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Associazione Nazionale del Libero Pensiero "Giordano Bruno" |
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PIÙ SCIENZE E MENO DOTTRINE di Carlo Bernardini Come si sviluppa la comprensione della realtà? Di ogni tipo di realtà? Indubbiamente, vi è una molteplicità di forme di questo sviluppo; alcune sono autonome, come la percezione diretta accompagnata dalla elaborazione mentale personale, non "comparativa" sino a che non siano introdotti nel soggetto elementi già elaborati da altri individui. Altre forme sono istintive o, come si dice, "ancestrali", generalmente difese ereditarie generate dalla privazione di una percezione diretta, come la paura del buio, le sensazioni tattili sgradevoli, il dolore del corpo, l'assenza di un contesto sonoro, la paralisi della voce e così via. Altre forme nascono con la capacità di comunicare, con segni o con parole, segnalando un contesto in atto meritevole di attenzione. I problemi importanti nascono allorché, cessato lo stadio infantile di costruzione di rappresentazioni mentali dell'ambiente, elaborate con un linguaggio induttivo non verbale, queste rappresentazioni, che hanno palesemente un contenuto di verità certificato dall'osservazione diretta (chiamiamolo "testimonianza autonoma come prova di fatto"), si mescolano con le costruzioni mentali di altri, con le quali si confrontano esigendo una scelta, una decisione. Il rumore di fondo con cui la conoscenza diretta della realtà deve fare i conti è quello prodotto dalla cosiddetta "immaginazione" che, pur avendo carattere strettamente individuale, può seguire regole razionali o suggestioni irrazionali. Ma vediamo un dizionario moderno. Immaginazione: facoltà dell'intelletto di creare o rappresentare liberamente immagini reali o fantastiche. Scienza: insieme di conoscenze rigorosamente controllate e sistematicamente ordinate che consente di giungere a verità obiettive intorno a un determinato ordine di fenomeni e di concetti (con distinzioni disciplinari minuziosamente elencate, su GRADIT) Dottrina: 1) complesso di cognizioni apprese con lo studio e cordinate organicamente; cultura, 2) insieme delle teorie o delle conoscenze su cui si fonda un movimento scientifico, filosofico, religioso e sim. (seguono le accezioni più comuni: 3) religiosa, 4) giuridica, 5) politica, 6) pedagogica). Ma più illuminante appare l'aggettivo: Dottrinario: 1a) che si riferisce con eccesiva rigidità ai principi di una dottrina o un'ideologia [.]; 1b) che si attiene rigidamente ai principi di una dottrina o di una ideologia ed è lontano dalla concretezza nell'agire e nel pensare [.]. Troviamo qui, nell'essenzialità sterilizzata di un grande dizionario come GRADIT, la radice di ogni conflitto: se la democrazia non è intesa come una scienza ma come una dottrina, subirà contaminazioni dottrinarie; se l'evoluzionismo non è interiorizzato come scienza, si troverà in conflitto con dottrine inventate dalla fantasia umana; se la scienza in generale pretenderà di avere un immutabile contenuto di verità a priori, non sarà più scienza ma dottrina; e così via. Non è eccessivo dire che queste affermazioni possono essere accettate come razionalmente banali, cioè evidenti di per sé alla luce di comuni esperienze quotidiane. Ma, se questo è accettabile, allora non c'è ragione al mondo che possa negare, per esempio, che il dolore fisico, in quanto anomalia di una struttura vivente, è rifiutato da quella struttura e ogni intervento che lo faccia cessare auspicato e auspicabile ("terapia del dolore"). E, ove una scienza consolidata si dichiari incapace di porre fine al tormento e dia motivi ragionevoli per rtenere che non finirà da sé, la struttura vivente ha concluso il suo ciclo vitale naturale ed è passata in una fase innaturale che può essere oggetto di cessazione anticipata (morte assistita, eutanasia); anche se il soggetto non si è esplicitamente espresso al riguardo perché non è più, irreversibilmente, in grado di farlo (si può opporre una dottrina giuridica a questo?). La chiesa cattolica e le gerarchie ecclesiastiche amministrano il loro potere utilizzando elementi dottrinari inviolabili: la ragione è evidente e banale anch'essa. Ogni violazione di una dottrina della chiesa ne mina l'intero edificio di influenza spirituale sul popolo già indottrinato. Se la chiesa non garantisce di avere a cuore la vita, che sarebbe un dono di dio, anche a costo di trovare una assurda compensazione spirituale al dolore, che avrebbe la capacità di redimere dai peccati (altra nozione rigida a supporto del potere), la dottrina è violata. Il fatto che esista una realtà storica in cui la chiesa ha usato la morte violenta, la tortura e lo sterminio di avversari della dottrina è una circostanza minore, facilmente dimenticata. Se si considerano i tentativi, fatti oggi anche da religiosi apparentemente ortodossi, di negare e cancellare l'olocausto degli ebrei, non si può accettare che la chiesa abbia fatto le sue stragi in nome di dio, sia pure in epoche lontane: perché non ricordare con altrettanto scrupolo storico interpretativo i bagni di sangue come le Crociate, come la strage degli Ugonotti e via