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Crotone: tra discariche e affari si potrebbe porre al Monsignore un proficuo dilemma
di Rolando Belvedere*
E’ probabile che monsignor Domenico Graziani arcivescovo di Crotone abbia romanamente pensato come Vespasiano, che pecunia non olet: il denaro non puzza malgrado derivi da 250 mila tonnellate di immondizie comprese quelle tossiche. Peccato che nel caso dell’ampliamento della discarica di Columbra abbia manifestato tutta la sua contrarietà. La somma ricevuta dalla Curia arcivescovile per ora è di 50 mila euro, la caparra della più consistente 1.810.000 euro al perfezionamento del contratto di vendita alla società Maio -dei terreni da destinare ad altra discarica - tra Giammiglione e l’area industriale di Crotone. Un grosso affare, rifiutato però da altri proprietari terrieri. E’ un comportamento quello del vescovo che provoca perplessità per tre ordini di ragioni. Il primo ambientale. Il nostro territorio è diventato fragilissimo poiché nel corso dei decenni è stato aggredito da un elevato tasso di inquinamento, peraltro oggetto di alcune inchieste della Procura della Repubblica. Preoccupante è la diffusione dei tumori e non c’è proprio bisogno di ricevere altra spazzatura e altri rifiuti tossici. Il secondo è economico – finanziario. Come si fa a pagare e a vendere il doppio del valore corrente, dei terreni che non subiranno- parola di sindaco- destinazione d’uso? Arriverà una provvidenziale norma regionale a modificare la destinazione ? Il terzo è sociale. Per qualsiasi amministratore è normale trarre il massimo profitto da un bene ma c’è da dubitare che i benefattori della Fondazione S.S. Addolorata, avrebbero accettato un affare a esclusivo beneficio dei contraenti che provoca uno squilibrio e magari un danno alla collettività. E’ singolare il tentativo curiale di giustificare la vendita dei terreni asserendo la distinzione del ruolo vescovile da quello personale di monsignor Graziani . In una struttura piramidale e assolutista come è organizzata la Chiesa, ruolo e identità personale sono una cosa sola. Infatti dal momento della loro consacrazione i religiosi come frati e suore sono tenuti a cambiare il loro nome mentre è il cambiamento è facoltativo per i preti. Ma al di là di queste azioni, che hanno anche un valore simbolico, se ruolo e pensiero personale fossero veramente distinti - in altre occasioni -molti confratelli del monsignore sarebbero stati consegnati alla umana giustizia. Invece sono stati (e vengono?) coperti e protetti di fronte a scandali finanziari e sessuali di portata internazionale vedi le vicende del Banco Ambrosiano- Ior e quelle sulla pedofilia. Ma non solo. Anche i laici in qualche modo dipendenti dall’autorità ecclesiastica, sono tenuti a uniformare la loro vita privata con il ruolo ricoperto. Un esempio ? Basta ricordare l’allontanamento dall’insegnamento di quei docenti in università cattoliche o dei docenti di religione che hanno divorziato. A Crotone però non tutto è perduto. Se è difficile un ripensamento della società Maio, monsignor Graziani invece potrebbe pentirsi, fare un passo indietro. Avrebbe molti soldi in meno, ma forse, incasserebbe molto consenso in più. In fin dei conti non si può volere tutto.
*Presidente Sezione Crotonese della Associazione Nazionale del Libero Pensiero “Giordano Bruno”
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