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UNA CHIESA CHE SCAMBIA IL
SACRO COL PROFANO
di
Eugenio Scalfari
(La
Repubblica,
13 gennaio 2008)
E' durato ventiquattr'ore
il gelo tra Vaticano e Campidoglio, tra
il Papa e il sindaco di Roma. Poi c'è
stata la marcia indietro guidata dal
cardinal Bertone, Segretario di Stato, e
Roma da città in "gravissimo degrado"
come aveva affermato Benedetto XVI di
fronte a Veltroni, Marrazzo e Gasbarra
allibiti di tanta inattesa severità, è
diventata di colpo una "città godibile e
accogliente" e le istituzioni locali
"alacremente impegnate a migliorare la
socievolezza e il benessere diffuso".
Le due diplomazie parallele hanno
lavorato sotto traccia senza
risparmiarsi, ottenendo infine il
risultato desiderato da entrambe (quella
di Veltroni e quella di Bertone):
correggere la "gaffe" di papa Ratzinger,
ristabilire rapporti amichevolmente
corretti tra le due sponde del Tevere,
mettere allo scoperto l'ultimo colpo di
coda di Ruini, autore del dossier cui si
era ispirato il Papa per la sua
improvvida sortita. Ruini sta facendo i
bagagli, tra poco lascerà il Vicariato
(per limiti d'età).
Al suo posto andrà il prefetto del
Tribunale della Segnatura Apostolica,
candidato del Segretario di Stato.
Quanto all'assalto antiveltroniano
scaturito dopo l'intervento papale
dell'altro giorno, la correzione
effettuata dal cardinale Segretario di
Stato ha avuto l'effetto di un
"boomerang": per l'ennesima volta gli
statisti del centrodestra - con la sola
eccezione di Casini - si sono esposti
con strepiti e sceneggiate clericaloidi
per poi trovarsi spiazzati e beffati.
Una vittoria non trascurabile per
Veltroni, derivante da un appuntamento
che in condizioni diverse avrebbe avuto
dai "media" l'attenzione di poche righe
e che si è invece trasformato in una
prova di forza del sindaco di Roma e
leader del Partito democratico.
Tutto è bene quel che finisce bene, ma è
proprio così?
Dipende dai punti di vista. Per i
laici-laici (adesso si usa definirli
così) restano molti punti interrogativi
dopo questa vicenda, ma problemi ancora
maggiori si pongono al laicato
cattolico.
Non che siano nati dalla "gaffe" di
Benedetto XVI; esistono da molto tempo e
precedono di anni l'incoronazione
dell'attuale pontefice. Ma quest'ultima
sua sortita ha avuto l'effetto di
riproporli tutti, insoluti e sempre più
urticanti.
Al di là della palese inconsistenza
politica e culturale di papa Ratzinger,
che da Ratisbona in qua si comporta come
un allievo di questo o quel dignitario
della sua corte spostando la barra del
timone secondo i suggerimenti che gli
vengono da chi di volta in volta lo
consiglia, esiste più che mai un disagio
profondo nella Chiesa e nel laicato
cattolico.
La Chiesa di Benedetto
XVI, ma anche quella di Giovanni Paolo
II, non riesce ad entrare in sintonia
con la cultura moderna e con la moderna
società. Questo è il vero tema che
dovrebbero porsi tutti coloro che si
occupano dei rapporti tra la società
ecclesiale e la società civile
all'inizio del XXI secolo.
La gerarchia ecclesiastica e quello che
pomposamente viene definito il Magistero
si sono da tempo e sempre più
trasformati in una "lobby" che chiede e
promette favori e benefici, quanto di
più lontano e disdicevole dall'attività
pastorale e dall'approfondimento
culturale. Il "popolo di Dio" soffre di
questa trasformazione; i laici non
trovano terreno adatto al dialogo se non
sul piano miserevole di comportarsi
anch'essi come una confraternita pronta
a compromessi e patteggiamenti.
