bagnasco e mons. Fisichella rivendicano alla Chiesa il monopolio
della ragione e della morale. Il Vaticano si prepara al
dopo-Berlusconi e guarda al Pd, a
cui anticipatamente prova a dettare l’agenda politica dei
“valori non negoziabili”. La Curia Vaticana parla di dialogo, ma
a senso unico, perché esige che le leggi dello Stato siano
conformi ai suoi “valori non negoziabili”. Principi assoluti e
indiscutibili in quanto ancorati a una presupposta natura
immodificabile ed eterna, frutto della creazione del Dio che
all’universo mondo avrebbe impresso il suo immutabile sigillo,
affidandone alla Chiesa, “mater et
magistra”, il ruolo di universale
depositaria e interprete. Quindi, in nome e per conto di Dio,
essa sarebbe deputata a dettar legge. Non solo ai suoi fedeli,
ma all’umanità intera, da normalizzare al modello di essere
umano creato e coincidente “per natura” con i canoni del
catechismo. La Chiesa questo l’ha sempre detto, ma
visto che negli ultimi tempi, su questo suo supposto diritto di
essere la detentrice della ragione e della morale, è riuscita ad
ottenere risultati insperati, vuole consolidare e possibilmente
estendere le sue rendite di posizione. Insomma, si prepara al
dopo-berlusconi, visto che il
premier e i suoi sodali sembrano essere ogni giorno di più in
caduta libera. Pertanto, la gerarchia vaticana, che pur è stata
favorita oltre ogni aspettativa dal Governo di
centra-destra, appoggiandolo per
questo in tutto e per tutto -anche assolvendo il suo presidente
più del dovuto- adesso guarda al centro sinistra. In particolare
al PD che è il punto di riferimento della coalizione candidata
ad impalmare il prossimo esecutivo, a cui anticipatamente detta
l’agenda politica dei “valori non negoziabili”. E in questo
porcellum di sistema elettorale, che per altro
consente la conquista del Parlamento a chi si accaparra il
pugnetto di voti dei così detti
indecisi, più sensibili all’illusionismo delle strategie
mediatiche che solleticano le adesioni
pulsionali-emotive-fideistiche, pochi se la sentono ormai
di inimicarsi la curia. Anzi preferiscono blandirla,
corteggiarla.
Ma chi dice di parlare in nome di Dio
vuole essere il fulcro della negoziazione politica. La linea
ruiniana è già stata tracciata, e il
cardinal Bagnasco, che a Ruini è succeduto, e monsignor
Fisichella, ministro vaticano per la nuova evangelizzazione,
tentano di replicarne il successo. Su questa traiettoria ben si
inseriscono i loro discorsi ai recenti convegni
dell’associazionismo cattolico di Todi e di Roma. Bagnasco, nella
prolusione al convegno del 17 ottobre a Todi (titolo: Buona
politica per il bene comune: i cattolici protagonisti della
politica italiana), ha chiamato a raccolta contro i
«modelli di vita dell’umanità, che sono in contrasto con la
Parola di Dio e con il disegno della salvezza», precisando che i
valori cattolici sono imprescindibili per la società, perché
altrimenti «verrebbero meno anche le fondamenta e le forze che
sostengono la convivenza sociale, ed edificano una Nazione come
comunità di vita e di destino», che «solo Dio Creatore e Padre
può fondare e garantire», e poiché «nel grembo della Chiesa
Madre risplende il Sacramento della Presenza reale di Dio nel
mondo», essa si preoccupa che il «patrimonio valoriale genetico»
impresso in ciascuno dal dio-creatore venga assunto a legge.
