IL LICEO CLASSICO SOTTO ATTACCO
di Alvaro Belardinelli
L’Italia affonda, e per risollevarla qualcuno
pensa bene di affondare la Scuola pubblica (=statale). L’ultimo attacco
è infatti recentissimo e devastante, e trasformerà il Liceo Classico in
un gran calderone in cui tutti potranno insegnare tutto. Aggirando
deliberatamente la normativa vigente, il MIUR (Ministero
dell’Istruzione, Università e Ricerca), con una semplice Nota
Ministeriale (la n. 272 del 14 marzo 2011) ha “riordinato” le classi di
concorso, cioè i criteri di assegnazione degli Insegnanti alle diverse
materie nelle Scuole Superiori, in base alle abilitazioni possedute.
Operazione che potrebbe parere lecita, se non contenesse un’amara
sorpresa: i Docenti della classe di concorso A052 (“Materie letterarie,
latino e greco nel liceo classico”) verranno sempre più relegati
all’insegnamento del solo greco. Infatti, ad insegnare le altre materie
letterarie, d’ora in poi verranno ammessi nel Ginnasio anche i Docenti
di Lettere che non possiedono l’abilitazione all’insegnamento del greco;
ossia quelli della classe A051 (“Materie letterarie e latino nei licei e
nell'istituto magistrale”), pesantemente falcidiata dai tagli spacciati
per “riforma” della Scuola pubblica. Per risolvere il problema dei tanti
soprannumerari della A051 (moltiplicati dalla feroce diminuzione di ore
in materie fondamentali come italiano e latino), il MIUR ha ordito la
consueta operazione aritmetica, semplicemente spalmando sul Liceo
Classico gli Insegnanti non abilitati per il Ginnasio, in concorrenza
con quelli della A052, i quali posseggono invece il titolo di studio e
l’abilitazione prevista. Alla faccia della neologistica “premialità” e
della “meritocrazia” tanto care al Governo!
Ci sono valide motivazioni didattiche per cui il legislatore aveva posto
paletti precisi per l’accesso agli insegnamenti delle materie letterarie
nelle Scuole Superiori. Il Decreto Ministeriale n. 39 del 30 gennaio
1998 aveva stabilito che, per insegnare le discipline della classe di
concorso A050 (“Materie letterarie negli istituti di istruzione
secondaria di secondo grado”, ossia italiano e storia negli Istituti
Tecnici e Professionali) non fosse necessario superare una ulteriore
prova concorsuale, scritta e orale, di lingua e letteratura latina;
prova obbligatoria, invece, per i candidati alla classe A051, destinati
ad insegnare anche latino, oltre che italiano, in tutti i Licei, ma non
nel biennio ginnasiale. Per il Ginnasio, infatti, l’insegnamento delle
lingue classiche (nonché della civiltà antica e della sua continuità con
la cultura italiana ed europea) era affidato agli abilitati della classe
di concorso A052: gli unici ad aver sostenuto, oltre alla prova di
latino, anche quella di lingua e letteratura greca, scritta e orale. La
prova scritta, decisamente specializzante, consisteva in una traduzione
di un testo greco classico in latino. Questa scelta del legislatore era
dovuta all’intento di affidare gli alunni del Ginnasio ad un Docente che
potesse fornire loro una visione complessiva del mondo classico, in
continuità con la cultura medievale, rinascimentale, moderna e
contemporanea.
Entrando a gamba tesa in una normativa così chiaramente definita, il
MIUR determinerà ora la consueta guerra fra poveri. I Docenti della A050
perdenti posto a causa dei tagli potranno andare a coprire, insegnando
anche nei Licei, posti spettanti ai colleghi della A051; i quali, a loro
volta, potranno svolgere mansioni destinate agli Insegnanti della A052.