elencando? E, naturalmente, l'eliminazione degli "infedeli" non è certo prrogativa dei soli cattolici, ma delle dottrine religiose in quanto tali. Le dottrine che assecondano un potere dottrinario devono restare al di fuori della democrazia; se siamo membri di stutture sociali evolute, solo i problemi concreti e le loro soluzioni razionali possono interessarci. Il che non vuol dire che l'immaginazione non abbia alcun ruolo; anzi. Ma dobbiamo saperla usare per vagheggiare libertà innocue, rispetto reciproco generalizzato, tolleranza, cessazione di ogni conflitto, rifiuto delle armi, cultura e ricerca, capacità di scelte vantaggiose per l'interesse comune, onestà dei mercati, qualità e accessibilità della politica, impegno nel risolvere il sottosviluppo mondiale, capacità di concepire un tenore di vita esente da prevaricazioni e profitti illeciti, e così via. Su queste strade, il minimo che si possa chiedere è: più scienze e meno dottrine. Ma se si accetta che ogni ingerenza dottrinaria mette in pericolo la democrazia nella sua laicità scientifica, l'azione poltica necessaria a salvarla diventa, purtroppo, immane nella tradizione culturale che abbiamo tacitamente accettato. Si possono tollerare gli insegnamenti di religione nelle scuole? Si possono tollerare le innumerevoli insegne della religione sparse sul territorio? Si può tollerare la voce del papa ritrasmessa da tutti i mezzi di comunicazione quotidianamente? Si possono tollerare le manifestazioni di liberismo senza freni che avvelenano inesorabilmente il mercato? Si può tollerare che il potere politico sia occupato da soli esponenti di partito autosegnalati e privi di competenze adeguate ai compiti specifici per cui vengono chiamati? Non siamo per caso arrivati a un "fondamentalismo politico" che esclude di fatto ogni presenza popolare? Non siamo arrivati forse a una produzione mediatica di consenso che nasce da una dottrina di mercato e che conserva l'ignoranza e l'incultura come garanzie di subordinazione? Un fenomeno parziale di cui tutti andammo fieri fu l'eliminazione proclamata delle ideologie. Che errore! Non ci eravamo accorti che la diversità delle ideologie generava, come le armo atomiche, una sorta di "equilibrio del terrore". Con il risultato che ci troviamo in una ipertofica crescita delle versioni integraliste delle ideologie religiose e di mercato; che sono tragicamente alla base di tutti i conflitti e delle crisi attuali. Tra le stragi a oriente e i crolli dell'economia a occidente può non esserci un nesso stretto, ma certo la loro contemporaneità e globalità colpisce. Sia la qualità dei politici che la qualità del potere religioso sono ai minimi storici: abusi ai danni dei governati e ricadute nell'oscurantismo medioevale sembrano darsi la mano senza problemi interni. Una profonda assuefazione popolare al protagonismo becero di rappresentanti che rappresentano solo se stessi (senza distinzioni di parte) così come alle suggestioni dottrinarie di un clero che sembra manifestare la percezione della propria scomparsa nell'inutile proclamazione di verità inventate dà, purtroppo, solo la misura di quanto la dimensione storica sia marginale. Il recupero di alcune storiche figure di oppositori dei feroci poteri temporali e spirituali dei loro tempi, come Gesù, Maometto, Budda, Confucio, fino a Gandhi e, forse, Martin Luther King sarebbe una operazione culturale doverosa e potrebbe preludere a un etica radicale nuova, più umana, più libera e più onesta. Forse, sarebbe il preludio necessario alla fine generalizzata dell'ideologia religiosa. E così, una più forte difesa dell'interesse pubblico e condanna dell'interesse privato, in una cultura della sobrietà (della "austerità", fu chiamata di recente, con ben scarso impatto popolare) realizzerebbe forse più accettabili condizioni generalizzate di vita inducendo anche i popoli sviluppati a venire in soccorso di chi sviluppato non è. Insomma: i grandi idoli contemporanei, mercato e religione, sono quanto di più lontano ci sia dal pubblico interesse; sono ideologie dominanti a dispetto dei propri fallimenti. Possiamo ignorare il cammino attraverso il quale siamo arrivati a un fallimento mondiale? Pensate al significato storico che ha avuto, prima ancora di dare frutti che speriamo di vedere, l'elezione americana di Barack Obama. Dal punto di vista che ho qui esposto, Obama è un esempio di risultato che sarebbe stato un sogno velleitario e improponibile fino a pochissimo tempo fa. Possiamo riprendere a sognare nel resto del mondo? O ce lo impediranno ancora, con i vecchi sistemi, banchieri usurai e disonesti, mascalzoni razzisti, ronde civiche, preti intolleranti, talebani fondamentalisti, pontefici e ayatollah oscurantisti, capi del governo ridicoli, politicanti verbosi e inconcludenti, esibizionisti senza freni? L'Italia potrebbe oggi essere il posto peggiore per sognare, il posto in cui il recupero di civiltà parte dal punto più basso d'occidente. Ma una sfida è una sfida, e tra i giovani può sempre nascere un individuo che capisce tutto questo senza bisogno di spacciarsi per dio o per un rappresentante di enti soprannaturali. Se questa è la globalizzazione, ben venga.
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