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Il cordoglio e l’umana pietà per i militari italiani morti a Kabul sono incompatibili con la difesa della libertà di stampa?
di Paolo Flores d'Arcais
Il cordoglio e l’umana pietà per i militari italiani morti a Kabul sono incompatibili con la difesa della libertà di stampa? Solo a chi coltiva a una follia del genere poteva venire in mente di spostare la manifestazione di sabato, quasi che essa, in quanto di denuncia dell’attuale governo (anzi regime) debba essere vissuta come ipso facto anti-nazionale, anziché in sommo grado patriottica, come in effetti era, poiché con l’obiettivo di salvare il paese dall’abiezione in cui il berlusconismo lo sta precipitando.
La verità è che da molti quella manifestazione era stata indetta controvoglia. Nella Federazione della stampa convive di tutto, infatti, dai giornalisti-giornalisti agli aficionados del killeraggio mediatico contro gli oppositori del regime (o anche i sostenitori del governo che solo accennino alla fronda), passando per tutte le gradazioni del giornalismo d’establishment. Le cause milionarie (megamiliardarie, se calcolate in vecchie lire) con cui l’egocrazia vuole piegare ogni residuo di libertà critica non sono cominciate infatti con i recenti casi di l’Unità e la Repubblica. Ne sanno qualcosa Antonio Tabucchi, per il quale si sono mobilitati scrittori di tutto il mondo, o Gianni Barbacetto, per non parlare delle infinite cause intentate contro Marco Travaglio. Ma non risulta che fino ad oggi la federazione della stampa si sia mossa in loro difesa, chiamando a manifestare.
La verità è che la manifestazione avrebbero dovuto indirla i partiti dell’opposizione, dispiegando tutte le loro forze organizzative e comunicative, affidando poi ai tre giuristi dell’appello che sta sfiorando 400 mila adesioni, Cordero, Rodotà e Zagrebelsky, tre tra le figure più alte dell’Italia di oggi, ogni decisione sugli interventi dal palco e lo svolgimento della manifestazione.
Rinunciando alla manifestazione non si dimostra un maggior cordoglio per i soldati italiani uccisi a Kabul. Si confessa solo il timore per il linciaggio mediatico che il regime avrebbe scatenato proprio con questo aberrante pretesto. Si confessa cioè la propria inadeguatezza a contrastarlo e rovesciarlo, quel linciaggio, facendo appello alla ragione e alla passione civile di decine di milioni di italiani che sarebbero stati certamente in grado di capire, e di condannare con ancora più forte convinzione un regime che avesse cinicamente strumentalizzato i morti per oltraggiare una manifestazione di libertà.
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