A questi ultimi, quindi, la sorte peggiore, perché si vedranno relegati
ad insegnare solo greco, perdendo posti di lavoro e dignità di fronte
agli alunni e alle loro famiglie. Il greco, oramai emarginato, sarà
sempre più visto dall’opinione pubblica come una disciplina inutile,
noiosa, eliminabile senza rimpianti. Anche perché, ferita a morte
l’impostazione didattica unitaria con il latino e con le altre materie
letterarie (prima affidate ad un unico Docente), sarà obiettivamente
impossibile insegnare il greco in modo efficace, coinvolgente e
convincente. Già gli effetti della frammentazione delle cattedre si
vedono nelle Quarte ginnasiali, i cui studenti sono quest’anno più
disorientati che mai, inzeppati in classi-pollaio da trenta alunni!
È necessaria a questo punto una precisazione: i Docenti della A052 non
sono “migliori” o “più intelligenti”, né “più colti” o “più preparati”
di quelli della A051 o della A050; semplicemente, hanno preparazioni,
specializzazioni, titoli differenti. Dove, se non nella Scuola, è
opportuno impiegare Docenti specificamente preparati per ciascun
indirizzo scolastico? Non è così, d’altronde, per ogni altro settore
lavorativo?
Ben due interpellanze parlamentari hanno contestato il provvedimento: la
prima (a maggio 2010) ebbe buon esito, perché valse a far ritirare il
provvedimento; la seconda, invece, incredibilmente, non ha praticamente
avuto riscontro. Ora bisogna dunque mobilitarsi perché il provvedimento
non sia tramutato in legge. Altrimenti noi Italiani assisteremo ad
un’ennesima assurdità: i nostri Docenti di lettere più specializzati,
quelli che hanno sostenuto più esami per accedere all’insegnamento,
perderanno via via il posto di lavoro, soppiantati da Docenti certo
preparati, ma non specializzati per la docenza nel Liceo Classico. Gli
alunni del Ginnasio potrebbero così sentirsi spiegare la costituzione
degli Ateniesi da un Docente preparato sì in storia greca, ma che non
conosce a fondo la lingua degli Elleni, né quindi tutte le sfumature
inerenti al loro pensiero; lingua e pensiero fondamentali, perché radice
dei nostri. Potrebbe accadere che i presupposti storici e culturali del
pensiero filosofico presocratico siano spiegati da un Insegnante pur
bravo, ma laureatosi con tesi su Filippo Tommaso Marinetti. Insomma, sta
per succedere nella Scuola quanto succederebbe nei trasporti se, per
assurdo, il Governo decidesse di revocare le licenze ai tassisti per
metterli a guidare i treni: che cosa direbbero i ferrovieri perdenti
posto? E i passeggeri sarebbero al sicuro?
Così viene minato nelle fondamenta il Liceo Classico: la Scuola
Superiore che finora ha sempre fornito ad ogni facoltà universitaria i
migliori studenti d’Italia, quelli che i Paesi più evoluti del nostro
facevano a gara per accaparrarsi. Giovanni Gentile si rigira inquieto
nella tomba: il tradimento della filosofia che fu alla base del suo
ordinamento scolastico non viene perpetrato da feroci comunisti armati
di falce e martello, ma dal governo dei nipotini del Duce. E questo loro
tradimento non è certo originato dal desiderio di superare il classismo
insito nella riforma Gentile (che aveva, per dirla con Antonio Gramsci,
“il grave torto di separare la scienza dalla tecnica, il lavoro
intellettuale da quello manuale”). D’altronde i tanti di “sinistra” che,
dal canto loro, vorrebbero abolire il Liceo Classico nel nome di
Gramsci, fingono (?) di non sapere che per Gramsci la Scuola e lo studio
approfondito erano comunque una cosa seria, uno strumento di elevazione
sociale proprio per le classi meno abbienti. Dunque l’attuale
stravolgimento del Liceo classico, come di tutta la Scuola pubblica, è
finalizzato semmai all’aumento delle differenze di classe.
