Associazione Nazionale del Libero Pensiero "Giordano Bruno"

 

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ASSOCIAZIONE NAZIONALE DEL LIBERO PENSIERO "GIORDANO BRUNO" 

Fondata nel 1906

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6 settembre Sciopero generale

ALZIAMO LA TESTA: È UN DOVERE CIVILE



di Alvaro Belardinelli



Non è più tempo di restare a casa propria o di lavorare come niente fosse. Il “Governo del fare” svolge bene il compito che si è scelto: tagliare i servizi sociali per far pagare meno tasse ai ricchi. Ecco perché riduce le agevolazioni fiscali per disabili, lavoro, famiglie e casa; amputa le tredicesime; tritura gli Enti locali; frantuma la spesa pubblica nel suo complesso. In compenso, però, accresce le tasse locali.

Sono decisioni importanti, tutt’altro che casuali. Non sono frutto (solo) di incapacità e di incompetenza, ma di una precisa concezione della società. Sono provvedimenti che schiacceranno ulteriormente il già minimo potere d’acquisto delle classi popolari e medie, inducendo una recessione ancor più grave, che asfissierà l’economia e l’occupazione, impedendo la ripresa. A quel punto la svendita di quel che resta dello Stato sarà per Lorsignori ancora più facile.

La crisi è in realtà una scusa per occuparsi d’altro: come attaccare i diritti dei lavoratori, per esempio. Infatti, la manovra introduce una sostanziale libertà di licenziamento senza giusta causa, nonché numerose deroghe ai contratti nazionali, i quali diventano meri atti formali, comodamente eludibili secondo i desiderata del datore di lavoro.

La crisi è un debito creato dalle classi dirigenti di questo Paese: debito che Lorsignori vogliono però scaricare su tutti noi. E pensare che fino a poche settimane fa il grande statista che presiede il Consiglio dei Ministri negava l’esistenza della crisi economica: a sentir lui (e i suoi zelanti servitori) sarebbe bastata una “manovrina” fiscale di poco conto, perché l’Italia era il Paese più ricco d’Europa. Ora questi signori ci assestano la più brutale bastonata dagli anni Sessanta, prendendo a schiaffi disabili, famiglie, lavoratori, lavoratrici e pensionati.

Nulla di serio intendono pensare contro la vera evasione fiscale, quella delle grandi aziende, dei grandi (im)prenditori, delle mafie; nessuna seria imposizione fiscale sui grandi patrimoni; nessun limite serio ai privilegi di parlamentari e ministri. La Casta dominante impone sacrifici solo a chi non ne fa parte.

A giugno ci sono stati dei referendum, nei quali i cittadini hanno espresso la volontà di mantenere pubblici (=statali) i servizi essenziali. Ebbene, questa volontà sta per essere umiliata da una nuova ondata di privatizzazioni dei servizi pubblici strategici e locali, che diventeranno più costosi e più scadenti. In nome di un neoliberismo alla Pinochet.

Ci sono troppi giovani disoccupati? Aumenteranno, grazie ai disincentivi per le pensioni di anzianità e all’innalzamento dell’età pensionabile: tutto pur di far cassa nell’immediato.

Non si tagliano le grandi opere che devastano l’ambiente (terzo valico della Milano-Genova, Ponte sullo Stretto, TAV Lione-Torino): taglio che permetterebbe di recuperare trenta miliardi. Si continuano a spendere cifre enormi per le forze armate, quando una riduzione di un solo quinto ci farebbe risparmiare quattro miliardi; e di miliardi se ne buttano sedici nell’acquisto di cacciabombardieri F-35; si mantengono le milizie “di pace” in Afghanistan per la modica cifra di mezzo miliardo l’anno; e non si riduce di un sol uomo l’organico dell’esercito.

Non si contrasta la delocalizzazione delle imprese, malgrado i lauti contributi pubblici da esse ricevuti. Nessuna misura viene presa contro la speculazione finanziaria; si usa anzi quest’ultima come pretesto per liberalizzazioni e privatizzazioni.

Questa manovra rivela una mentalitàclassista e antidemocratica, antitetica rispetto agli ultimi cent’anni di storia europea. È qualcosa di diverso da una vera manovra economica: è un colpo di spugna alla Costituzione (di cui attacca gli articoli 41 e 81), allo Statuto dei Lavoratori (di cui disinnesca l’articolo 18), ai valori fondanti della Repubblica (di cui abolisce di fatto le tre feste fondamentali, ossia 25 aprile, 1° maggio e 2 giugno). È il coronamento dei progetti golpistici della P2: c’è qualcuno che se ne ricordi ancora? Trent’anni fa quei progetti parevano sogni di attardati fascisti, nostalgici e un po’ ridicoli; oggi sono realtà.

Alla luce di tutto ciò, è evidente che non possiamo permetterci di lavorare o di restare a casa durante le prossime mobilitazioni. Un loro fallimento, infatti, darebbe acqua al mulino del Governo e dei suoi referenti politici e sindacali, nonché a quei sindacati gialli che fingono di opporsi alle sue mosse. Un movimento nonviolento, ma forte e determinato, potrebbe invece segnare l’inizio di una presa di coscienza collettiva, e di un’inversione di marcia. Ognuno di noi deve sentirsi responsabile del destino comune. Senza più delegare.

 

 

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