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1.
Non avrai
altro Stato
all'infuori
di me
Il rapporto
fra Stato e
Chiesa deve
tener conto
del fatto
che
quest'ultima
è
indissolubilmente
legata in
matrimonio
col
Vaticano, e
che il Papa
è anche il
capo di uno
stato estero
indipendente.
Questo
conflitto di
interessi
genera
un'indebita
confusione
tra la
religione e
politica,
che un laico
(anche, e
soprattutto,
se credente)
dovrebbe
sapere e
volere
dirimere: in
particolare,
favorendo
l'abrogazione
dell'articolo
7 della
Costituzione
e del
relativo
Concordato,
che limitano
l'indipendenza
e la
sovranità
dello Stato
italiano in
maniera
ormai
anacronistica,
perpetuando
il «giogo
pretesco»
(come lo
chiamò
Benedetto
Croce) che
Mussolini le
impose l'11
febbraio
1929, e
Togliatti le
reimpose il
25 marzo
1947.
2.
Non nominare
il nome di
Dio invano
Il
precedente
conflitto di
interessi
tende a far
sì che,
andando ben
oltre i
diritti
sanciti dal
Concordato,
la Chiesa
pretenda di
dettare
politiche
allo Stato
sulle
questioni
più
disparate,
ritenendosi
l'unica
interprete
di valori
etici
universali.
Anzitutto,
un laico non
può
accettare un
preteso
monopolio
della
religione
sull'etica:
al
contrario,
rivendica da
un lato
l'assolutezza
di alcuni
principi
etici basati
sulla natura
e sulla
ragione
umane, e
dall'altro
la
relatività
di altri
princìpi
etici basati
sulle
convenzioni
e sulle
consuetudini
sociali.
Inoltre, un
laico non
può neppure
accettare un
preteso
monopolio
religioso
della Chiesa
Cattolica
sull'etica,
a scapito
delle altre
confessioni
cristiane
(protestanti
o ortodosse)
e delle
altre
religioni
(monoteiste
e non).
3.
Ricordati di
rispettare
il tuo ruolo
istituzionale
Un politico
che ricopra
incarichi
istituzionali
rappresenta
l'intero
elettorato,
nazionale o
locale, e
non deve
dunque
compiere
atti
pubblici che
ledano la
sensibilità
di una parte
di
quell'elettorato
e la dignità
del suo
ruolo. Ad
esempio, un
ministro o
un assessore
laici non
devono
prendere
parte a
funzioni
religiose,
seguendo
l'esempio
del
cattolico De
Gaulle, che
rifiutava di
fare la
comunione in
pubblico per
questo
motivo. In
particolare,
sono lesive
del
principio
della
laicità le
partecipazioni
alle
funzioni
religiose
dei
rappresentanti
della
nazione e
degli enti
locali,
soprattutto
se
effettuate
come prassi
regolare.
4.
Onora il
credente e
il non
credente
Un laico
rispetta le
credenze
altrui, e
questo
rispetto si
manifesta in
maniere
complementari.
Un laico non
credente,
infatti,
rispetta
qualunque
fede e
religione
(non solo
una), e non
rifiuta
un'istanza
etica
soltanto
perché
dedotta da
princìpi
religiosi:
semplicemente,
non ritiene
quei
princìpi
probatori e
rivendica il
diritto di
valutarne le
conseguenze
indipendentemente
dalle
premesse. Un
laico
credente,
simmetricamente,
rispetta la
mancanza di
fede degli
agnostici e
degli atei,
e non
pretende di
affermare
che solo chi
crede ha un
senso etico,
e che «senza
Dio tutto
sarebbe
permesso»:
non fosse
altro,
perché la
storia ha
sistematicamente
smentito
entrambe le
affermazioni.
5.
Non uccidere
la
razionalità
scientifica
La scienza
ricerca la
verità
mediante
dimostrazioni
ed
esperimenti,
e non si
sottomette a
giudizi e
tribunali
che non
accettino
questo
metodo.
Questa sua
caratteristica
la rende più
compatibile
con certe
religioni,
ad esempio
il buddismo,
e meno con
altre:
soprattutto
con il
cattolicesimo,
la cui
ricerca
della verità
si affida
invece alla
rivelazione
biblica e ai
pronunciamenti
dogmatici
dei Concili
e del Papa.
Il motto «la
scienza è
laica»
significa
semplicemente
che si può
essere
scienziati,
credenti o
no, solo se
si accettano
le regole
del gioco
scientifico,
che
richiedono
di tenere la
religione
fuori dalla
porta dei
laboratori:
altrimenti
si abiura e,
come dice il
Galileo di
Brecht, «si
tradisce la
propria
professione».
