Associazione Nazionale del Libero Pensiero "Giordano Bruno"

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Un ruolo politico della Chiesa? Sì, ma lo assuma apertamente


Massimo Teodori


Non sono pochi né insignificanti gli interventi che le alte gerarchie della Chiesa — Vaticano e Conferenza episcopale italiana— effettuano sulla attuale politica italiana. Il cardinale Bagnasco,
presidente della Cei, ha esplicitamente approvato il voto in Parlamento del 14 dicembre; e nella stessa direzione si sono pronunciati l’autorevole cardinal Ruini, il quotidiano Avvenire e perfino, se
pure in maniera felpata, l’Osservatore Romano. Alla Camera l’onorevole Casini ha denunziato l’esibizione che i berlusconiani hanno fatto sulla stampa per reclamizzare l’indicazione della Chiesa
a favore del presidente del Consiglio e contro le mozioni di sfiducia. È peraltro noto che il leader dell’Udc, rappresentante del centro cattolico, è sottoposto a rimproveri per avere collaborato con
l’onorevole Fini, il quale, secondo le alte gerarchie ecclesiastiche, dovrebbe essere marginalizzato.
Saremmo lieti se finalmente i rappresentanti del mondo cattolico svolgessero apertamente un ruolo esplicito da attori politici nella società italiana. È quel che accade negli Stati Uniti in cui molte
chiese, in regime pluralistico, partecipano come tali alla vita pubblica anche nelle contese elettorali. Ma da noi, in Italia, i rapporti tra Stato e Chiesa sono regolati, nel bene e nel male, da un regime
particolare che non può essere ignorato né dal governo, né dalle forze politiche, né dalle gerarchie ecclesiastiche, né dal variegato mondo cattolico. Siamo, secondo Costituzione, in regime
concordatario che stabilisce l’incompatibilità tra la Chiesa come protagonista politica e il Vaticano quale contraente dei Patti lateranensi da cui ricava notevoli vantaggi materiali, oltre che la garanzia
della libertà religiosa. Una Chiesa che fa il doppio gioco — libertà d’azione politica e vantaggi concordatari — e uno Stato che chiude gli occhi, anzi diviene cliente dei favori ecclesiastici, è
qualcosa che non dovrebbe avere posto in una democrazia liberale.


fonte: Corriere della Sera, 17 dicembre 2010

 


 

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