Libertà
di cura, la
scelta del
paziente
di Chiara
Lalli
Il
Parlamento,
con molti
anni di
ritardo e
sull’onda
emotiva
legata alla
drammatica
vicenda di
Eluana
Englaro, si
prepara a
discutere e
votare una
legge sul
testamento
biologico.
Nella ormai
infinita
discussione
sulla
opportunità
o necessità
di una legge
sulle
direttive
anticipate
si è
arrivati ad
una svolta:
tutti ormai
– o quasi
tutti –
concordano
che questa
legge s’ha
da fare. Ma
le
differenze
tra i vari
disegni di
legge sono
profonde.
Abissali.
E sono molto
alti i
rischi che
una legge
che dovrebbe
garantire la
libertà di
scelta a chi
non può più
esprimersi
si trasformi
in un
ennesimo
giogo.
Il
tentativo,
per esempio,
di sottrarre
dalle
decisioni
delle
persone la
nutrizione e
l’idratazione
artificiali,
di rendere
non
vincolanti
per il
medico le
volontà del
paziente o
la
possibilità
di ricorrere
alla
obiezione di
coscienza
sono tutti
modi per
corrodere la
portata
liberale di
una legge al
riguardo.
Sono tutti
tentativi di
svuotare la
libertà di
scegliere
riguardo
alla propria
esistenza,
sono tutti
modi per
sottrarre
alle persone
un principio
fondamentale:
quello
dell’autodeterminazione.
Se tra le
mie
decisioni
non sono
comprese la
nutrizione e
l’idratazione
artificiali,
per esempio,
non solo la
mia libertà
non sarebbe
rispettata,
ma si
creerebbero
situazione
ben
paradossali
fino
all’obbligo
di subire
trattamenti
che non
desidero - e
il dibattito
riguardo al
loro statuto
(trattamento
sanitario
oppure no) è
sciocco e
fuori luogo:
pur
concedendo,
con
eccessiva
generosità,
che siano
trattamenti
non medici
da ciò non
deriverebbe
l’obbligatorietà.
L’assistenza
può essere
rifiutata;
così la
carità e
perfino
l’alimentazione.
Lo sciopero
della fame,
infatti, è
un diritto
garantito e
una
beneficenza
imposta
sarebbe un
ossimoro
intollerabile.
Ecco perché
è importante
sottoscrivere
l’appello di
Ignazio
Marino, in
cui si
chiede di
non
trasformare
la libertà
di cura (che
comprende
anche la
libertà di
non curarsi,
sia detto
per eccesso
di zelo) in
un obbligo
cui tutti
dovrebbero
piegarsi.
Ecco perché
sostenere,
anche
simbolicamente,
il disegno
di legge di
Ignazio
Marino.
L’appello
che
riportiamo
di seguito
si può
firmare
qui
Ad Ignazio
Marino va
tutta la
nostra
stima; a
tutti noi
l’augurio
che la legge
seguirà
queste
condizioni
necessarie
per essere
una buona
legge. In
caso
contrario
sarebbe
meglio non
averne
alcuna.
Il
Parlamento,
con molti
anni di
ritardo e
sull’onda
emotiva
legata alla
drammatica
vicenda di
Eluana
Englaro, si
prepara a
discutere e
votare una
legge sul
testamento
biologico.
Dopo quasi
15 anni di
discussioni,
chiediamo
che il
Parlamento
approvi
questo
importantissimo
provvedimento
che riguarda
la vita di
ciascun
cittadino.
Il
Parlamento,
dove siedono
i
rappresentanti
del popolo,
deve infatti
tenere conto
dell’orientamento
generale
degli
italiani.
Rivendichiamo
l’indipendenza
dei
cittadini
nella scelta
delle
terapie,
come scritto
nella
Costituzione.
Rivendichiamo
tale diritto
per tutte le
persone, per
coloro che
possono
parlare e
decidere, e
anche per
chi ha perso
l’integrità
intellettiva
e non può
più
comunicare,
ma ha
lasciato
precise
indicazioni
sulle
proprie
volontà.
Chiediamo
che la legge
sul
testamento
biologico
rispetti il
diritto di
ogni persona
a poter
scegliere.
Chiediamo
una legge
che dia a
chi lo
vuole, e
solo a chi
lo vuole, la
possibilità
di indicare,
quando si è
pienamente
consapevoli
e informati,
le terapie
alle quali
si vuole
essere
sottoposti,
così come
quelle che
si intendono
rifiutare,
se un giorno
si perderà
la coscienza
e con essa
la
possibilità
di
esprimersi.
Chiediamo
una legge
che anche
nel nostro
Paese dia le
giuste
regole in
questa
materia, ma
rifiutiamo
che una
qualunque
terapia o
trattamento
medico siano
imposti
dallo Stato
contro la
volontà
espressa del
cittadino.
Vogliamo una
legge che
confermi il
diritto alla
salute ma
non il
dovere alle
terapie.
Vogliamo una
legge di
libertà, che
confermi ciò
che è
indicato
nella
Costituzione.