«Sono in gioco, infatti - ha detto Bagnasco - le sorgenti stesse
dell’uomo: l’inizio e la fine della vita umana, il suo grembo
naturale che è l’uomo e la donna nel matrimonio, la libertà
religiosa ed educativa che è condizione indispensabile per porsi
davanti al tempo e al destino». Questi «i valori fondamentali
della vita», «valori presenti nella natura creata e redenta da
Dio per mezzo di Gesù Cristo», «valori sui quali si impianta ed
è garantito ogni altro valore declinato sul piano sociale e
politico». Quindi, «solo scegliendo la verità che l’uomo è per
natura, egli giunge alla propria perfezione, allora la morale è
liberazione dell’uomo e la fede cristiana è l’avamposto della
libertà umana». Se ne deduce che la libertà,
modello Cei, è quella di credere nell’obbedienza al precetto che
sarebbe un fattore genetico, da conseguire in scuole cattoliche,
famiglie cattoliche, ospedali cattolici, ecc. Niente
storicizzazione. Niente secolarizzazione. Ma solo il regno di
una fede che normalizzi ognuno al cattolicità della vita,
lasciando alla Chiesa l’appalto della ragione e della morale.
Per legge. Amen. Il 20
ottobre, a Roma, nella sala San Pio X di Via
della Conciliazione si è svolto l’altro convegno (titolo:
Vangelo e Laicità), promosso dalla società
Elea (si occupa di formazione e fa
parte della Congregazione dei Figli dell’Immacolata Concezione).
Qui, il presidente del “Pontificio consiglio per la promozione
della nuova evangelizzazione”, monsignor Fisichella, ha
incalzato il segretario del PD, Pierluigi Bersani -anche egli al
tavolo dei relatori - con la sua “laicità creativa” per
reiterare i cattolici “valori non negoziabili” da diffondere
attraverso la funzione pubblica della Chiesa nello Stato.
«Se la religione - ha detto il monsignore - viene riconosciuta
dallo Stato laico come fenomeno esistente nella società, è
logico che essa si organizzi nel determinare il proprio influsso
nella società. Questo allora significa riconoscimento della
presenza religiosa senza essere accusata di ingerenza negli
affari dello Stato». E dopo aver ribadito che gli ambiti
privilegiati di un tale “influsso” sono educazione, ricerca,
morale, ha aggiunto: «Io vorrei proporre il concetto di laicità
creativa», «la laicità dello stato è certamente una conquista
della modernità e più direttamente della cultura dell’occidente.
Essa ha reso possibile mantenere una pace sociale tra i
cittadini, ma c’è da chiedersi in che misura lo Stato laico sia
in grado di rispondere alle sfide ... la debolezza della
politica è frutto di una società disorientata paurosa e priva di
idealità». Facendo quindi proprie le parole del Pontefice al
Budenstang e di Bagnasco a Todi,
l’altro prelato ha indicato nei “valori non negoziabili” la
soluzione, non trascurando l’immancabile affondo contro
l’autodeterminazione delle donne e le volontà anticipate sul
fine vita: «l’uomo può distruggere il mondo e manipolare se
stesso. Può creare esseri umani ed escludere altri esseri umani
dall’essere tali. Come possiamo distinguere tra il bene e il
male? […] quando si fanno leggi si crea una cultura che è
consequenziale a quei comportamenti, si deve riconoscere che
nessuno è mai il demiurgo di turno, ma sempre e solo interprete
di un diritto ben più antico profondo e radicato nella stessa
legge della natura, allora questa è laicità creativa che
richiede di aggregare consenso, oltre le diversità mediante una
più forte razionalità politica». Insomma, la “laicità creativa”,
dovrebbe essere quella che obbedisce al creazionismo divino di
cui la chiesa è depositaria. Ma dietro tanti artifizi
ideologici, resta un dato: la nostalgia degli assoluti, che è
sempre la tentazione curiale per fare dell’intera umanità il
gregge rinserrato nel pascolo della fede curiale. Se questo modello passasse verrebbe
messa in crisi la stessa democrazia. Il cui necessario
fondamento è nella laicità senza aggettivi strumentali per
annacquarla e infine svuotarla. Quella laicità nemica degli
assoluti, e che per questo garantisce la libertà di coscienza
individuale, compresa quella religiosa. Quella laicità, che non
a caso la nostra Costituzione repubblicana pone a suo principio
supremo. Laicità che non è un contenitore vuoto. Ma metodo di
convivenza civile e democratica: orientamento procedurale che
impedisce ad un singolo, ad un gruppo, ad una Chiesa di imporre
la sua univoca visione del mondo. Abbiamo bisogno di meno
detentori di Verità e di maggiore Carità, ovvero di spirito
laico. Per dialogare, certamente. Ma ogni dialogo è impossibile
se non si pongono tra parentesi gli assoluti degli appaltatori
della ragione e della morale. Che uno stato debba avere principi
condivisi, per realizzare la convivenza civile è il sale della
democrazia e del dialogo democratico, che chiede ascolto e
verifiche, ma che non può prescindere da un minino denominatore
comune: nessuno può imporre all’altro
reciprocamente, più di quanto l’altro possa imporre a lui.
