CULTURA LAICA: BALUARDO
CONTRO IL PENSIERO UNICO
di Giulio Giorello
“Nell’omelia
precedente la propria elezione a Pontefice, Joseph
Ratzinger scrisse, tra l’altro: “Si va costituendo una
dittatura del relativismo che non riconosce nulla di
definitivo e che lascia come ultima misura solo il
proprio io e le sue voglie”.
Troppo spesso ci si
dimentica che il contrario di relativismo è assolutismo:
la libertà dell’agire umano può essere talora vissuta
come un peso intollerabile, al punto di rendere
seducente l’offerta di un qualche principio assoluto, la
rivendicazione di un qualche valore supremo o di
una qualche fede (religiosa, morale o politica) nel cui
nome dar sfogo alla “testarda smania di proibire”.
Ma l’errore ha bisogno di un diritto di
cittadinanza e di pubblici difensori. Il relativista non
è altro che un tipo bizzarro che si batte perché
tale difesa sia concessa a chiunque, anche a chi
è contro il relativismo. Dal confronto (e dallo scontro)
ognuno ha da guadagnare; viceversa, fare tacere anche
uno solo è un danno, prima che per lui, per il resto
della comunità.
Lo scontro oggi in atto sulla presunta
dittatura del relativismo è uno scontro filosofico sul
senso e sulla portata della scienza, della riflessione
critica, della tolleranza e della scelta morale.
Le poste in gioco sono il futuro della
ricerca, la possibilità di esercitare qualcosa come la
filosofia, definendo le ragioni del vivere civile e le
stesse condizioni dell’etica.
La questione non riguarda tanto l’abusata
contrapposizione fra fede e ragione, quanto quella tra
fallibilismo e infallibilismo, tra una verità che non
pretende di salvare neanche se stessa e una verità che
promette salvezza a chiunque vi si sottometta, tra una
ragione che misura la propria gratuità e finitezza senza
aver nostalgia di un fondamento e una ragione che
nell’imposizione del fondamento trova il proprio
sostegno e la propria giustificazione. Perché demandare
a una qualche forma di stato etico o teocratico il
diritto/dovere di rappresentare e vincolare le scelte
etiche degli individui? Perché presupporre che i singoli
cittadini vivano sempre in una condizione di “minorità”
che impedirebbe loro di assumersi le proprie
responsabilità?
Vi è una scelta particolare, la scelta di
scegliere, che da oltre duemila anni ha un nome:
filosofia. Ma la libertà di scelta è poca cosa se non
c’è possibilità di renderla pubblica senza alcun vincolo
di censura: una filosofia che si lasci confinare
misconosce le ragioni della sua scelta. Quest’insofferenza
per ogni confine non è altro che la libertà del laico.
La tolleranza e l’indifferenza giuridica
sono componenti costitutive di un “patto” rispettoso
delle scelte dei singoli contraenti; solo la tolleranza
rende gli aderenti al patto non sudditi, bensì cittadini
di una società aperta e libera. La tolleranza non è
un’utopia irrealizzabile, ma uno strumento efficace
perché possa nascere e conservarsi una società libera e
aperta- libera, in quanto ammette per qualsiasi opinione
o forma di vita il diritto ad una pubblica difesa;
aperta, in quanto è costitutivo del patto il rispetto di
chi opta per entrare come di chi opta per uscire. Una
società aperta e libera dovrebbe disporre di strutture
protettive atte a garantire la tolleranza ed a
scoraggiare non solo l’intollerante, ma qualsiasi
“ingegnere di anime” che, spinto da irrefrenabile
“altruismo” voglia imporre le proprie ricette per
plasmare l’uomo o la donna “nuovi”,
costringendoli a scegliere quello che lui giudica essere
il bene. E’ facile citare il vecchio Tribunale
dell’Inquisizione o i totalitarismi “classici” che il
secolo scorso ha conosciuto. Ma c’è anche
un’intolleranza democratica, spesso coperta da urgenza
pedagogica.
Essere di nessuna chiesa significa
tollerare ogni chiesa, riconoscendone il diritto
all’espressione anche nel libero atto di prenderne le
distanze. In questo senso l’indifferenza è la migliore
garanzia di una piena fioritura umana.
La vera minaccia alla libertà viene non
dal Diavolo, ma da terrene misure coercitive in cui si
dispiega la tentazione dell’infallibilità. Più
conosciamo le modalità di scelta da parte degli esseri
umani, più dobbiamo sviluppare e condividere sistemi di
governo e forme di leggi che non siano ostaggio di idoli
scolpiti nelle nostre stesse paure e che si dimostrino
robusti rispetto a scoperte scientifiche e acquisizioni
tecnologiche.
La società aperta si concreta nel libero
esame di come sia possibile per uomini e donne
convivere, competere e cooperare, provenendo da
tradizioni, culture e forme di vita diverse: né i rischi
legati ad una possibile degenerazione della società
aperta e libera sono motivi sufficienti per ripiegare
nella clausura. Il fallibilismo rappresenta la sfida ad
individuare forme di libertà che siano compatibili con
il sistema complessivo delle libertà di tutti