Consiglio di andare a vedere un bel film, vincitore
a Cannes 2007, del regista rumeno Cristian Mungiu,
che è nelle sale in questi giorni. Il titolo è “ 4
mesi, 3 settimane, 2 giorni” e parla in modo
straordinariamente delicato e insieme
straordinariamente agghiacciante dell’aborto
illegale di Gabita, ragazza rumena e della sua
amica Otilia, nella Bucarest della metà anni 80.
Per chi si fosse dimenticato di che cosa è l’aborto
clandestino.
Ma veniamo a questo tempo presente, tempo in cui si
propone ripetutamente una offensiva tutta
ideologica, per il modo in cui si riparla di
aborto, contro la legge 194.
Il cardinale Ruini e Famiglia Cristiana, puntuali
e con perfetta sincronia, hanno aperto la campagna
d’autunno contro la legge 194, campagna che ha già
invaso ossessivamente la politica in questi ultimi
anni, anni di governo del centro destra e anni di
gara di alcuni settori del mondo politico, gara
spregiudicata in gran parte infestata da motivazioni
e finalità politiche per l’accreditamento presso le
gerarchie ecclesiastiche e l’elettorato cattolico.
Ruini afferma “ La legge c’è, non ci sono le
condizioni culturali e politiche per abrogarla…..
Dunque è doveroso darne una interpretazione che
aggiorni e migliori la legge”.
Il cardinale vicario ha ragione sulla sua prima
considerazione. In questo Paese è diventata
coscienza collettiva, ampiamente consolidata,
l’idea che l’aborto non è un reato, e non è neppure
un diritto. E’ una decisione che una donna sa
prendere, consapevole.
E’ diventata consapevolezza assai diffusa che la
legge 194 non è una legge come tutte le altre e che
se ha retto nel corso del tempo agli attacchi
ripetuti e mai sopiti cui è stata sottoposta, tra
cui il referendum abrogativo del 1981, è perché
nella pratica essa non ha incentivato l’aborto, al
contrario ne ha diminuito in modo assai
significativo il numero, ha garantito assistenza a
chi ne ha avuto necessità, e soprattutto si è
affidata al senso di responsabilità delle donne che
hanno saputo far valere la loro autonomia.
Davvero oggi sollevare la questione
dell’abrogazione della legge vorrebbe dire rischiare
di perdere milioni di voti. E Ruini è molto ben
avvertito su tutto ciò.
La vicenda drammatica dell’aborto selettivo di
Milano richiesto da una donna incinta di due
gemelle, dopo che alla quindicesima settimana la
diagnosi prenatale ha mostrato alterazioni
cromosomiche su uno dei due feti, ha spinto il
Vaticano a parlare di doppio suicidio e Ruini delle
“gravissime interpretazioni eugenetiche della legge
194”.
Di fronte ad una scelta che porta con sé dolore e
sofferenza la Chiesa parla di cultura della
perfezione del corpo e della 194 come responsabile
di tale nefandezza.
Almeno a questo riguardo la risposta non consente
ambiguità come sottolinea il Prof. Ainis sulla
Stampa di qualche giorno fa: dopo i primi 90
giorni l’interruzione della gravidanza è lecita per
salvare la vita della madre, o altrimenti di fronte
a malformazioni del feto che mettano a repentaglio
la «salute fisica o psichica» della stessa madre.
Non c’è insomma un diritto ad avere figli sani; c’è
solo il diritto a non soffrire.
Il silenzio in generale, il silenzio della Chiesa in
questo caso, sarebbe stato la migliore forma di
rispetto per le decisioni che chiamano in causa la
responsabilità delle persone, la loro coscienza, i
loro sentimenti. Perché ignorare che dentro il
valore del rispetto per la vita c’è anche il
rispetto per la vita delle donna? Per la Chiesa,
purtroppo e ancora una volta ciò che va difeso è il
primato del concepito, anche se questo può
significare contrapporlo alla madre.
La Relazione al Parlamento sullo stato di
applicazione sulla legge 194 indica che occorre
completare numericamente la rete consultoriale sul
territorio, assicurare organici completi,
connetterli in rete con tutti i servizi del
territorio, soprattutto quelli sociali, per la presa
in carico della donna e/o della coppia, sostenendola
nella maternità e paternità consapevoli ed in
particolare fornendo tutte le informazioni e i
sostegni sul versante economico e sociale proprio
per rimuovere quelle cause che molte volte sono alla
base delle motivazioni della scelta di una Ivg
(Interruzione volontaria di gravidanza). Sappiamo
bene quante difficoltà in Italia si frappongono alla
libertà di scelta di procreare, quali siano i costi
sostenuti da chi (soprattutto le donne) fa questa
scelta e quali siano gli effetti delle
diseguaglianze sociali alla nascita. Di questo e non
di altro si dovrebbe trattare quando si parla di
miglioramento nell’applicazione della legge 194.
La legge 194 è un rigoroso e saggio punto di
equilibrio fra convinzioni diverse da cui non si può
in alcun modo arretrare. La legge 194 non si tocca.