Associazione Nazionale del Libero Pensiero "Giordano Bruno"

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IL SENSO DEL LAICO

            Laico non vuol dire affatto, come ignorantemente si ripete, l’opposto di credente (o di cattolico) e non indica, di per sé, né un credente, né un ateo, né un agnostico. Laicità non è un contenuto filosofico, bensì una forma mentis; è essenzialmente la capacità di distinguere ciò che è dimostrabile razionalmente da ciò che invece è oggetto di fede, a prescindere dall’adesione o meno a tale fede; di distinguere le sfere e gli ambiti delle diverse competenze, in primo luogo quelle della Chiesa e quelle dello Stato.

            La laicità non si identifica con alcun credo, con alcuna filosofia o ideologia, ma è l’attitudine ad articolare il proprio pensiero (ateo, religioso, idealista, marxista) secondo principi logici che non possono essere condizionati, nella coerenza del loro procedere, da nessuna fede, da nessun pathos del cuore, perché in tal caso si cade in un pasticcio, sempre oscurantista. La cultura – anche cattolica – se è tale è sempre laica, così come la logica – di San Tommaso o di un pensatore ateo – non può non affidarsi a criteri di razionalità e la dimostrazione di un teorema, anche se fatta da un Santo della Chiesa, deve obbedire alle leggi della matematica e non al catechismo. Una visione religiosa può muovere l’animo a creare una società più giusta, ma il laico sa che essa non può certo tradursi immediatamente in articoli di legge, come vogliono gli aberranti fondamentalisti di ogni specie.

            Laico è chi conosce il rapporto ma soprattutto la differenza tra il quinto comandamento che ingiunge di non ammazzare, e l’articolo del codice penale che punisce l’omicidio. Laico – lo diceva Norberto Bobbio, forse il più grande dei laici italiani – è chi si appassiona ai propri “valori caldi” (amore, amicizia, poesia, fede, generoso progetto politico) ma difende i “valori freddi” (la legge, la democrazia, le regole del gioco politico) che soli permettono a tutti di coltivare i propri valori caldi. Un altro grande laico è stato Arturo Carlo Jemolo, maestro di diritto e libertà, cattolico fervente e religiosissimo, difensore strenuo della distinzione fra Stato e Chiesa e duro avversario dell’incettabile finanziamento pubblico della scuola privata – cattolica, ebraica, islamica, o domani magari razzista, se alcuni genitori pretendono di educare i loro figli in tal credo delirante.

            Laicità significa tolleranza, dubbio rivolto anche alle proprie certezze, capacità di credere fortemente  in alcuni valori sapendo che ne esistono altri, pur essi rispettabili; di non confondere il pensiero e l’autentico sentimento con la convinzione fanatica e con le viscerali reazioni emotive; di ridere e sorridere anche di ciò che si ama e si continua ad amare: di essere liberi dall’idolatria e dalla dissacrazione, entrambi servili e coatte. Il fondamentalismo intollerante può essere clericale (come lo è stato tante volte, anche con feroce violenza, nei secoli e continua talora, anche se più blandamente, ad esserlo) o faziosamente laicista, altrettanto antilaico.

            I bacchettoni che si scandalizzavano dei nudisti sono altrettanto poco laici quanto quei nudisti che, anziché spogliarsi legittimamente per il piacere di prendere il sole, lo fanno con l’enfatica presunzione di battersi contro la repressione, di sentirsi piccoli Galilei davanti all’Inquisizione, mai contenti finché qualche tonto prete non cominci a blaterare contro di loro.

Claudio Magris (dal Corriere della Sera)

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