Rapporto di Reporters sans frontieres
L’Associazione internazionale “” ha diffuso il
suo quinto sulla libertà di stampa nel mondo.
Anzitutto questa si è ridotta in tutti i Paesi
sia in quelli autoritari, sia nelle democrazie occidentali,
tranne alcune eccezioni. L’elenco, che comprende 168 Paesi,
rivela come le cose siano peggiorate in Giappone, Stati Uniti e
Francia. Nel giro di un anno gli USA sono passati dal 44° al 53°
posto della graduatoria, mentre nel 2002 occupavano il 17°. Le
relazioni tra la stampa e l’Amministrazione Bush si sono
nettamente deteriorate – secondo l’Associazione dei giornalisti
– in quanto, appellandosi alla sicurezza nazionale, sospetta
tutti i giornalisti che mettono in discussione la sua guerra
contro il terrorismo. Le Corti federali USA non riconoscono il
diritto dei giornalisti a non rivelare le fonti delle loro
informazioni.
Il Giappone perde quattordici posizioni
piazzandosi 51° in classifica. Anche la Francia perde punti:
cinque in un anno e 25 in cinque anni, posizionandosi nel 2006
al 35° posto. Ciò dipende dalla “moltiplicazione delle
persecuzioni dei media e del numero di giornalisti indagati”. La
Danimarca (19°) perde il primo posto della classifica rispetto
allo scorso anno dopo la vicenda delle caricature di Maometto
che, nell’autunno 2005, provocò un’infinità di polemiche e di
violenze nei Paesi musulmani.
Il primato nella libertà di stampa è diviso da
Finlandia, Olanda, Irlanda e Islanda dove “non è stato
registrato alcun caso di censura né di minaccia o intimidazione”
a danno dei giornalisti.
La situazione italiana “migliora leggermente”
dopo il periodo Berlusconi occupando il 40° posto, seguito dalla
Spagna, che resta stabile. Tuttavia l’Italia risulta superata in
classifica da alcuni Paesi del sud del mondo assai rispettosi
della libertà d’espressione. Un particolare elogio alla Bolivia
(16°), al Benin (23°), all’isola di Mauritius (32°), al Ghana
(34°). Nell’area balcanica la Slovenia occupa il 10° posto, la
Bosnia-Erzegovina il 19°, la Macedonia e la Serbia-Montenegro il
45°, la Croazia il 53°. Pari situazione, al 23° posto, la Grecia
e la Germania.
Principale minaccia alla libertà di stampa è la
guerra: Iran, Siria, Sri Lanka, Nepal, Arabia Saudita si
confermano tra gli ultimi della classifica. Vi si aggiunge ora
il Libano che in cinque anni è sceso dal 56° al 107° posto. La
situazione non cambia per Etiopia (160°) e Cuba (165°). Al
contrario, il cambio di regime si è mostrato salutare per il
Togo (da 95° a 66°), Haiti (da 125° a 87°) e per la Mauritania
(da 138° a 77°).
Metodi repressivi nei confronti dei media si
registrano anche nei Paesi nati dalla dissoluzione del blocco
sovietico. La Russia (147°) ove è stata assassinata la
giornalista Anna Politkovskaya, soffre di una mancanza basilare
di democrazia e continua lentamente ma progressivamente a
smantellare i media liberi, con i gruppi industriali vicini al
presidente Vladimir Putin, che rastrellano quasi tutti le
testate indipendenti. Non è rosea nemmeno la situazione in
Bielorussia (151°).
In merito all’uccisione di giornalisti, il 2005 è
stato il peggiore anno dal 1995 ad oggi per causa dei
fondamentalisti islamici. Complessivamente hanno perso la vita
63 giornalisti e 51 assistenti. Il Rapporto riferisce anche di
1.300 aggressioni subite nel 2005 dai rappresentanti dei mass
media. Almeno 1.000 hanno denunciato varie forme di censura, un
dato che segna un aumento del 60% se raffrontato con quello del
2004.
“Rei” di voler informare correttamente l’opinione
pubblica, in data 27 febbraio 2006 si trovavano in carcere 119
giornalisti e 57 cyberdissidenti. Nell’Iraq il sequestro di
giornalisti (ultimo il caso Torsello) è ormai una prassi.
Fra i leader “nemici della libertà di
espressione”: ai primi posti figurano il presidente iraniano
Ahmadinejad, il presidente dello Zimbabwe Mugabe e il re del
Nepal Gyanendra.