Sconcerta il ritorno alla ribalta dell'ostilità per l'articolo 18. E' sbagliata la motivazione e il contesto nel quale si inserisce la proposta:per combattere la precarietà bisognerebbe,se il clima politico lo consentisse e i numeri in parlamento pure,riscrivere totalmente le regole del mercato del lavoro,che dopo gli interventi portati dalle leggi del governo Berlusconi(legge sui contratti a termine,legge 30,ecc.)appare totalmente deregolato e privo pure di una sua ratio interna.Peraltro riscrivere le regole del mercato del lavoro avrebbe anche il senso di rendere quelle regole armoniche con le stesse trasformazioni del lavoro.
In primo luogo bisognerebbe ridefinire giuridicamente il profilo del rapporto di lavoro subordinato ed economicamente dipendente,sapendo che sempre di più vengono utilizzati lavoro autonomo e finte collaborazioni in luogo di lavoro dipendente vero e proprio per aggirare in questo modo la rete di diritti riconosciuti solo al lavoro subordinato.
Riesce difficile pensare che dal futuro partito democratico arrivino proposte che, fotografata la situazione , pensino di risolverla togliendo i diritti fondamentali,e la tutela contro i licenziamenti lo è,per rendere più simili al ribasso rapporti di lavoro differenti.
Sul terreno specifico poi individuato da Treu e Boeri, il problema del rapporto tra lavoro stabile e lavoro a termine certo andrebbe risolto ma diversamente , con un argine alla possibilità oggi illimitata di assumere a termine senza che esista la temporaneità del lavoro : lavoratori a termine,cioè ricattabili per svolgere lavori stabilmente presenti nell'attività produttiva .
Il protocollo del 23 luglio da questo punto di vista perde un'occasione:SD lavorerà in Parlamento per migliorare questa parte,così come quella sulla decontribuzione degli straordinari e per eliminare lo staff leasing:lo faremo sulla base della nostra proposta di legge già depositata e incardinata in Parlamento a giugno.
D'altra parte la riproposizione di ostilità sull'articolo 18 rileggittima e sembra introiettare il rapporto tra licenziamenti facili e occupazione,meno diritti più lavoro :una deriva culturale prima ancora che politica,non suffragata empiricamente,pericolosamente presente anche nel libro verde europeo sul lavoro a significare della pervasività della cultura liberista e dello smarrimento della cultura della sinistra di fronte alle nuove domande della globalizzazione.
A sconcertare è la cosa in sé e ancora di più che proposta e consensi ad essa arrivino da importantissimi esponenti del partito democratico.
Titti Di Salvo