Difatti negli ultimi quarant’anni molti figli di gente umile hanno
ricevuto proprio dal Liceo Classico gli strumenti culturali per elevarsi
socialmente. La scuola brunetta-gelmin-tremontizzata limita fortemente
questa possibilità di crescita, anche perché il Liceo Classico già da
ora non è più riconoscibile: al Ginnasio è stato tolto un quinto del
monte ore di italiano; soppressa la metà della ore di geografia, la
quale è stata accorpata alla storia in un monstrum didattico (che
qualcuno ironicamente ribattezza “stografia”); distrutte le cattedre di
lettere, motivo per cui le classi ginnasiali si ritrovano spesso un
Docente per italiano, uno per latino, uno per greco, uno per
storia/geografia; la continuità didattica è un ricordo lontano, perché
ogni anno i Docenti cambieranno, pur di garantire cattedre a diciotto
ore e risparmi all’erario. Oltre a tutto ciò, come abbiamo visto, presto
i Docenti della A052 insegneranno solo greco in tante classi affollate e
diverse, buttando al vento le professionalità acquisite per decenni
sulle altre materie letterarie. Per di più, una volta ghettizzato,
l’insegnamento del greco sarà sempre meno efficace, venendo a mancare
sempre più l’unitarietà della visione e del metodo del Docente. A quel
punto, immancabili, arriveranno le saccenti avances degli “esperti” di
turno, pronti a proporre l’abolizione dell’“inutile” greco che tormenta
i poveri studenti (per consigliarne magari la sostituzione con il
cinese!); e il cerchio si chiuderà. Il Liceo Classico non esisterà più,
a tutto vantaggio di chi una società culturalmente più evoluta proprio
non la vuole. L’Italia, da secoli culla degli studi classici, tornerà al
tempo dei Longobardi, quando nessuno conosceva più il greco, e
pochissimi (chierici e nobili) il latino. D’altra parte, al governo
della nazione non ci sono alcuni che dai Longobardi si vantano di
discendere?
Eppure l’opinione pubblica non vede tutto ciò, o finge di non vederlo. I
Docenti della A052 devono combattere una battaglia molto difficile, con
il rischio che li si accusi di complesso di superiorità nei confronti di
chi non insegna greco. Tuttavia la superbia non ha nulla a che fare con
le loro rivendicazioni; semplicemente, essi ritengono giusto che ognuno
insegni ciò per cui ha una competenza certificata. Del resto, è forse
lecito che un paziente venga operato al cuore da un bravissimo
ortopedico? La triste verità è che si profila l’avverarsi di un altro
sogno della loggia massonica P2 (tra i tanti avveratisi negli ultimi
anni): l’abolizione del valore legale dei titoli di studio. Il non
riconoscere i diritti degli Insegnanti significa questo.
Certo, è molto difficile che l’Italia di oggi, distratta dagli
artificiali paradisi televisivi in cui è immersa, s’impegni nel
difendere la Scuola Statale dall’autentica Soluzione Finale verso cui
sembra avviata. Dobbiamo dunque rassegnarci alla definitiva espulsione
dalla Scuola di migliaia di precari preparati e meritevoli, colpevoli di
aver creduto che il desiderio di diffondere la propria cultura avrebbe
offerto loro una professione e una dignità?
L’unica speranza è che l’opinione pubblica democratica si scuota dal
proprio torpore, che i cittadini di buona volontà difendano i diritti di
chi chiede semplicemente di svolgere le mansioni per cui ha competenze
certificate. In fondo, si tratterebbe di una battaglia di civiltà. Gli
Italiani dovrebbero finalmente comprendere che il livellamento culturale
in basso del lessico e delle competenze non è istruzione d’eccellenza,
ma distruzione del futuro della nazione.
Bisogna rispedire al mittente i tagli e lo smantellamento della Scuola
Statale, ipocritamente mascherato da riforma. Riusciranno i Docenti a
difendere se stessi e la Scuola di tutti, senza lasciarsi dividere da
chi cerca di metterli gli uni contro gli altri? E gli Italiani
mostreranno di aver compreso l’importanza della Scuola per il proprio
avvenire? Ai posteri l’ardua sentenza.
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