6.
Non
commettere
adulterio
filosofico
Più delicato
è il
rapporto tra
filosofia e
religione.
E'
innegabile
che ci siano
stati e ci
siano
filosofi
cattolici,
ma rimane il
fatto che
«nessun
servo può
servire due
padroni: o
odierà l'uno
e amerà
l'altro,
oppure si
affezionerà
all'uno e
disprezzerà
l'altro»
(Luca, XVI,
13). Un
filosofo
laico,
dunque,
dovrebbe
scegliere
con
chiarezza se
servire la
filosofia o
la teologia,
e
soprattutto
evitare di
fare i salti
mortali per
«servire Dio
e mammona»,
come oggi va
di moda fra
gli «atei
devoti».
7.
Non rubare
Tra
spiritualità
e
materialità
della Chiesa
esiste un
innegabile
conflitto di
interessi,
che si
manifesta in
maniera
dirompente
negli
immensi
benefici
economici,
concordatari
e non, che
essa riceve
dallo Stato
e dagli enti
locali
italiani. La
legge di
attuazione
dell'otto
per mille,
ad esempio,
assegna alla
Chiesa non
solo le
quote ad
essa
esplicitamente
destinate da
circa il
trenta per
cento dei
contribuenti,
ma anche la
quasi
totalità
delle quote
non
destinate:
una furberia
tremontiana
che si
configura
come un vero
e proprio
furto, che
un laico
(anche, e
soprattutto,
se credente)
dovrebbe
denunciare
come
truffaldino,
alla stregua
di molti
altri
«finanziamenti
illeciti»
che
assommano a
miliardi di
euro
all'anno.
8.
Non dire
falsa
testimonianza
Parte delle
tensioni
laiche nel
rapporto con
la Chiesa
sono dovute
all'esagerata
cassa di
risonanza
che i media
offrono alle
sue istanze,
unita a una
loro diffusa
mancanza di
obiettività.
L'Osservatorio
Radicale ha
fatto
notare, ad
esempio, che
nei suoi
primi tre
anni di
pontificato
il Papa ha
ricevuto dal
Tg1 e dal
Tg2 più
copertura
sia del
Presidente
del
Consiglio
che del
Presidente
della
Repubblica,
come ci
aspetterebbe
da una
Televisione
Vaticana: un
laico
dovrebbe
invece
chiedere e
pretendere
un opposto
comportamento
dalle
televisioni
e dai
giornali
nazionali.
9.
Non
desiderare
la scuola
d'altri
La Chiesa
continua
ancor oggi a
pretendere
che si attui
la richiesta
del
restauratore
De Maistre:
«dateceli
dai cinque
ai dieci
anni, e
saranno
nostri per
tutta la
vita». Un
laico
progressista,
credente o
no, dovrebbe
invece
invocare la
libertà di
insegnamento
religioso
negli
oratori e
nelle scuole
private, ma
la
neutralità
dell'insegnamento
nella scuola
pubblica:
che si
abolisca
dunque
l'anacronistica
ora di
religione, o
che almeno
la si muti
in un'ora di
religioni
(al
plurale),
insegnata da
docenti
statali che
non siano
sottoposti a
un benestare
della Curia
che umilia
uno Stato
sovrano,
tanto quanto
il benestare
del governo
alle nomine
dei vescovi
umiliava una
Chiesa
coatta.
10.
Non
desiderare
l'università
d'altri
Ricordando
la polemica
sull'opportunità
di invitare
il Papa a
parlare alla
Sapienza, un
laico non
avrebbe
certamente
nulla da
obiettare a
che egli
aprisse da
solo l'anno
accademico
di
un'università
cattolica
(forse sì,
invece, al
fatto che
essa fosse
finanziata
coi soldi
dello
Stato). E
sarebbe
comunque
felice di
sentirlo
dibattere
con altri
sul rapporto
tra fede e
ragione, o
tra
religione e
scienza,
anche in
un'università
pubblica.
Facciamoli
allora
questi
dibattiti, a
tutti i
livelli e in
tutte le
sedi,
comprese
quelle
vaticane e
non solo in
quelle
statali, per
affermare i
princìpi
dell'ascolto
reciproco e
della
mancanza di
preclusioni
da entrambe
le parti,
come
richiede
appunto la
laicità.
Ma
soprattutto
osserviamo
questi
“comandamenti”,
per
affermare e
riaffermare
che le
chiese e le
religioni
non hanno il
monopolio
dell'etica,
e che
comportarsi
«come se Dio
non ci
fosse» non
significa
affatto
rinunciare
al nostro
essere
uomini
morali, ma è
piuttosto
l'unico vero
modo di
farsene
carico
completamente.
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