Associazione Nazionale del Libero Pensiero "Giordano Bruno"

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30 ottobre 2008 - una fantastica manifestazione per la scuola statale

 Un trionfo della società dei saperi dilagante per le strade di Roma, l’ultimo atto, in ordine di tempo, di una mobilitazione che ha invaso scuole, università, piazze, riuscendo anche a fare irruzione con forza sui  mezzi di informazione e portando disordine negli imbalsamati rituali comunicativi che il capo di palazzo Chigi adora e che gran parte degli operatori del settore sono disposti a tributargli. Faticosamente, asfitticamente, spesso imbrogliando le carte, quotidiani e tv se ne sono dovuti invece alla fine occupare, del movimento, turbando le megalomani certezze del capo di palazzo Chigi circa il fatto che gli sia consentito di fare tranquillamente tutto quello che vuole. Il movimento, che coinvolge così diffusamente il mondo della scuola e le università, dalle elementari alle facoltà di ogni tipo, dalle maestre alle “prof.”, ai ricercatori, alle ricercatrici, ai rettori, ai genitori, in un numero veramente sbalorditivo, ha il carattere di una rivolta morale e civile, oltre che fortemente politica. Tutti quelli che hanno a che vedere con quel mondo hanno detto basta ai tagli e alle restaurazioni autoritarie, basta a Mariastella Gelmini in veste di ministra e al ministro Tremonti, basta alla definitiva rottamazione della scuola pubblica. E hanno preso in mano ciò che così da vicino tocca la loro vita e tocca  il mondo di noi tutti, se ancora vogliamo avere a che fare con il fondamentale bene comune della cultura, con la civiltà delle relazioni umane, con la storia più nobile della nostra Repubblica. Soprattutto, nella lunga onda delle mobilitazioni che sono continuate senza sosta, si è manifestata una rivolta che ha radici particolarmente profonde ed esplosive : quella dei ragazzi e delle ragazze della generazione di oggi,  sospesa nel vuoto di un presente senza futuro, schiacciata nelle rappresentazioni di comodo di chi non vuole o non sa dare risposte ai problemi giganteschi che attanagliano i giovani e rubano loro opportunità e speranze. Una generazione a cui la politica ufficiale, senza sostanziali differenze tra la destra e  il centro sinistra, non ha riservato niente o ha elemosinato briciole, lasciando che la precarietà dilagasse senza freni, che l’esistenza stessa diventasse precaria e che il giorno per giorno consumasse anche il presente.  Come non ricordare, all’indomani di uno sciopero arrivato così fuori tempo massimo e di un’opposizione parlamentare del Pd ridottasi esclusivamente al  voto contrario al decreto Gelmini, le responsabilità di altri ministri che di destra non erano - il ministro Berlinguer del primo governo Prodi e il ministro Fioroni del secondo, tanto per fare qualche nome - o le preoccupanti analogie tra le scelte di oggi della destra e i progetti di ieri del centro-sinistra? Bisognerà pure parlarne, se qualcuno ha ancora l’idea di ricominciare a dire e fare qualcosa di sinistra. Il colpo mortale inferto alla scuola pubblica e a tutto ciò che ancora preserva e rappresenta simbolicamente l’idea di un diritto di cittadinanza inalienabile per chi si appresta  a cercare la strada della vita,  il mix micidiale tra tagli all’università e alla ricerca, previsti dall’estiva e non contrastata legge 133 di Tremonti, e modellistica scolastica ottocentesca, con tagli a tutto campo dello stesso Tremonti, per interposta Gelmini,  oltre a mettere in subbuglio e sbalestrare l’esistenza e la vita di chi è destinato a subire tutto questo, ha coinciso  con il crollo delle borse, con il brusco risveglio dal sogno neoliberista dell’onnipotenza del mercato, con il panico che tutto ciò ha prodotto nel mondo. Non è una coincidenza da poco, non è una coincidenza senza conseguenze, soprattutto per una generazione in bilico sul niente come quella dei giovani di oggi. Che cosa più di questa coincidenza potrebbe contribuire oggi ad acuire la percezione di una precarietà senza scampo tra coloro che con questa percezione sono costreti a convivere, come norma dell’esistenza? L’Onda anomala, come i protagonisti si nominano, è un movimento della nostra contemporaneità e vive le contraddizioni dell’oggi e le grammatiche dell’oggi, gli smottamenti di senso delle cose e la risemantizzazione delle cose, l’atomizzazione di tutto e la perenne ricerca di nuove agorà della condivisione tra molti. Per questo i  tentativi di metterlo in comparazione con altre storie di movimento di altri momenti, o di altre epoche, come il ‘68, sono soltanto il segno di una sterile coazione a ripetere la mossa dello  sguardo all’indietro, se chi lo fa è gente di sinistra - com’era verde la nostra valle - o della vocazione ad agitare i fantasmi  del passato in chiave reazionaria - la violenza politica - se chi lo fa è gente di destra o sono opinion makers compiacenti con il vento politico-culturale che soffia nel Paese. E’ un movimento politico che ricompone i frammenti dispersi di quel mondo e sa esprimere con particolare forza comunicativa la sua politicità nella capacità di raccontare il mondo da un punto di vista sul mondo - quello della generazione della società fluida e molecoralizzata - e nella forza dell’auto-organizzazione e dell’auto-rappresentazione con cui si è costruito, a piccole onde crescenti e poi a valanga. Ed è politico per la chiarezza delle ragioni  e dei ragionamenti che esprime nei luoghi pubblici in cui si confronta, politicamente contemporaneo nell’uso delle reti e della comunicazione virtuale ma anche  nelle straordinarie lezioni all’aperto, in quelle piazze della penisola che sono esse stesse il simbolo di tutto ciò che muove il movimento: cultura, saperi, storia, civiltà. E’ un movimento animato da istanze che possiamo approssimativamente definire di sinistra ma con risvolti forse diversi dal  modo tradizionale di intendere le posizioni di sinistra e soprattutto  senza ideologie di sinistra, senza riferimenti, nel cuore e nella mente, alla sinistra politica. Un movimento fatto da ragazze e ragazzi che della sinistra politica hanno conosciuto soltanto il declino, la crisi, la frammentazione, l’incapacità di stare alle cose, l’opportunismo dei ceti politici. Un movimento ”in-rappresentabile”, cioè non rappresentabile, non soltanto nel senso che si auto-rappresenta e non vuole rappresentanza ma soprattutto perché nasce da una realtà del mondo, quella della generazione segnata dalla precarietà e dal percepirsi come precaria, che la sinistra nel suo complesso, non è stata mai capace di vivere dall’interno, con cui non ha mai saputo  condividere  l’ esperienza esistenziale, oltre che sociale, del vivere come per caso il presente e, nel migliore dei casi, ha soltanto sfiorato con le chiacchiere del politichese e per lo più ha nascosto dietro troppe chiacchiere, troppe analisi sociologiche sulla precarietà.  E mai ha  tentato di rappresentare scegliendo di stare là senza infingimenti: punto da cui far ripartire una politica di sinistra degna di questo nome. Cultura formazione ricerca sono il pane quotidiano di un Paese libero e democratico. A una sinistra morta anche perché lo ha dimenticato lo ricorda l’onda anomala di queste settimane. Speriamo che duri e metta al mondo una nuova generazione politica.

Elettra Deiana

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