Quando un Papa arriva al punto di
bacchettare un sindaco di Roma e un
presidente di Regione e reclama maggiori
aiuti finanziari per il Gemelli e il
Gesù Bambino e per le scuole cattoliche;
quando il Vicariato di Roma e il vertice
della Conferenza episcopale intervengono
direttamente sui membri del Parlamento e
del Consiglio comunale romano per
bloccare una legge o mandarne avanti
un'altra; quando questa prassi va avanti
da anni di fronte a problemi mondiali
che chiamano in causa civiltà e culture,
bisogna pur dire che siamo in presenza
di spettacoli desolanti.
Aggiungo che si tratta di responsabilità
condivise. La gerarchia cattolica
baratta da anni (o da secoli?) il sacro
con il profano; le istituzioni politiche
l'accompagnano su questa strada di
compromessi al ribasso per cavarne
improbabili tornaconti elettorali; lo
stuolo sempre più vociante degli atei
devoti affianca o precede il corteo.
Verrebbe spontaneo di voltar la faccia
dall'altra parte per non vedere.
Veltroni ha fatto bene a protestare
sottotraccia e portare a casa la vistosa
correzione di rotta vaticana.
Zapatero, in una situazione per molti
versi analoga, ha scelto una strada
diversa. L'Episcopato spagnolo guidato
dal primate vescovo di Madrid aveva
pochi giorni fa portato in piazza un
milione di fedeli per protestare contro
la legge sul matrimonio dei "gay"; la
vicepresidente del governo, signora
Fernandez de
la Vega, ha
ufficialmente commentato quella
manifestazione con queste parole: "La
società spagnola non è disposta a
tornare ai tempi in cui una morale unica
era imposta a tutto il Paese né ha
bisogno di tutele morali. Tanto meno ne
ha bisogno il governo che non le
accetta".
Capisco che Madrid non è Roma e il
vescovo di Madrid non è il Papa. Ma
la Chiesa è la stessa
in Spagna come in Italia. I laici-laici
italiani avrebbero probabilmente
preferito che la protesta del leader del
partito democratico fosse stata simile a
quella del suo collega spagnolo, ma in
Italia non si può. L'Italia è una
provincia papalina, Porta Pia è una data
caduta in disuso, il Concordato fu
voluto e firmato da un altro ateo devoto
come Benito Mussolini e inserito nella
Costituzione con il voto determinante di
un altro ateo come Togliatti per ragioni
esclusivamente politiche.
In Italia ci sono oggi due minoranze,
quelle dei cattolici autentici e quella
degli autentici laici. In mezzo c'è un
corpaccione di laici e di cattolici
"dimezzati", che ostentano virtù civiche
e religiose che non praticano affatto.
Quella è la maggioranza del paese. Il
resto viene da sé.
Il guaio è che la gerarchia
ecclesiastica e il Magistero non sono
affatto turbati da questa situazione
paganeggiante. La loro preoccupazione è
l'otto per mille, i contributi pubblici
agli oratori, la costruzione di nuove
chiese e parrocchie, l'esenzione
dall'Ici, l'insegnamento del catechismo
nella scuola pubblica, il finanziamento
di quella privata. E naturalmente la
crociata antiabortista, la moratoria.
A loro interessa non già di usare lo
spazio pubblico per propagandare la
dottrina e il Vangelo ma entrare nelle
istituzioni politiche per guidare il
voto dei parlamentari e condizionare i
partiti. L'attuale Segretario di Stato,
che rimpiange il Togliatti dell'articolo
7 della Costituzione, è comunque un
progresso rispetto al suo predecessore,
cardinal Sodano che, alla vigilia di
ogni elezione, esaminava i leader dei
vari partiti per vedere chi offriva
maggiori garanzie alla Santa Sede. E
quelli si facevano esaminare, felici
quando il "master" toccava ad uno di
loro invece che all'altro.
Serve a qualche cosa una Chiesa così? Fa
barriera contro le invasioni barbariche
del terzo millennio o invece apre loro
la porta?
