Associazione Nazionale del Libero Pensiero "Giordano Bruno"

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Giovanni Paolo II, protagonista e regista dello spettacolo popolare della fede nel Papa


Maria Mantello*

Santo subito! Un grido di dolore che si espandeva tra i fedeli alla veglia del papa in agonia e poi ai suoi funerali. Un grido che era coazione di folla. Espressione di una religiosità popolare fatta di miracoli e reliquie, e che lo stesso Wojtyla aveva rinforzato proclamando ben 1.338 beati e 482 santi. Quasi il doppio di quanti la Chiesa ne avesse accumulati nei secoli precedenti. A contare almeno da quando questo calcolo è possibile, ovvero dalla istituzione della Sacra Congregazione dei Riti, con cui nel 1588 Sisto V ribadiva il centrale ruolo di mediazione della Chiesa tridentina (extra ecclesiam nulla salus) per l’accesso al Regno dei cieli, indicando anche regole e procedure di santificazione. Vale appena ricordare che proprio il proliferare dei santi e le speculazioni anche economiche della creduloneria popolare erano stati bersagli preferiti dei Riformati, ma anche oggetto dell’ironia di grandi filosofi come Erasmo da Rotterdam (Elogio della follia) o come Giordano Bruno (Candelaio; Spaccio della bestia trionfante).

Ma torniamo alle santificazioni di massa dal grande impatto mediatico di papa Wojtyla che i media amplificavano negli osanna delle guarigioni da padrepio. Santificazioni di cui il papa cercava di snellire le troppo rigide procedure accorciando i tempi d’attesa per questo celeste viatico. Come nel caso di Madre Teresa di Calcutta. E adesso nel suo stesso caso.
Ma Giovanni Paolo II aveva in fondo già aperto la pratica della sua beatificazione mentre ancora in vita.
Non ha forse egli legato per sempre la sua persona ferita nell’attentato del 13 maggio del 1981 all’immagine della narrazione di suor Lucia, l’unica sopravvissuta dei tre pastorelli di Fatima ai quali nel 1917 sulle colline del Portogallo sarebbe apparsa la “Bianca Signora”?
E ancora, il «vescovo vestito di bianco […] afflitto dal dolore e dalla pena» a cui «spararono vari colpi di arma da fuoco» non poteva essere lui, Giovanni Paolo II, ferito dalla pistola di Alì Agca? Non era questa l’interpretazione del “Terzo segreto di Fatima” che nel 2000 papa Wojtyla rivelava proprio a Fatima?

Questa beatificazione “sul campo” nell’esaltazione mediatica degli osanna giubilari, era in qualche modo la chiusura del cerchio, l’apoteosi che riunificava nel puro spirito della concezione cattolica la forte corporalità di Wojtyla: dall’immagine del papa giovane e bello, sportivo e scalatore; a quella del vecchio che mostra il suo corpo infermo, tremolante e incerto; fino alla spettacolarizzazione della sua morte e del suo funerale.
Un culto popolare della persona del santo Vicario di Cristo, Giovanni Paolo II, che forse faceva addirittura passare in secondo ordine lo stesso Cristo eretto sul bastone pastorale a cui il papa si appoggiava.

Tutti ricorderanno l’immagine della folla davanti alla sua salma sul sagrato di S. Pietro, di fronte ai potenti e alle folle accorse da tutto il mondo. Campeggiava un cartello: «Vi ho cercato ed adesso voi siete venuti a me». La frase di Gesù che il papa amava ripetere, questa volta però i fedeli la rivolgevano a Wojtyla. Protagonista e regista di quell’ultimo addio sembrava ancora lui, che lo strumento televisivo lo ha sapientemente utilizzato, se non addirittura piegato al servizio dei suoi continui spostamenti ed adunate, soprattutto se rivolte ai giovani.
Sì, i giovani l’oggetto privilegiato del suo interesse evangelico. Per loro Wojtyla aveva ideato le Giornate mondiali della gioventù. Ogni volta in posti diversi e lontani, perché i media seguissero, perché non se ne potesse non parlare per giorni in una formidabile immagine di cattolicità devota, ossequiosa, obbediente, adorante il pontefice romano: «Vi ho cercato ed adesso voi siete venuti a me».

Ma con quali risultati? Dopo le adunate, finita la festa, come si comportavano i papaboys? I “suoi ragazzi” di tanti raduni e che all’annuncio della sua morte hanno applaudito. Come avviene per una star dello spettacolo. O allo stadio. O a un concerto.
I “suoi ragazzi” di tanti raduni lo ascoltavano, ma poi magari si infilavano nei loro sacchi a pelo in coppia e lasciavano il prato tappezzato di preservativi usati.
L’ossessivo controllo della sessualità - che lo aveva portato a lanciare anatemi contro preservativi e pillole, contro maternità e paternità responsabili, era stato posto a fulcro del suo pontificato tanto da indurlo a ricorrere al dogma dell’infallibilità in occasione dell’emissione dell’enciclica Evangelium vitae - è il messaggio che più di ogni altro è rimasto disatteso nei fatti.
È restato lontano dalla sensibilità dei giovani, ma anche e soprattutto delle donne, in cui Wojtyla vedeva tante rinnovellate “Maria”, e a cui instancabilmente ha rivolto esortazioni, prediche, encicliche. Wojtyla parlava di Liberazione della donna, ma per liberarla dalle conquiste faticosamente raggiunte. Per riportarla al ruolo di fattrice. Sempre e comunque.

Una Chiesa più tridentina che conciliare, quella di Giovanni Paolo II. Una Chiesa di cui è stato l’onnipotente monarca assoluto, tacitando ed emarginando ogni dissenso.
Parlava di riscatto dei popoli, ma ha tacitato i “teologi della liberazione”. Quei sacerdoti e vescovi che auspicavano un cristianesimo, non solo attento al regno dei cieli, ma più concretamente protagonista per l’emancipazione politica ed economica sulla terra. Un nome per tutti: Leonardo Boff, brasiliano, ridotto due volte «al silenzio ossequioso», la prima ubbidì; ma la seconda, nel 1992, abbandonò l'Ordine francescano. Boff aveva avuto l’ardire di sostenere che Giovanni Paolo II era stato «un flagello per la fede» perché «aveva tradito la causa dei poveri» che «non si sentivano affatto appoggiati nella loro lotta contro la povertà».

Wojtyla ha preferito che i preti compagneros dell’America Latina fossero sostituiti con cardinali e vescovi a lui fedeli, magari sbocciati dalle fila dell’Opus Dei. E per controllare e vigilare meglio sulla realizzazione dell’universalismo cattolico non ha disdegnato l’abbraccio con sanguinari dittatori. Indelebile l’apparizione nel 1987, alle finestre del palazzo della Moneda, sereno e cordiale, accanto al criminale Pinochet.
Papa Ratzinger si appresta a beatificare il suo predecessore. Fatti suoi e dei suoi fedeli! Ma dal punto di vista dell’analisi storica è chiaro un fatto: la continuità nella Chiesa medievale. Una continuità che passa anche attraverso i miti santificatori. Ma i cattolici democratici sono d’accordo?

*MicroMega (17 gennaio 2010)
http://temi.repubblica.it/micromega-online/giovanni-paolo-ii-protagonista-e-regista-dello-spettacolo-popolare-della-fede-nel-papa/

 


 

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