Associazione Nazionale del Libero Pensiero "Giordano Bruno"

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Legge di Dio e legge dello Stato

Solo l’adesione al dettato costituzionale ci salva dalle nostalgie teocratiche

In sostituzione della Legge del 7 giugno 1929 emanata in seguito ai Patti Lateranensi, lo Stato della Città del Vaticano ha promulgato la Legge n. LXXI sulle fonti del diritto entrata in vigore il 1° gennaio 2009.

Mentre la legge del 29 prevedeva “una sorta di ricezione automatica che si presumeva come regola, solo eccezionalmente rifiutata per motivi di radicale incompatibilità con leggi fondamentali dell’ordinamento canonico o dei trattati bilaterali, nella nuova disciplina si introduce la necessità di un previo recepimento da parte della competente Autorità vaticana della legislazione italiana come fonte suppletiva” (per usare l’espressione del Presidente della Corte d’Appello dello Stato della Città del Vaticano José Maria Serrano Ruiz).

Lo stesso Serrano Ruiz ne ha indicato l’obiettivo: “La Chiesa non può rinunciare al suo ruolo di testimonianza etica nel concerto del diritto comparato e nella riflessione sul fenomeno giuridico universale”.

Il Vaticano ha esplicitato anche la riserva di passare a vaglio “morale” i Trattati internazionali e di sancire l’”esplicita ammissione di conformità della Santa Sede”

(come si e’ visto nelle recenti contrapposizioni vaticane in ambito ONU sulla proposta francese di depenalizzazione dell’omosessualità e sulla convenzione per i diritti dei disabili, non firmata dal Vaticano perché carente di un’esplicita condanna dell’aborto).

Vi è dunque la pretesa e comunque l’ambizione di fare dei “principi” della Chiesa l’unico criterio di legittimazione degli ordinamenti giuridici dell’universo mondo.

In un’intervista al Corriere della Sera, il Direttore dell’Osservatore Romano ha spiegato che la “cautela” verso le leggi italiane non rappresenta un passo indietro rispetto allo spirito di “laicità”, aggiungendo che “basta leggere il Codice di diritto canonico del 1983 ove al canone 2 si dice: le leggi civili alle quali il diritto della Chiesa rimanda vengono osservate nel diritto canonico con i medesimi effetti … in quanto non siano contrari al diritto divino e se il diritto canonico non dispone diversamente”.

Per l’Osservatore Romano, “più di un motivo sembra giustificare quest’ulteriore cautela nella recezione della legislazione italiana, rispettata nella sua propria sovranità, ma chiamata nello stesso tempo a rispettare e a confrontarsi con quella vaticana”.

“Ne indichiamo – si afferma nella nota – solo tre: in primo luogo il numero davvero esorbitante di norme nell’Ordinamento italiano, non tutte certamente da applicare in ambito vaticano; anche l’instabilità della legislazione civile per lo più molto mutevole e come tale poco compatibile con l’auspicabile ideale tomista di una “lex rationis ordinatio”, che, come tutte le operazioni dell’intelletto, cerca di per sé l’immutabilità dei concetti e dei valori; e infine un contrasto, con troppa frequenza evidente, di tali leggi con principi non rinunziabili da parte della Chiesa”.

Sembrerebbe in apparenza che la Chiesa abbia solo manifestato la legittima prerogativa di sottrarsi, nel proprio ambito, a logiche altrui.

Vi sono tuttavia nella nota vaticana affermazioni stridenti con la realtà e occorre comunque valutare le conseguenze politiche, giuridiche e culturali per l’Italia di quello che appare anche come un ammonimento, se non un diktat rivolto al legislatore italiano.

Il riferimento all’inflazione legislativa , notoriamente perdurante da decenni, appare un pretesto e non ha ragione di essere, al punto di provocare la protesta del Ministro Calderoli all’opera per cancellare 36.100 leggi.

L’ideale tomista di una lex rationis ordinatio, coincidente con i cosiddetti principi irrinunciabili della Chiesa, evoca scenari antimoderni, configgenti con l’esigenza propria del diritto di adeguarsi a realtà incessantemente mutevoli sotto la spinta di innovazioni scientifiche e tecnologiche e di trasformazioni economiche, etico – sociali e culturali.

L’affermazione circa il recepimento non più automatico della legislazione italiana è certamente contraddetta da contraria prassi di decenni .

Non consta che il Vaticano abbia recepito “automaticamente” in passato , ad esempio, la legislazione italiana sul divorzio o sull’aborto; mentre ha sempre rifiutato di recepire la legislazione italiana in materia di lavoro e di sicurezza sul lavoro, come anche la nuova legge prevede.

La posta in gioco è l’aggressività della Chiesa che pretenderebbe di indirizzare e condizionare, penetrandola, la legislazione dello Stato.

Per reagire a tale sfida, occorre riaffermare la fedeltà alla Costituzione. della Repubblica, quale presupposto - esso sì irrinunciabile - della legislazione.

Su questa sfida che richiede l’attivazione di potenti “anticorpi” si misurerà la libertà del nostro Paese..

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