Associazione Nazionale del Libero Pensiero "Giordano Bruno"

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DA CAPO DEI CAPPELLANI MILITARI A PRESIDENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

di Marcello Vigli

Nuovo Presidente della Conferenza episcopale italiana è stato nominato dal papa Monsignor Angelo Bagnasco arcivescovo di Genova, ex ordinario militare – il vescovo che sovrintende ai cappellani militari anch’essi inseriti nella gerarchia militare - e, come tale, generale dell’esercito fuori ruolo. Questa nomina rappresenta per la Chiesa cattolica italiana la conferma della sua anomalia. Il Presidente della Conferenza episcopale in tutti gli altri paesi è scelto dalla stessa Conferenza, in Italia è di nomina pontificia. All’inizio dello scorso anno la Santa Sede aveva avviato fra i vescovi italiani una consultazione riservata per conoscere il loro parere sul successore di Ruini, già in scadenza e confermato a tempo. Sembrava un gesto per far uscire l’Italia dalla tradizionale stato di minorità. Non è stato così. La riservatezza non fu osservata, sui nomi messi in circolazione, fra i quali non sembra ci fosse Bagnasco, sorsero polemiche. Furono lanciati veti e cominciò la “guerra” di successione in cui motivi religiosi e pastorali, spinte al rinnovamento e appelli alla conservazione, si sono intrecciati con le sollecitazioni e le richieste degli altri poteri forti, finanziari e politici. La guerra è stata vinta dal cardinale Ruini all’insegna della continuità con la sua linea autoritaria all’interno e interventista all’esterno. L’Avvenire titola l’articolo del suo direttore Dino Boffo Muta la mano non muta la passione né il disegno.

Certo non tutto sarà come prima, ma Genova è lontana da Roma, dove Ruini continua ad essere vicario del papa e come tale autorevole membro della Conferenza episcopale, e non è prevedibile perciò che a breve l’interventismo della gerarchia sui DiCo e sulle cosiddette questioni etiche rientrerà nella normale dialettica democratica.

È comunque abbastanza inutile avanzare previsioni perché è certo che continuerà a mancare l’altro polo della dialettica democratica: una classe dirigente politica decisa ad affrancarsi dalla tutela clericale.

Può, invece, essere utile assumere la presenza di un arcivescovo-generale alla guida della Chiesa cattolica italiana come metafora della condizione della democrazia italiana emersa con particolare evidenza in occasione dell’ultima crisi di governo quando i condizionamenti imposti dalla sudditanza al bellicismo statunitense si sono intrecciati e confusi con quelli della gerarchia ecclesiastica.

Il Presidente Bush pretende di avere il carisma per decidere “preventivamente” che una guerra è necessaria per il bene dell’umanità. Essa diventa pertanto umanitaria e conseguentemente giusta. Lo fa senza neppure cercare di avere il consenso di quella parvenza di Assemblea mondiale dei popoli che sarebbe dovuta essere l’Onu: il principio dello stato etico si estende a livello planetario. Presume, cioè, di essere investito dell’autorità di distinguere il bene dal male e del compito d’imporre il primo e di combattere il secondo. Lo presumevano i giudici dei processi alle streghe e gli inquisitori del Sant’Uffizio e ancor oggi i lapidatori islamici delle donne adultere e gli iman che ispirano i kamikaze! Lo presumono anche il vecchio e il nuovo presidente della Cei. Questo, come riporta l’Agi, ha dichiarato "Laicità significa autonomia della sfera civile e politica da quella religiosa, ma non da quella morale. La dimensione morale, etica, non può essere rifiutata dagli ordinamenti di una società". In questa sede non lo ripete, ma è profondamente convinto, come il suo predecessore e tanti altri integralisti cattolici e non, che il diritto/dovere di disegnare i confini di tale dimensione spetta alla gerarchia ecclesiastica della Chiesa cattolica. Questa non ha più, certo, il potere di accendere roghi né di scatenare crociate e guerre sante, ma può seminare discordia fra i cittadini, imporre ai parlamentari di tradire il mandato degli elettori, diffidare le pubbliche istituzioni. Se interdetti e scomuniche non sono più di moda ci s’inventa – Ruini docet - l’ordine di disertare le urne per far fallire il referendum sulle staminali o la minaccia di un Documento programmatico sul comportamento dei deputati e senatori cattolici per bloccare i DiCo in Parlamento.

Una metafora non è la realtà, ma può aiutare a convincersi che non ha senso battersi per la laicità restando fuori dalle lotte per la pace e per la democrazia.

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