Questa regola kantiana, che fonda l’imperativo categorico
dell’autonomia morale: esercizio autonomo e responsabile della
propria libertà di scelta, garantisce la civile laica convivenza
democratica. Perché non viene prima l’idea di uomo o di donna a
cui ciascuno fideisticamante
dovrebbe conformarsi, ma gli individui storici concreti, che si
strutturano attraverso le proprie individuali azioni. In questo
solidarismo della libertà sta la garanzia della civile
convivenza democratica, che le leggi dello Stato
liberal-democratico, perché laico, devono garantire contro la
sopraffazione di precettistiche che pretendono di ancorarci alla
fissità di idee di natura, anima, mondo. In
questo i cattolici adulti si ritrovano.
Pienamente. E già da molto tempo. Perché la democrazia è il
nostro bene più prezioso. E bene ha fatto il segretario del PD
Bersani a ricordalo il 20 ottobre al convegno Vangelo e Laicità,
replicando a Fisichella con queste parole: «Ma il concetto
di stato laico, ci consegna un’dea di stato agnostico, neutrale
in termini di valori o anche solo tollerante? Se lo concepiamo
così è chiaro che ci sono aporie, contraddizioni enormi, io
credo che sia un punto di fondo pensare che il legislatore
codifichi un qualche valore condiviso. Qualsiasi società umana
deve avere un qualche tessuto connettivo. Il problema diventa
allora quale elemento basico darsi. Ecco allora che il punto di
riferimento sono i Diritti Umani». E a monsignor Fisichella, che
riproponeva l’identità tra fede e ragione, sostenendo che «la
politica non può e non deve fare negozio né della fede,
né dei valori, né della gerarchia dei valori»,
ha risposto: «Ma il copyrider
della ragione ce l’ha la fede? Non ci può essere una ragione che
non sia certificata dalla fede? Fa fatica il non credente a
seguire su questo ambito. Il dogma della fede è sostituito con
quello della ragione? Io sono più per un’altra idea, cioè che
c’è una connessione tra questi diritti umani e il cammino
dell’uomo e l’evoluzione della convivenza. Una connessione tra
questi diritti e un uomo che può umanizzarsi, diventare
propriamente uomo. Una visione così lascia spazi reali di
confronto». E ha continuato: «Sui temi sociali, tra credenti e
non credenti il cuore batte all’unisono, ma davanti alle sfide
di oggi… Davanti alle nuove
frontiere che derivano dall’avanzamento della scienza e della
tecnica, da un’economia globalizzata, da nuove forme di
convivenza, c’è un confronto sul tema antropologico. Anche la
politica nella sua autonomia, per le sue scelte, ha bisogno di
darsi una bussola sui temi del’uomo. La politica deve rispondere
ai temi della condizione umana». E ha concluso: «Eccellenza mi
permetto una citazione evangelica: “Quando sarai vecchio ti
cingeranno i fianchi e ti porteranno dove non vuoi andare”.
Quello è il confine». Chiaro il riferimento alla
questione del testamento biologico, a quelle volontà anticipate
sul fine vita che il Vaticano vorrebbe azzerare con la legge
confessionale, che se per crisi di Governo non riuscisse ad
ottenere da Berlusconi, vorrebbe accaparrarsi dalle maggioranze
future. Ma se il PD vuole davvero
assumersi il ruolo della difficile gestione post-berlusconiana,
deve preoccuparsi di conquistare al voto quella società civile
laica e progressista che è molto più estesa di quanto si creda,
anche tra i credenti. Allora, caro Bersani, lascia stare i
cardinali e parla con i cittadini! *vedi articolo su Micromega.net
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