Sciopero generale, non
si può sbagliare
di Paolo Flores d’Arcais *
Uno sciopero generale non è la rivoluzione, ma neppure una scampagnata
fuori porta. È lo strumento di lotta più energico, largo, profondo, e
anche più costoso (per i lavoratori che ne sono protagonisti), con il
quale cittadini sacrificati e tartassati fino allo sfruttamento (o la
parola è tabù?), impongono obiettivi sociali e/o politici che sovvertono
democraticamente i rapporti di forza con i ceti del privilegio, e
restituiscono una qualche verosimiglianza alla parola equità.
Lo sciopero generale è perciò in qualche modo una “extrema ratio”, una
decisione coraggiosa e pericolosa: indica che la misura è colma, che da
parte dell’establishment e dei suoi governi è stato superato il limite,
e che i sacrificati di sempre sono pronti e costretti a correre l’alea
dello showdown. Uno sciopero generale riuscito scuote in radice
l’arroganza dei potenti. Sconfitto, apre la strada a più devastanti
iniquità.
Con lo sciopero generale non si gioca e non si scherza, perciò. Lo
scorso anno Susanna Camusso traccheggiò per mesi contro il sacrosanto
sciopero generale invocato dalla Fiom per battere in breccia il
tentativo di Marchionne di americanizzare le condizioni delle fabbriche
Fiat, mettendo in ceppi l’autonomia e le libertà sindacali. La
convocazione tardiva finì per depotenziarlo.
Ora, invece, contro la manovra, l’errore sembra opposto: la
precipitazione. Cattiva consigliera, a cui evidentemente si deve la
disastrosa mancanza di obiettivi radicali all’altezza della tragica
situazione, e dei duri sacrifici che uno sciopero costa all’operaio. Se
infatti lo sciopero generale non paralizzerà/mobiliterà il Paese,
raccogliendo intorno alla Cgil anche la marea montante dell’indignazione
popolare e di una furia perfino interclassista contro la
finanziaria-rapina, se non costituirà la diana per un periodo di lotte
ininterrotte (petizioni, presidi, manifestazioni…) con cui scolpire la
parola fine della cinica e ventennale avventura berlusconiana, rischia
di diventare un boomerang.
Lavoratori, disoccupati, precari, e sempre più “ceti medi” hanno ormai
poco più che gli occhi per piangere. C’è ancora qualcuno capace di
raddrizzare la barra e non svilire lo sciopero generale a preambolo di
nuovi cinguettii Sindacati/Confindustria? Cgil, Fiom, e gli infiniti
movimenti dell’Italia civile, hanno quattro giorni per restituire allo
sciopero generale la sua funzione democratica. Altrimenti, lo dico con
un groppo alla gola, sarebbe forse meglio revocarlo: uno sciopero
generale innocuo è una sconfitta.
* il Fatto quotidiano, 1 settembre 2011Direttore
Responsabile: Maria Mantello
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