Associazione Nazionale del Libero Pensiero "Giordano Bruno"

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IL POPULISMO DEL CAPO

di Maria Mantello

 

Prove di drammaturgia quelle del 20 marzo 2010 in piazza s. Giovanni a Roma. Scenografia ben orchestrata con alti vessilli pendenti a delimitare la zona e zazebi di rinforzo per occupare più spazio possibile. Inni, canti. Ministri, parlamentari, sindaci e candidati alle regionali del Pdl - partito dell’amore. Tutto a tener calda l’atmosfera in attesa che Lui appaia.

E finalmente eccolo il drammaturgo. Si offre dal palco. Si erge sopra la folla. La chiama a recitare con lui. Prove di catechizzazione affinché nel segreto dell’urna permanga l’adesione fideistica a quanto il capo garantisce: i miei collaboratori sono in regola, siamo al disopra di ogni sospetto. Non vogliono farci presentare le liste. Vi vogliono impedire di votare....

Ecco allora che chi vorrebbe la legge uguale per tutti è chiamato con disprezzo giustizialista; chi si indigna del bavaglio alla Rai non ha capito che Lui non c’entra. Ma che anzi quelle telefonate le ha dovute fare. Ha agito da buonpadre, che ha pensato di proteggere gli italiani. Per il loro bene. Per la loro serenità.

Lui ha governato bene. Tutto va bene. Anzi andrebbe ancor meglio. Se non ci fosse tanta invidia contro cui occorrono scorte di amore. E per questo c'è il Pdl: il partito dell’amore a garantire la pacificazione sociale.

 

Alimenta la pulsionalità della folla Silvio Berlusconi, in un crescendo che deve annichilare ogni residuale ombra di senso critico. Ed ecco il colpo di scena della sequenza domande-risposte.

Lo volete voi? Interroga l’attore drammaturgo scenografo. E il boato di siii è assicurato. Non lo volete voi? E il boato di nooo si scioglie. Un recitativo semplice e dall’effetto mediatico sicuro. Un coinvolgimento populista che gioca sull’arcaica appartenenza al gruppo. L’orchestrante pizzica le corde della folla, che suona la cantata richiesta.  Se ne pavoneggia il Cavaliere. E gli scappa un «avete studiato bene!».

 

Benito Mussolini in una intervista del gennaio del 1937, rilasciata a I. Phayre e pubblicata su Current History dichiarava: «la folla è disgregata e dispersa [...] sinché essa non sia disciplinata e guidata. Essa non ha bisogno di sapere; ma bisogna che la fede, che muove le montagne, scaturisca dall’animo dell’oratore e si trasfonda in quella della folla. [...] In verità, la tendenza dei nostri uomini moderni a credere è veramente incredibile.» (cfr: Renzo De Felice, Mussolini il Duce. Gli anni del consenso, Einaudi, 1974, p. 799)

Il Duce, che scopriva ed assaporava il potere mediatico su cui ergeva il suo potere, si stupiva dunque della creduloneria indotta.

Berlusconi non più. Ormai ne conosce la potenza e la usa nell’automatismo stimolo-risposta del famoso cane di Pavlov. Ma anche il povero cane, ammaestrato ad associare il suono della campanella al boccone di carne, a un certo punto smetteva di sbavare... se il cibo non arrivava.

 

Maria Mantello

 


 


 

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