Risponderò con una citazione quanto mai
attuale: "La
Chiesa sembra porsi di
fronte allo Stato e alle forze politiche
italiane come un altro Stato e un'altra
forza politica; l'immagine stessa della
Chiesa risulta appiattita sulle logiche
dello scambio, impoverita di ogni
slancio profetico, lontana dal compito
di offrire ad una società inquieta e per
tanti aspetti lacerata motivi di
fiducia, di speranza, di coesione. Le
responsabilità del laicato cattolico
sono del tutto ignorate. La sorpresa e
il disorientamento sono forti per tutti
i cattolici che hanno assorbito la
lezione del Concilio Vaticano II su una
Chiesa popolo di Dio nella quale il
ruolo della gerarchia non cancella ma
anzi è al servizio di un laicato che ha
proprie e specifiche responsabilità. Tra
queste vi è proprio quella di tradurre
nel concreto della vita politica e della
legislazione di uno Stato democratico
esigenze e valori di cui la coscienza
cattolica è portatrice. E' legittimo e
doveroso per tutti i cittadini, e perciò
anche per i cattolici, contribuire a far
sì che le leggi dello Stato siano
ispirate ai propri convincimenti ma
questo diritto dovere non è la stessa
cosa che esigere una piena identità tra
i propri valori e la legge. E' in questa
complessa dinamica che si esprime la
responsabilità dei cattolici nella vita
politica. Urgente si è fatta l'esigenza
della formazione del laicato cattolico
alle responsabilità della democrazia.
Perché mai l'Italia e i cattolici
italiani debbono sempre esser trattati
come "il giardino della Chiesa"?".
L'autore di questa pagina è Pietro
Scoppola e la data è del febbraio 2001,
nel pieno d'una campagna elettorale che
si concluse con la vittoria di
Berlusconi e del suo cattolicesimo ateo
e paganeggiante. Ma potrebbe essere
stata scritta anche oggi con la stessa
attualità. Purtroppo l'autore è
scomparso, la sua voce non parla più e
la perdita è stata grave per i laici ma
soprattutto per i cattolici.
Scoppola si rendeva conto che solo il
dialogo tra la minoranza dei veri laici
e la minoranza dei cattolici autentici
avrebbe ridotto il peso di
quell'indifferenziato corpaccione di
finti devoti e di finti laici
"appiattiti sullo scambio dei benefici e
dei favori, impoveriti di slancio
profetico e pastorale, dominati dalla
gerarchia e dalle oligarchie".
Questo era il problema di allora ed è
ancora quello di oggi. Di esso il
Partito democratico, la sinistra
radicale, i cattolici moderati, gli
uomini e le donne di buona volontà,
dovrebbero discutere; su di esso
dovrebbero dialogare. La gerarchia
occupi tutto lo spazio pubblico che
vuole ma non interferisca nell'autonomia
dei laici e delle istituzioni civili. I
rappresentanti di queste ultime
impediscano le interferenze anziché
assecondarle o nel caso migliore
tollerarle fingendo che non vi siano
state. Queste finzioni non fanno bene né
alla Chiesa popolo di Dio né alla
democrazia.
Post scriptum. Molti lettori mi
chiedono di intervenire a proposito
della campagna per una moratoria
sull'aborto.
L'ho già fatto nei miei due ultimi
articoli domenicali e non mi sembra di
dover aggiungere altro. Mi chiedono
anche un'opinione sulla disponibilità di
Veltroni a dialogare su questi temi con
Giuliano Ferrara, l'ateo devoto che ha
promosso quella moratoria. Non ho
opinioni in proposito.
Anche a me capita talvolta di dialogare
con il conduttore di "Otto e mezzo" in
qualcuna delle sue trasmissioni. Certo
Veltroni è un capo partito, ma questo
non cambia molto le cose. Mi permetto
semmai di incitare Veltroni a discuterne
con le donne che sono le vere
protagoniste, anzi le vere vittime di
questa campagna di stampa regressiva. Il
corpo delle donne, dal momento in cui è
stato fecondato dal seme maschile e
quali che siano le circostanze di quella
fecondazione, dovrebbe diventare di
proprietà della legge, cioè dello Stato?
Questo sarebbe l'illuminismo cristiano
di cui si scrive sul "Foglio"? Se questo
è il tema, credo e spero che Veltroni
avrà usi più utili per impiegare il suo
tempo.
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