Oltre sette milioni, o poco più
dell’11% della popolazione ha un
reddito di povertà “relativa”, sotto
i 900 euro. Può darsi che le stime
Istat nascondano errori, come quando
il reddito è nascosto: Ma bisogna
ricordare che l’Istat deriva la sua
stima dal consumo delle famiglie non
dai loro guadagni. Il consumo può, a
sua volta, celare qualche
differenza: Ma si tratta di
eventuali piccoli errori. Abbiamo,
dunque, tanti poveri, e per di più
il loro numero non cambia.
La Legge Finanziaria, per il 2008,
fa qualcosa in proposito, sia
attraverso le pensioni più basse,
sia con il contributo agli “incapienti”,
cioè quelli che hanno un reddito
così basso che non pagano tasse.
Dubito che si tratti di interventi
sufficienti, ma, come si dice,
meglio di niente…
Odio questa frase: meglio di niente
è peggio di niente, quando alla
condizione di povertà si associa
quella di sudditanza – come avviene
con le misure di welfare per i
poveri e i poverissimi. E’ forse
vero che i poveri li avremo sempre
con noi, e perciò dobbiamo
attrezzarci a pensare a loro in
quanto poveri. Ma non credo che
questa sia la via giusta. Si tratta
di cittadini che hanno diritto ad
avere una vita decente: lavoro,
casa, salute e istruzione sono molto
più in linea con il diritto alla
cittadinanza che non il sussidio di
povertà. Sottinteso al sussidio,
invece, è che lavoro, casa,
istruzione e sanità devono essere
lasciati al mercato, che è un
distributore efficiente, ancorché
iniquo, delle risorse e dei redditi,
concedendo a chi non ce la fa un po’
di soldi. In questo modo, se ci
pensiamo bene, tutti diventiamo
poveri, al di là del reddito
guadagnato da ciascuno: il mercato,
infatti, premia e punisce
casualmente, a seconda della fortuna
– molto più che in relazione al
merito – e ciascuno può dunque
passare dallo status di cittadino a
quello di suddito. Vorrei anche far
rilevare che il concetto di povertà
relativa non assicura in alcun modo
che al di sopra dei 900 euro si viva
decentemente; né che, se si guarda
ai redditi più elevati nella scala
della gerarchia sociale, chi sta
sopra i 900 euro non si consideri
povero.
A me piace un diverso concetto di
povertà-ricchezza - preferirei che
si misurasse la disuguaglianza o
l’uguaglianza, perché così s’imposta
una politica: mentre se guardiamo
alla povertà s’imposta la
beneficenza.