Associazione Nazionale del Libero Pensiero "Giordano Bruno"

Requires Acrobat Reader.

Credenza in Dio e moralità coincidono?
di Michele Turrisi
 

Tra le verità chiare ed evidenti per i credenti figura pure la seguente: non si dà un’etica senza Dio. Verrebbe fatto di chiedere quale Dio, essendo Yahweh, Gesù, Allah autori di imperativi fra loro inconciliabili; ma è meglio frenare la curiosità per non cadere nel blasfemo.

Circola da sempre – ed è purtroppo ancora vivo e vegeto – un pregiudizio infamante che colpisce inesorabilmente liberi pensatori, agnostici, non credenti (ma spesso anche solo diversamente credenti): quello secondo cui costoro in fondo sarebbero – poverini, magari inconsapevolmente! – portatori sani di immoralità, dato che non hanno alcun “timore di Dio” né, di conseguenza, una coscienza morale illuminata e preservata da principi “superiori”. “... Il mondo politico segue le sue norme e le sue strade, escludendo Dio come cosa che non appartiene a questa terra. Lo stesso nel mondo del commercio, dell’economia e della vita privata. Dio rimane ai margini. A me sembra invece necessario riscoprire, e le forze ci sono, che anche la sfera politica ed economica ha bisogno di una responsabilità morale, una responsabilità che nasce dal cuore dell’uomo e, in ultima istanza, ha a che fare con la presenza o l’assenza di Dio. Una società in cui Dio è assolutamente assente, si autodistrugge. Lo abbiamo visto nei grandi regimi totalitari del secolo scorso” (dall’intervista all’allora cardinale Ratzinger apparsa su la Repubblica del 19 novembre 2004).

Dunque, attenti ai non credenti! Ragionava così già Abramo, il più grande e il più venerato dei patriarchi: è considerato padre spirituale da Ebrei, Cristiani e Musulmani. La Bibbia narra che quando egli, durante le sue peregrinazioni, s’imbatteva in una comunità dove non si adorava “il Dio di Abramo”, stava sempre all’erta e temeva il peggio, perché era sicuro di trovarsi in mezzo a gente senza scrupoli, disonesta e debosciata (cfr. Genesi, capp. 12, 20, 26). Contro ogni evidenza, Abramo (proprio un pluralista ante litteram!) coltivava l’assurda prevenzione che presso i popoli di diverso orientamento religioso non poteva che regnare la dissolutezza mista alla violenza. L’arrogante patriarca giudicava a priori impossibile che si conoscesse la giustizia, la responsabilità, la decenza, la legge, l’ordine e la morale anche al di fuori del suo gruppo. (Eh sì, la stolida presunzione di superiorità – etnica, morale, spirituale – non è solo appannaggio dei nostri tempi!) Più di una volta dovette ricredersi; ma poiché non ne seguì autentico ravvedimento, il gene di quel pregiudizio non fu “disattivato”, anzi venne trasmesso ai discendenti (vicini e lontani), essendo il patriarca riconosciuto come “il padre di tutti i credenti” (così è chiamato da san Paolo nella Lettera ai Romani, cap. 4, v. 16).

Una cosa è tragicamente vera: né l’amore per Dio né la credenza nel fuoco eterno hanno mai impedito in passato (o sembrano impedire nel tempo presente) a coloro che li professano entrambi di concepire e compiere i delitti più esecrabili. “Noi siamo cresciuti in una società che ha come modello morale il Vangelo con i valori del Discorso della montagna: beati i poveri di spirito, i miti, coloro che piangono, coloro che hanno fame e sete di giustizia, i misericordiosi, i puri di cuore, i pacifici, i perseguitati a causa della giustizia. A cui vanno aggiunti i comandamenti: ama il prossimo tuo come te stesso, ama il tuo nemico. (...) Nell'Europa cristiana non c'è stata gente migliore che in altre civiltà” (così Francesco Alberoni sul Corriere della Sera del 19 settembre 2005). Eppure si ripropone la tesi che solo chi crede in Dio rispetta la vita (ma cosa non è stato fatto e non si fa proprio in nome di Dio!); e alla domanda: “In cosa crede chi non crede?” molti credenti (non tutti per fortuna) continuano a rispondere con sicumera: “Ma in nulla! Se Dio non esiste (o è morto), allora tutto è possibile, opinabile, lecito… Non ancorati a Dio, il valore della vita e la dignità umana restano senza fondamento…”.

Un uomo e credente d’eccezione come Albert Schweitzer ha affermato invece: “Se domani giungessi alla conclusione che Dio non esiste, e che non esiste l’immortalità, e che la morale non è che un’invenzione della società (…) ciò non mi turberebbe affatto. L’equilibrio della mia vita interiore e la consapevolezza del mio dovere non ne sarebbero intimamente scossi. Riderei di cuore e direi: Sì, e allora? (…) Questo mi riempie di sereno orgoglio” (Lettere 1901-1913). Di più: “Quando il pensiero si inoltra per la sua strada, deve essere preparato a tutto, anche ad arrivare all’agnosticismo [Nichterkennen]. Ma se anche la nostra volontà d’azione fosse destinata a combattere una lotta senza fine e senza successo con una concezione agnostica del mondo e della vita, questa dolorosa disillusione sarebbe pur sempre preferibile alla rinuncia a pensare. Poiché questa disillusione significa già purificazione [Läuterung]” (Kultur und Ethik). Mi lascia ben sperare il fatto di vedere riprodotte e apertamente valorizzate su un’autorevole rivista teologica (Protestantesimo, n. 3/2002 – pubblicata dalla Facoltà Valdese di Teologia) queste e altre fondamentali affermazioni di Schweitzer.

Il pregiudizio ostacola l’ascolto, l’apertura verso gli “altri”. Nessuno è scevro di pregiudizi. Ma il Libero Pensiero costituisce un presidio senz’altro efficace contro di essi.

 

Michele Turrisi

 

ASSOCIAZIONE NAZIONALE DEL LIBERO PENSIERO "GIORDANO BRUNO" 

Fondata nel 1906

Aderente all' Union Mondiale des Libres Penseurs - International Humanist and Ethical Union

Presidenza nazionale:

prof.ssa Maria Mantello,


Roma

,


e.mail

Presidenza sezione di Roma - Coordinamento Web

prof. Maria Mantello


Roma


e.mail

Presidenza Onoraria e Sezione di Torino:

avv. Bruno Segre


Torino


e.mail , e.mail2


Direttore Responsabile: Maria Mantello Webmaster: Carlo Anibaldi 

: