Associazione Nazionale del Libero Pensiero "Giordano Bruno"

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Berlusconi e la Giustizia

di Bruno Segre (L'incontro, giugno 2008)

           

     In tutte le aule giudiziarie della Repubblica campeggia sulla parete, alle spalle di chi giudica (e quindi non può vederlo) il motto: “La legge è uguale per tutti”. In realtà è piuttosto unica per tutti, essendo differenti per ogni imputato i mezzi disponibili per difendersi e gli effetti sanzionatori della condanna, tanto che un noto aforisma asserisce “La Giustizia è una tela di ragno: il debole vi s’impiglia, il forte la spezza”.

     Silvio Berlusconi non si è mai dimostrato d’accordo sul fatto che la legge deve essere uguale e unica per tutti. Quando raggiunge il potere, sia nel precedente governo che in quello attuale, pretende per sé, quale imputato, una situazione privilegiata.

     Già il conflitto d’interessi tra la sua attività di grande imprenditore (TV, giornali, Banca, ecc.) e la sua carica di Primo Ministro avrebbe dovuto inibirgli l’accesso alla guida del Paese. Ma il Parlamento non è riuscito sinora a votare una legge al riguardo.   A parte questa incompatibilità, Berlusconi fece votare nella precedente legislatura dal suo Partito “Forza Italia” e dagli alleati, vari provvedimenti “ad personam”, che il successivo Governo Prodi aveva promesso di abrogare senza poi farlo. Nell’attuale legislatura ( ove “Forza Italia” si chiama “Popolo della Libertà”) Berlusconi cerca nuovi privilegi per salvarsi da guai giudiziari presenti e futuri.

     Nel cosiddetto “pacchetto sicurezza” (cioè il complesso di norme procedurali progettate per garantire maggior sicurezza sociale) Berlusconi ha inserito due emendamenti: una corsia privilegiata per i processi sui reati di più elevato allarme sociale, passibili di condanne oltre i 10 anni di reclusione (mafia, terrorismo, stragi, omicidi,ecc.) o per gli infortuni sul lavoro o con imputati detenuti. Il secondo emendamento sospende per un anno tutti gli altri processi purché siano nella fase del dibattimento di primo grado (cioè in Tribunale), siano relativi a reati commessi entro il giugno 2002, siano reati di minor allarme sociale.

     I processi in corso vengono dunque sospesi per un anno, tranne che “non sia l’imputato a chiedere al presidente del Tribunale che il suo processo non venga sospeso”. Possibile anche il ricorso al patteggiamento con istanza al giudice tre giorni dopo la sospensione del processo, la quale non incide sul decorso della prescrizione anch’essa sospesa per un anno. Infine si propone di sospendere i processi relativi a reati prossimi alla prescrizione e i processi la cui pena eventualmente da infliggere non sarebbe eseguibile a causa dell’indulto.

     Gli ambienti politici e giudiziari hanno subito ribattezzato tali norme “salva premier”. Infatti Berlusconi è imputato del reato di corruzione giudiziaria del testimone britannico avvocato Davia Mills (cui avrebbe versato 600 mila dollari per ottenere una falsa testimonianza). Poichè il fatto avvenne prima del 30 giugno 2002 e riguarda un reato con una pena inferiore a 10 anni di reclusione, il processo sarà sospeso a beneficio degli imputati. Tra l’altro, il Capo dello Stato ha definito poco corretto l’inserire i due emendamenti in un decreto che, trattando della sicurezza, non c’entra nulla. I due emendamenti vennero inseriti dopo la firma del testo del decreto da parte di Napolitano. Il Senato ha approvato il decreto, dopo che l’opposizione aveva lasciato l’aula per protesta. Secondo l’Associazione Nazionale Magistrati ”almeno 100 mila processi finiranno in archivio come se fosse intervenuta un’amnistia. Si potranno fare processi per la cessione di uno spinello, ma non per lo stupro di una ragazza ad opera di un clandestino... Nei Tribunali si lavorerà un anno soltanto per notificare avvisi agli avvocati. E’ impensabile sospendere 100 mila processi per fermarne uno solo. L’uso privato di pubblici poteri non è consentito dalla legge, né dalla Costituzione”. Sono scesi sul piede di guerra anche gli avvocati che vedrebbero azzerarsi parecchio lavoro.

     Poichè il Consiglio Superiore della Magistratura ha definito contrario all’art. 111 della Costituzione il blocco dei processi, in quanto non rispettano il principio della ragionevole durata del processo, fissano uno spartiacque temporale casuale e arbitrario, ledono le aspettative delle parti offese, Berlusconi in un discorso alla Confesercenti  ha detto che “alcuni P.M. politicizzati sono la metastasi della nostra democrazia”.

                 Poi Berlusconi ha anche ricusato il giudice Nicoletta Gandus della Procura di Milano, competente per il processo Mills. “Sono i miei consulenti legali- ha annunciato Berlusconi in una lettera al Parlamento – che me lo hanno consigliato”.  La Gandus sarebbe una nuova Boccassini che agirebbe per fini di lotta politica. L’istanza di ricusazione appare infondata e sarà respinta.

     Non si tratta che di un’ennesima puntata della lotta di Berlusconi contro le “toghe rosse” della Procura di Milano, che occupandosi di Tangentopoli indagarono sulle vicende di Berlusconi (Gherardo Colombo nel 1994, poi Piercamillo Davigo, Francesco Saverio Borrelli e Antonio Di Pietro). Ora attacca il P.M. Paolo Mancuso di Napoli che lo ha indagato per corruzione nella vicenda con il dirigente RAI- TV Agostino Saccà.

     Anche se in una circostanza di anni addietro, la magistratura fu faziosa nei suoi confronti notificandogli un avviso di comparizione proprio mentre presiedeva a Napoli un’importante riunione internazionale, non può negarsi che Berlusconi abbia offerto ai P.M. troppe occasioni di illeciti per intervenire. Ora il processo per i fondi neri Mediaset (cioè una cospicua frode fiscale) riguarda fatti che arrivano fino al 2003, cioè oltre il termine del 30 giugno 2002. Quindi tale processo non sarà sospeso.

     Ma per sottrarsi ad ogni possibilità di condanna, Berlusconi ha presentato un disegno di legge per proteggere dalle inchieste giudiziarie le alte cariche dello Stato. E’ una riproposizione del cosiddetto “lodo Schifani” che trae il nome dall’ex capo dei senatori di Forza Italia, ex- democristiano, ora presidente del Senato, “lodo” bocciato nel 2004 dalla Corte Costituzionale. L’attuale disegno di legge stabilisce la sospensione automatica per l’intera legislatura di qualunque processo riguardante il premier, i presidenti della Repubblica, del Senato, della Camera, della Corte Costituzionale con la possibilità di rispondere degli illeciti al termine del mandato.

     Questa nuova edizione del”lodo Schifani” garantirebbe l’impunità per i delitti comuni commessi dalle cinque alte cariche dello Stato. E’ una norma anti- democratica come dimostra il fatto che negli USA il presidente più potente della Terra risponde come ogni privato cittadino per i delitti eventualmente commessi da privato cittadino.

     La Corte Suprema americana, dopo lo scandalo Watergate, ha scritto: “La dottrina della separazione dei poteri non può fondare un’immunità assoluta e generalizzata”. Così, nel 1997, il presidente Clinton fu condannato a pagare una somma di denaro in seguito al processo per molestie sessuali che gli aveva intentato Paula Jones.

     Berlusconi dovrebbe invece attivarsi per rimediare alla gravissima crisi della nostra Giustizia. Ogni giorno uno scandalo. Per decorrenza dei termini di custodia cautelare un tizio, accusato di 13 omicidi nel corso della sanguinosa faida del Gargano, viene scarcerato. Altri assassini, rinviati a giudizio, sono in libertà. Le cause civili, con rinvii di 6 mesi da un’udienza all’altra, non si concludono mai. La gente non ha più fiducia nella Giustizia italiana. Ne avrà ancor meno se entreranno in vigore le leggi di Berlusconi, per cui la legge non è uguale, nè unica per tutti, l’azione penale non è più obbligatoria e il processo protegge “la casta”.

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